Parkinson, le nuove scoperte della scienza
Il 30 novembre si celebra la Giornata nazionale dedicata alla malattia. Usare i termini giusti aiuta: ecco perchéPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Dieci milioni di persone nel mondo convivono con il Parkinson. In Italia sono circa 300 mila e il 30 novembre potranno pensare che per un giorno nel nostro Paese si penserà un po’ più a loro, visto che quella data sarà dedicata alla Giornata nazionale del Parkinson, come accade da qualche tempo nell’ultimo sabato di novembre. Un modo per richiamare l’attenzione sulle persone che convivono con questa malattia e soprattutto per fare luce anche sui sintomi che questa condizione si porta dietro. Il Parkinson è infatti una forma neurodegenerativa provocata dalla diminuzione della produzione di dopamina. Gli effetti si vedono soprattutto sul controllo dei movimenti del corpo, ma non solo. Al momento non esistono terapie definitive ma solo trattamenti che aiutano a ridurre i sintomi e migliorare la qualità della vita delle persone che convivono con la malattia.
Le parole
In Italia sono tante le fondazioni e le onlus che si occupano di questa malattia e fortunatamente sono sempre di più i centri medici che lavorano per combattere il Parkinson. E la battaglia parte anche dalla percezione culturale. La Fondazione Limpe, ad esempio, ha pensato bene nei giorni scorsi di promuovere un’iniziativa che parte dal linguaggio, pubblicando una breve guida su “Le parole del Parkinson”. In effetti, anche nella percezione comune, c’è una bella differenza nell’usare alcuni vocaboli piuttosto che altri: la Fondazione, ad esempio, propone di utilizzare la parola malattia di Parkinson, invece di morbo che evoca maggiore paura e stigma per chi ne è affetto così come tra i familiari. Stesso discorso si può fare in riferimento alle persone con il Parkinson, definizione più morbida rispetto a quella di malati di Parkinson. In effetti, la patologia può anche permettere una vita quasi normale per lunghi anni e quindi forse è meglio utilizzare la parola malato a ragion veduta solo in casi veramente avanzati. E ancora è preferibile parlare di convivenza con il Parkinson piuttosto che «soffre di…». Insomma, le parole non risolvono ma attenuano o aiutano a dare la giusta percezione di quello che si vive anche per chi ha una malattia degenerativa che però fortunatamente ha vari stadi e con la quale si può convivere seguendo passo dopo passo i consigli dei medici.
Le novità
Sono numerose le scoperte che negli ultimi anni e mesi hanno riguardato il Parkinson. Una di queste è stata fatta, ad esempio, dai ricercatori del Dipartimento di Neurologia dell’ospedale universitario di Schleswig-Holstein e dell’università di Kiel, in Germania. Gli scienziati hanno trovato le prove che un esame del sangue può dimostrare la presenza di alfa-sinucleina, una proteina rilevante in questa patologia. Secondo questo studio, potrebbe essere un modo meno invasivo per arrivare alla diagnosi di Parkinson che oggi peraltro continua a essere fatta attraverso l’analisi di una serie di sintomi sul movimento accompagnata peraltro da esami strumentali come ad esempio risonanza magnetica e scintigrafia. Secondo questo studio, in molte persone con la malattia è stata riscontrata la presenza nel sangue di alfa-sinucleina, proteina associata al danneggiamento delle sindromi nervose nel cervello e che, secondo la ricerca, “cambia nel corso della malattia”.
Da segnalare poi l’intuizione di un giovanissimo scienziato, Tommaso Caligari, 17enne di Novara, nipote di una persona a cui è stata diagnosticata la malattia, che ha inventato il “Parkinson detector”, ossia uno scanner che funziona con l’intelligenza artificiale a permetterebbe una diagnosi precoce. Il sistema opera con due telecamere poste una di fronte all’altra che analizzano eventuali alterazioni dei movimenti degli arti superiori, impercettibili all’occhio umano, come per esempio l’angolo di oscillazione tra spalla e gomito, ma che solo l’occhio attento dei neurochirurghi oppure appunto quello di una telecamera può rilevare. Peraltro, il metodo messo a punto dal diciassettenne utilizza un algoritmo che permette di comparare i dati, utilizzando pure l’intelligenza artificiale. Il dispositivo è stato premiato dalla Commissione europea nell’ambito del concorso “I giovani e le scienze 2023”.
La ricerca
Nei giorni scorsi, inoltre, è stato annunciato che uno dei 57 progetti di ricerca premiati dall’European Research Council (per un finanziamento complessivo che tocca i 571 milioni di euro) riguarda proprio le malattie neurodegenerative e in particolare il Parkinson. A guidare il pool dei ricercatori italiani che daranno vita al “Custom-Madé”, questo il nome prescelto, sarà la senatrice a vita Elena Cattaneo dell’Università statale di Milano che si muoverà in collaborazione con Annalisa Buffo del Dipartimento di neuroscienze Rita Levi Montalcini e con Nico, il Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi dell’Università di Torino. Il progetto mira ad agire su più fronti: dalla composizione di cellule di tipo diverso agli interruttori molecolari per accendere o spegnere a comando le cellule trapiantate fino alla ricostruzione in laboratorio dei circuiti danneggiati. Sono i tre obiettivi a cui punta il progetto, finanziato con dieci milioni di euro e della durata di sei anni, che ha posto nel mirino le malattie neurodegenerative, come il Parkinson e quella di Huntington. “L’obiettivo è pensare alla prossima generazione di terapie cellulari su misura contro la malattia di Parkinson e la corea di Huntington perché la stessa malattia si può manifestare in modi diversi in persone diverse”, ha spiegato la senatrice a vita.
Il progetto è incentrato sull’uso di cellule staminali embrionali che però potranno essere acquisite solo all’estero in quanto in Italia sono bloccate dalla legge 40, che “impedisce ai ricercatori italiani di derivare le cellule staminali embrionali a partire da blastocisti in sovrannumero – spiega - ma non impedisce di acquisirle dai colleghi all’estero”. Una situazione che la senatrice a vita definisce “un’ipocrisia insostenibile, visto che stiamo lavorando per dare speranza a persone malate”. Entrando nel merito del progetto, “la malattia di Parkinson, per esempio, è causata dalla degenerazione dei neuroni che producono dopamina ma in alcuni casi – spiega Elena Cattaneo - si manifesta con disfunzioni cognitive legate a problemi dei neuroni colinergici. In questo caso l’obiettivo è ottenere popolazioni di cellule che contrastino entrambe le disfunzioni”.
Le terapie
Un altro obiettivo che si pongono i ricercatori è riuscire a modulare le terapie cellulari, considerando che alcune persone con la malattia di Parkinson sono molto sensibili al farmaco levodopa. “In questo caso l’obiettivo è mettere a punto cellule autoregolabili, capaci di silenziarsi in modo autonomo quando il rilascio di dopamina diventa eccessivo per quel particolare individuo”, spiega Cattaneo. L’ultima parte del progetto, infine, prevede di utilizzare le cellule staminali embrionali per ottenere in laboratorio degli organoidi, ossia frammenti di tessuto delle tre regioni del cervello più colpite dalle malattie di Parkinson e Huntington (corteccia, corpo striato e sostanza nera) per individuare i geni che controllano i circuiti, e uno degli aspetti più innovativi è riuscire a modellizzare in laboratorio, in un sistema 3D, la formazione e ricostruzione di quei circuiti (“connettoidi”). Insomma, tra qualche anno forse si potrà dire che nuove soluzioni sono disponibili per affrontare la malattia di Parkinson, nel frattempo iniziamo a usare i termini giusti, anche questo può servire.