Strage di Sinnai: la lenta strada verso la revisione
Solo nel settembre 2023, nonostante le prime udienze si fossero tenute nel 2021, in Corte d’appello a Roma comincia il procedimento che deve verificare l’eventuale correttezza (o meno) della sentenza con cui nel 1992 il pastore Beniamino Zuncheddu di Burcei fu condannato all’ergastolo quale responsabile del triplice omicidioPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Continua la ricostruzione della lunga vicenda che per oltre 30 anni ha portato in carcere un innocente.
***
Trentadue anni e otto mesi dopo l’omicidio, e a distanza di oltre 31 dalla sentenza definitiva, il 19 settembre 2023 per la prima volta la granitica certezza su modalità, movente e responsabile della strage di Sinnai torna davanti a un collegio di giudici che deve valutare se davvero le cose siano andate come assodato tre decenni prima. Se realmente, cioè, a commettere il triplice delitto sia stato Beniamino Zuncheddu di Burcei, all’epoca 26 anni e in quel momento sulla soglia dei 60. Oltre la metà dei quali trascorsa in carcere con l’accusa di aver compiuto una strage per vendetta, una ritorsione legata a motivi agro pastorali che tolse la vita a Gesuino Fadda, 58 anni, proprietario dell’ovile sotto le antenne di Serpeddì a circa 700 metri di altitudine teatro della mattanza, al figlio Giuseppe, 28, e al pastore Ignazio Pusceddu, 58, uccisi nell’arco di pochi minuti poco dopo le 18.30.
La revisione
Quel giorno la Corte d’appello di Roma cui si sono rivolti l’avvocato Mauro Trogu, difensore dell’ergastolano, e l’allora procuratrice generale di Cagliari Francesca Nanni nella convinzione che Zuncheddu in realtà non sia colpevole dell’eccidio (ma che altri abbiano pianificato e compiuto l’assalto, definito «paramilitare» dalla magistrata), rompe gli indugi dopo due anni di udienze interlocutorie e dà realmente il via all’iter giudiziario di revisione del processo costato il fine pena mai all’unico imputato portato alla sbarra per quei fatti. I giudici nel corso dell’udienza pomeridiana (gli appuntamenti su questo caso cominceranno sempre non prima delle 14.30 per gli impegni mattutini del collegio: necessità che a volte farà terminare i lavori in aula dopo le 23) ammettono come prova tutti i testimoni indicati dal procuratore generale capitolino e dal legale, accolgono la richiesta di fare entrare nel procedimento buona parte dei documenti indicati da Trogu e dispongono l’acquisizione del fascicolo originario custodito in Corte d’assise a Cagliari. Finalmente si può analizzare la vicenda sulle carte: vecchie e attuali.
Una lunga strada
Non un percorso semplice. La richiesta di revisione viene depositata ufficialmente alla segreteria della Corte d’appello capitolina nel 2021. Nel documento la pg Nanni e l’avvocato Trogu indicano come presunto autore della strage «il bandito Antonio Maria Corria» di Orgosolo, già condannato a 30 anni per aver fatto parte della banda che nel 1990, tre mesi prima dell’eccidio, sequestrò l’imprenditore Gianni Murgia di Dolianova, e morto ormai da tempo; spiegano che solo «un tiratore precisissimo» poteva essere l’autore di un «assalto paramilitare» nel quale erano state uccise le tre persone; che Zuncheddu invece «aveva una spalla fuori uso dalla nascita» ed era stato vittima «di un clamoroso errore giudiziario». Il contenuto delle oltre 300 pagine ovviamente è ben più specifico e contiene una ricostruzione logica di quanto accaduto nel 1991 che non può non insinuare dubbi legittimi su quanto avvenuto, e tuttavia il collegio procede con una lentezza inattesa. Accoglie la domanda, ammette anche una prima lista testimoniale e fissa le udienze che però terminano ogni volta con una postilla a cura del presidente: la valutazione finale (sull’ammissibilità della revisione) è ancora in corso. Eppure di fatto la procedura è stata già avviata.
I testimoni
La lista di testimoni presentata alla Corte dal procuratore generale Vincenzo Saveriano e dal sostituto Francesco Piantoni comprende il sopravvissuto all’eccidio, i rapitori dell’imprenditore Murgia, vittime e parenti delle vittime, forze dell’ordine e figure che in passato agivano al confine tra legalità e illegalità. Prima però la Corte d’appello decide di nominare un perito che trascriva le intercettazioni per poi, letto il contenuto, decidere chi chiamare. E rinvia l’udienza. Nel frattempo l’avvocato Trogu, difensore di Zuncheddu, solleva dubbi sulla corretta traduzione e trascrizione dei dialoghi tra il sopravvissuto e la moglie alla base della revisione: il legale sostiene che il lavoro del perito incaricato dai giudici presenti diverse falle interpretative e nella correttezza sulla rappresentazione delle frasi, così insiste per la nomina di una secondo professionista. Del resto sa che proprio su quell’elemento si gioca il possibile ribaltamento della sentenza.
