Il ritiro a luglio, le prime amichevoli dopo pochi giorni, la Coppa Italia ad agosto, il campionato pure. Si comincia in piena estate e si termina a primavera inoltrata. Quando va bene. Perché se va male, e in questo 2025 ci pare sia andata malissimo, si va avanti anche a giugno e luglio. Il Mondiale per club, straordinaria idea (si fa per dire) della Fifa di Gianni Infantino, è cominciato poche settimane fa e terminerà il 13 luglio dopo decine di sfide a orari improbabili (si gioca negli Usa ma il mercato di riferimento è l’Europa) e a temperature impossibili (chi si ricorda dei Mondiale del ’94 e della fornace del Rose Bowl?). In pratica, 12 mesi no stop di allenamenti e partite. Un fine pena mai.

Senza fine

Il calcio è diventato un mostro che mangia sé stesso, uno sport planetario che produce vagonate di soldi (miliardi, che siano euro, sterline, dollari o qualunque altra valuta esistente) e che però per reggere il peso di questi introiti – garantiti dalle televisioni e dagli sponsor e necessari per pagare gli stipendi monstre dei giocatori – ha necessità di non fermarsi, di andare avanti sempre, di ingigantirsi, di organizzare eventi ogni volta più “straordinari”, “entusiasmanti”, “meravigliosi”, “senza precedenti” e così via.

I giocatori del Real Madrid dopo il match vinto con la Juventus al Mondiale per club
I giocatori del Real Madrid dopo il match vinto con la Juventus al Mondiale per club
I giocatori del Real Madrid dopo il match vinto con la Juventus al Mondiale per club

Con una controindicazione non banale: più si gioca, più il prodotto si svaluta; più il prodotto si svaluta, meno pubblico raccoglie (in presenza, cioè negli stadi, e davanti ai teleschermi); meno pubblico significa ovviamente meno introiti, perché una delle conseguenze è la fuga delle aziende che foraggiano il sistema. E poi i protagonisti essenziali, i giocatori: sottoposti a stress fisici sempre più alti, visto l’elevato numero di partite e la contrazione costante di periodi di riposo, si infortunano più spesso, hanno una carriera più breve e offrono in campo uno spettacolo inferiore alle attese. Insomma, il gigantismo del pallone rischia di produrre effetti maggiormente negativi rispetto a quelli positivi che i dirigenti delle grandi organizzazioni calcistiche (Fifa e Uefa su tutte) si attendono.

Vecchi problemi

Un problema noto non certo da oggi. Sono trascorsi anni dai primi segnali di allarme, perché già a inizio millennio si è cominciato a discutere del fenomeno. Tornei nazionali da venti squadre che impongono 38 turni spalmati su nove mesi nei quali incastrare anche le coppe interne e quelle internazionali; supercoppe passate da semplice sfida a due a competizioni che vedono impegnate almeno quattro squadre (con semifinale e finale) e da giocare all’estero; coppa Intercontinentale, originariamente riservata ai campioni sudamericani ed europei ma a sua volta diventata Coppa del mondo per club con la partecipazione di sei o sette squadre che si danno battaglia, più o meno, a dicembre; ogni quattro anni le competizioni riservate alle Nazionali, una delle quali (il Mondiale, che tra l’altro nel 2026 vedrà in Messico, Usa e Canada la partecipazione di 48 squadre: mai successo) qualcuno ha avuto la brillante idea di proporre si giochi ogni biennio, ingolfando così ancor più i calendari. Proposta quest’ultima avanzata dalla solita Fifa con uno scopo palese: mettere i bastoni tra le ruote alla Uefa organizzatrice dell’Europeo.

