«Vogliono uccidere agricoltura e pastorizia»
Nando Puddu, allevatore di Selegas, cinque anni fa fu tra i protagonisti della clamorosa protesta per chiedere l’aumento del prezzo del latte. Oggi è di nuovo in prima filaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Cinque anni fa la guerra del latte, oggi la protesta con i trattori. Nando Puddu, pastore 50enne di Selegas era in prima linea nel 2019 e lo è ancora oggi. «Nel mondo delle campagne si vive sempre tra mille difficoltà. Oggi il fronte della protesta è cambiato ma restano i problemi di sempre», commenta mentre insieme ad altre decine di lavoratori presidia l’ingresso del porto di Cagliari.
«Non facciamo in tempo ad arginare un’emergenza – continua – che ne dobbiamo affrontare subito un’altra. Siamo abituati a vivere nell’incertezza, ma negli ultimi tempi sembra che tutto giri storto nel mondo della pastorizia e dell’agricoltura. E la colpa non è certo nostra. Oggi come cinque anni fa, quando ci fu la protesta per il prezzo del latte». Nando Puddu ricorda molto molto bene quell’inizio di febbraio del 2019, quando tutto il mondo delle campagne sarde si ribellò e scese nelle piazze e nelle strade per protestare contro l’industria casearia perché il prezzo del latte era sceso a 60 centesimi.
Il video virale
«Non era solo una questione di prezzo del latte», sottolinea l’allevatore di Selegas che fu protagonista di un gesto clamoroso. Mentre si trovava nei locali a poca distanza dalla mungitrice svuotò un refrigeratore che conteneva centinaia di litri di latte. Una scena particolarmente forte. Mentre buttava per terra il frutto del loro lavoro venne filmato con un telefonino. Quel video diventò virale e nel giro di poche ore in tutta la Sardegna migliaia di allevatori fecero la stessa cosa. Buttarono il latte e postarano i filmati sui social. «Non avrei mai immaginato che potesse provocare quella incredibile reazione a catena. Eravamo davvero esasperati – ricorda l’allevatore – non c’era in ballo solo il prezzo del latte, c’era da scardinare un sistema che ci ha fatto diventare l’anello debole di tutta la catena. Non si poteva andare avanti. I costi erano altissimi, il prodotto non veniva pagato. Gli industriali facevano quello volevano. Forse per la prima volta la voce dei pastori si è fatta veramente sentire. Ricordo con grande piacere anche la solidarietà di tutti i sardi con la nostra lotta».
La protesta con i trattori
Dopo cinque anni agricoltori e pastori sono tornati nuovamente in piazza e anche questa volta in piena campagna elettorale per le Regionali. «Sono due situazioni differenti – analizza Puddu – nel frattempo sono accadute tante cose. Il prezzo del latte è sicuramente più alto, ma dopo la pandemia i costi di produzione sono aumentati in modo impressionante. Tutto costa di più: mangimi, sementi, gasolio agricolo, attrezzi e mezzi da lavoro. I prezzi sono praticamente raddoppiati e a questo si aggiungono le politiche comunitarie che penalizzano ulteriormente il nostro settore». Anche Nando Puddu, come altre centinaia di agricoltori sardi, sta partecipando alla grande mobilitazione che da giorni vede protagonisti migliaia di allevatori e pastori di tutta l’Europa. Anche nell’Isola i trattori hanno invaso paesi e città. Da qualche giorno mezzi agricoli e lavoratori presidiano l’ingresso del porto di Cagliari. Nel mirino ci sono le politiche agricole dell’Ue. Si chiede la revisione del Green Deal europeo e lo stop ai cibi sintetici. «Ci vogliono levare la dignità – commenta Nando Puddu – non ci mettono nelle condizioni di produrre. Siamo assillati da una burocrazia che non ci dà tregua. Nel nostro settore è pieno di enti che in teoria dovrebbero aiutarci a migliorare le nostre aziende, ma nei fatti rappresentano degli ostacoli. Chiediamo meno burocrazia, procedure più snelle».
Le ragioni della contestazione
«A risultare indigeste – si legge sul sito Fortune Italia - sono le misure volte a rinnovare la Pac in una chiave più sostenibile. Su tutte, l’obbligo di rotazione delle colture per consentire ai terreni di riposare; l’obbligo di ridurre l’uso di fertilizzanti di almeno il 20 per cento e di destinare almeno il 4 per cento dei terreni coltivabili a usi non produttivi, a tutela della biodiversità, ma a danno della produzione agricola. Fattori che aggravano un quadro già compromesso dall’aumento del costo delle materie prime e del prezzo del gasolio agricolo e che, secondo gli operatori del settore, rischiano di minare la loro competitività sul mercato. E poi c’è l’intesa commerciale con i Paesi del Mercosur, che farebbe entrare in Europa grandi volumi di alimenti sudamericani più economici».