La perizia
Nel gennaio del 2022 nell’aula al quarto piano della cittadella giudiziaria romana si tiene una nuova udienza con al centro l’ammissione delle ulteriori prove chieste dalla Procura generale e dall’avvocato, e nella stessa occasione i giudici decidono di accogliere la domanda di Trogu, il quale ritiene inadeguate le traduzioni del perito incaricato dal collegio: mancherebbero passaggi decisivi che, invece, sono stati ascoltati e trascritti dai suoi consulenti e dai carabinieri. Così chiede un supplemento di perizia e deposita ulteriori documenti e il cd con tutte le trascrizioni delle intercettazioni chiedendone l’ammissione, domanda cui si associa il procuratore generale. La Corte dispone la nuova perizia: è un bene, perché se la richiesta fosse stata respinta e fosse arrivato il via alla discussione probabilmente in quello stesso giorno sarebbe arrivata la decisione e la possibile (quasi certa) conferma della condanna. Invece si va avanti. Ma l’incarico viene assegnato a marzo, data cui viene rinviata l’udienza.
Il 30 di quel mese la Corte d’appello incarica il perito Antonio Ignazio Garau di trascrivere e tradurre le intercettazioni ambientali che, due anni prima, hanno consentito ai Carabinieri di Cagliari di ascoltare il colloquio tra Luigi Pinna (il sopravvissuto all’agguato) e la moglie. L’esperto chiede 90 giorni per concludere il lavoro, al quale parteciperanno i consulenti della difesa (Walter Marcialis) e della Procura generale (il comandante della sezione fonica del Ris di Roma). Per ascoltare l’esito del lavoro, da cui dipende il processo di revisione, si va a settembre. Ma in realtà l’udienza viene posticipata ulteriormente a novembre.
Il colloquio
Quel giorno per due ore il perito illustra le sue conclusioni rispondendo alle domande di avvocato, pm e giudici sul dialogo tra moglie e marito. Il professionista conferma il senso della chiacchierata già trascritta dal consulente della difesa: in sintesi, Pinna faceva capire alla moglie di aver indicato agli inquirenti 31 anni fa la foto dell’autore degli omicidi (l’immagine di Beniamino Zuncheddu) solo dopo che un investigatore gli aveva mostrato quella del presunto responsabile, che ritraeva la stessa persona. Rendendo di fatto inattendibile l’indicazione. Ma anche stavolta l’udienza non si rivela decisiva: terminata la deposizione, la Corte d’appello fissa come data finale il 31 gennaio quando, in teoria, deciderà se ammettere la revisione e i testimoni citati dalla difesa. Anche se in realtà già all’avvio della procedura quel passo è stato compiuto. Lo stesso giorno l’avvocato Trogu chiede la sospensione dell’esecuzione della pena per Zuncheddu sino alla conclusione di questo percorso giudiziario (il detenuto in quel momento è in licenza Covid e può dormire a casa, con la revoca prevista il 31 dicembre del 2022). I giudici si riservano la decisione.
Marzo 2023
Nel marzo del 2023 anche il nuovo appuntamento si rivela interlocutorio. I giudici il 28 di quel mese stabiliscono solo sia necessario chiarire alcuni passaggi delle intercettazioni e rinviano l’udienza di due mesi per ammettere le prove, cioè alcune testimonianze legate a quelle intercettazioni, e per sentire (forse) il perito perché spieghi il significato di alcune frasi. Il 16 maggio la Corte dispone la trascrizione di altri colloqui (sino ad allora sconosciuti) intercettati tra il sopravvissuto e la moglie, mentre sulla convocazione dei testimoni suggeriti da Procura e avvocato la decisione viene posticipata ancora una volta. Il nuovo appuntamento è fissato per settembre. Sono trascorsi oltre due anni dalla richiesta di revisione.
Finalmente il via
Il 19 settembre, dopo tre anni a passo lento, il collegio finalmente si convince e dà realmente il via all’iter giudiziario di revisione del processo costato nel 1992 l’ergastolo per strage a Beniamino Zuncheddu. I giudici poco prima delle 15.30 ammettono come prova tutti i testimoni indicati dal procuratore generale capitolino e dall’avvocato Trogu, accolgono la richiesta di deposito di buona parte dei documenti indicati dal legale, dispongono l’acquisizione dalla Corte d’assise di Cagliari del fascicolo originario del procedimento e infine concedono alcune settimane in più al perito per la trascrizione e traduzione finali delle intercettazioni dei dialoghi sui quali si basa la nuova causa. Il tutto mentre all’esterno i Radicali con Irene Testa (garante dei detenuti della Sardegna) mettono in scena un sit-in chiedendo «giustizia per Beniamino». Il primo vero passo è compiuto, ora si comincia con le testimonianze.
Per ottobre vengono convocati un amico dei Fadda e il carabiniere che raccolse la prima testimonianza del sopravvissuto il quale, in ambulanza la mattina successiva ai delitti, disse di non aver riconosciuto l’assassino il quale sul volto aveva un collant da donna; versione cambiata 40 giorni dopo.
8) continua