Vinitaly 2024, i ragazzi AGbD eroi indiscussi a Verona
Cappuccini, caffè, moijto, cosmopolitan e risotti. I giornalisti arrivati da tutto il mondo accuditi dai giovani con la Sindrome di Down, barman della sala stampaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Andrea non ha esitato un attimo, concentrato e precisio negli ordini dei caffè da far invidia a un professionista di Autogrill all’ora di punta. Emily invece ogni tanto un sorriso lo concedeva tra un free moijto e un cosmopolitan. Anche Dario sembrava ben a suo agio con quelle bolle colorate, cocktails monodose, abilmente scosse e versate negli ampi bicchieri con ghiaccio. Le grandi emozioni talvolta è bene che decantino un tantino prima che siano raccontate. Proprio come capita per quei vini di grandissima qualità. E il parallelo non è casuale visto che questa storia di Andrea, Emily, Dario ma anche di Denis, Giulia, Anna & Anna, Francesca, Miriam, Stefano, Diego, Gaia e Serena riguarda proprio il mondo vitivinicolo. Meglio: quel brulicare chiassoso di persone e aziende che dal 14 al 17 aprile scorso si è dato appuntamento nei grandi padiglioni di Vinitaly a Verona. Quest’anno infatti tra gli anditi e i corridoi affollati dei reparti press esclusivi per il mondo dell’informazione internazionale, a muoversi con disinvoltura e con una certa padronanza del ruolo c’erano i ragazzi dell’AGbD, associazione Sindrome di Down di Verona. A loro è stata affidata la gestione del bar della Sala stampa della Fiera.
«Gentilezza, professionalità, cortesia. I ragazzi ci hanno stupito, pensavamo che fosse una cosa fuori dalla loro portata, d’altra parte si sono ritrovati in un ambiente molto professionale con tantissima gente, sale gremite di giornalisti, fotografi operatori della comunicazione», spiega Francesca Lazzarin, psicologa psicoterapeuta e responsabile del progetto. «I nostri giovani non avevano mai provato a lavorare in questa maniera tra spazi stretti, ritmi frenetici. Domenica 14, il primo giorno di apertura del Vinitaly - spiega - , c’è stata una presenza massiccia di giornalisti, tutti di corsa, tutti presi dai loro ritmi e dall’urgenza di scrivere. Un po’ lo immaginavamo ma non a quei ritmi e non è stato facile anche per i volontari. Eppure è stato importante dare fiducia ai ragazzi e loro ci hanno davvero colpiti». Imperterriti e bravi. Soprattutto sempre professionali. Anche quando la stanchezza li ha messi a dura prova. «Dietro il bancone si sono toccati i 30 gradi tra le temperature dei frigo, il calore della lavastoviglie. Una fatica e uno stress per chiunque e i ragazzi hanno accusato il colpo. Non era facile seguire tutto e a quei ritmi. Eppure non mollavano e si sentivano talmente motivati e capaci che chiedevano spesso di tornare nei turni. Un’esperienza meravigliosa per tutti i ragazzi», commenta la responsabile. Con loro erano costantemente presenti e operativi i volontari-assistenti, Andrea, Alessio al caffè; Alice e Matteo ai cocktails, e poi Silvia, Stefania e l’educatrice Jessica. Hanno lavorato gomito a gomito con i 13 ragazzi divisi nei turni per i 4 giorni del Salone, da domenica a mercoledì. Dario, Gaia, Emily, Miriam, Anna e Stefano erano ai cocktails; Andrea, Serena e Anna alla macchina del caffè. Gli altri turnavano tra salatini, biscotti, dolci, colazioni, aperitivi, crostini, patatine e a mezza mattinata panini con salame. Per la pausa pranzo erano previsti riso venere o integrale con vari condimenti.
«Essersi misurati con un lavoro vero e proprio è stato per loro formativo e gratificante, noi siamo molto sensibili all’inserimento dei ragazzi negli ambienti lavorativi». Argomento complesso ma rigoroso. Per certi versi quasi scontato, eppure il più delle volte non tutto va in discesa. «In realtà c’è tanta diffidenza tra le aziende. Si ripete che questi ragazzi hanno tempi lenti di apprendimento e le aziende fanno fatica a fare dei contratti». Tutto lineare quando si parla di tirocini socializzanti. Interventi sulla capacità di stare in un posto lavorativo a contatto con le persone e sviluppare prerequisiti. Ma le aziende difficilmente propongono contratti veri e propri. Eppure questi ragazzi hanno capacità e risorse impensabili, qualità che permettono loro di sostenere spesso in modo autonomo il lavoro come ad esempio nel bar o nelle strutture dove c’è anche un tipo di lavoro ripetitivo». Quei magnifici 13, un gruppo dei 150 ragazzi che l’associazione segue ogni giorno, hanno stupito tutti anche e soprattutto i “clienti” che per quattro giorni sono stati serviti e accontentati in tutto. «Nulla era scontato e loro sono stati bravissimi. Questa esperienza al Vinitaly è stata bella ma soprattutto importante. Per i ragazzi è stata basilare l’esperienza di avere avuto un rimando sulle loro competenze, di vedersi riconoscere capaci e quindi inclusi a 360 gradi. Per loro questo è stato certamente un ritorno positivo». E c’è un altro aspetto oltre a tutto il resto. C’è spesso la convinzione sbagliata o la mentalità distorta che i ragazzi con la Sindrome di Down debbano essere visti come eterni bambini, in realtà non è così. «Loro hanno voglia di essere trattati da adulti quali sono, avere la responsabilità di un lavoro e di un ruolo sociale è stato importantissimo, si sono sentiti valorizzati al 100 per cento. E se proprio vogliamo essere precisi il rimando speciale lo hanno dato più loro a noi». Un messaggio inequivocabile: fa sempre bene buttare giù muri insignificanti e precostituiti. «La speranza e la fiducia in loro era altissima e non hanno tradito le aspettative ma anzi ne hanno creato altre».
Così per Stefano che di carattere non è sempre stato molto espansivo, poche parole ma grande lavoratore. «Nei giorni del Vinitaly è riuscito a uscire dal suo mondo e regalare qualche abbraccio e qualche sorriso in più». Oppure Giulia che dopo un primo attimo di incertezza è partita in quarta nel suo lavoro. «Dario era entusiasta nel suo lavoro al servizio cocktails». Autonomo in tutto, anche nel prendere un taxi per arrivare puntuale nei padiglioni di Veronafiere. Come i suoi compagni non si è risparmiato. L’ultimo giorno era sfinito, a fine turno ha appoggiato la testa su un tavolo quasi esausto. Gli assistenti e gli educatori subito gli hanno detto di riposarsi e di stare tranquillo e poi di tornare a casa. Lui ha alzato la testa dal tavolo e ha sentenziato: «Vado a fare un caffettino ai giornalisti». Sorrisi e altruismo non conoscono diversità.