Gianni Infantino, 55 anni, presidente Fifa
Gianni Infantino, 55 anni, presidente Fifa
Gianni Infantino, 55 anni, presidente Fifa

I club

La stessa strategia messa in piedi ora con il già citato Mondiale per club, torneo che si vorrebbe planetario e dunque superiore alla Champions, al momento competizione di gran lunga più importante tra quelle esistenti e organizzata proprio dalla Uefa. Se ne sentiva il bisogno, con la caterva di partite cui già si può assistere nel corso della stagione? Francamente ci sentiamo di rispondere negativamente.

Anche perché lo spettacolo visto in queste settimane sui campi non è stato particolarmente elevato; i giocatori sono arrivati stremati al termine di una annata piena; mancavano comunque alcune delle squadre più importanti quali tra le altre Barcellona, Liverpool, Milan, Arsenal; chiusi i giochi, chi ha partecipato dovrà giustamente staccare e andare in vacanza mentre il resto del mondo comincerà a lavorare sulla preparazione atletica, e dunque le squadre scese in questi giorni in campo oltreoceano rischiano seriamente di avere non pochi problemi tra pochi mesi. Una stagione condizionata in partenza.

L'allenatore Pep Guardiola, 54 anni
L'allenatore Pep Guardiola, 54 anni
L'allenatore Pep Guardiola, 54 anni

Tutto per i soldi, perché il Mondiale porta nelle casse dei partecipanti vagonate di milioni (135 al solo vincitore). E chi resta fuori, nulla. Come del resto già accade, in forma un poco inferiore, in Champions. E così sempre più il calcio si polarizza verso i club più ricchi (spesso più indebitati) ed emargina le squadre minori, rendendo trascurabili i campionati nazionali e andando verso una vera “super lega” alla quale parteciperanno solo le società principali. Più elitaria di quella nata morta qualche anno fa in Europa perché bocciata dalle squadre inglesi, tedesche, italiane e spagnole (tranne Real Madrid, Barcellona e Juventus, con le ultime due uscite dall’accordo solo dopo qualche anno) nonostante un primo parziale sì.

L'allenatore Jürgen Klopp, 58 anni
L'allenatore Jürgen Klopp, 58 anni
L'allenatore Jürgen Klopp, 58 anni

Il troppo non fa bene

Insomma, giocare troppo spesso fa male. Al portafoglio e alla salute. Basti leggere cosa hanno detto di recente, tra gli altri, Pep Guardiola e Jurgen Klopp, due allenatori tra i più vincenti al mondo. Il tecnico tedesco, un passato alla guida di Borussia Dortmund e Liverpool (con cui ha vinto la Champions), ha sostenuto che proprio il Mondiale per club potrebbe causare «una serie di infortuni mai visti prima, è la peggior idea mai messa in pratica nel calcio»; il collega, pluri vittorioso sulla panchina di Barcellona, Bayern Monaco e Manchester City, è stato più cauto ma ha spiegato che «nessuno sa cosa succederà, magari a dicembre scopriremo che questa competizione ci ha distrutti. Dovremo capire come prenderci cura dei nostri giocatori a livello fisico e anche mentale». Postilla: la Premier inglese comincia il 16 agosto, la finale del Mondiale per club è il 13 luglio. Neanche un mese dopo.

Aleksander Čeferin, 57 anni, presidente Uefa
Aleksander Čeferin, 57 anni, presidente Uefa
Aleksander Čeferin, 57 anni, presidente Uefa

Il mercato

Quando il mercato si satura, la domanda gioco forza diminuisce. La crescita non può essere eterna, pensare di aumentare continuamente la platea di appassionati incrementando il numero di partite ci pare pura utopia, una strada che potrebbe portare al crollo del sistema. Già oggi l’assuefazione cresce e le piattaforme che trasmettono i campionati, anche solo restando alla nostra Serie A, non riescono più a sostenere i costi. Intanto quattro Paesi si sono già fatti avanti per ospitare la prossima edizione del Mondiale per club, in programma nel 2029: Brasile, Spagna, Marocco e Qatar. Vale la pena andare avanti così?

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