Più poveri dei nostri genitori, stipendi divorati da affitti e bollette
Quasi il 40% dei redditi delle famiglie viene utilizzato per spese obbligatorie. Quaranta anni fa era meno di un terzoÈ innegabile. Siamo più poveri delle generazioni che ci hanno recentemente preceduto . Anche se, a differenza di nostra mamma o papà, portiamo sempre con noi uno smartphone da centinaia di euro e guardiamo nel soggiorno la televisione da schermi così grandi che quarantanni fa avrebbero definito cinema. O ci siamo seduti al tavolo di un ristorante nell’ultimo anno più volte che i nostri genitori in un’intera vita. Senza dimenticare le occasioni di socialità: le feste di compleanno dei bambini si facevano spesso a casa con una torta e qualche bibita e non con un ricevimento con palloncini, fuochi d’artificio, fotografi e buffet.
Si cambia
Sia chiaro, non sono le mode e i desideri dei giovani d’oggi a essere sotto esame, ma è indubbio che la ricchezza si misuri con altri parametri. Come per esempio la quota di stipendio che rimane dopo aver sottratto le spese obbligate. Quelle che per intenderci hanno sostenuto prima di noi i nostri nonni o i nostri genitori: mutui, affitti, bollette, assicurazioni o carburante. Ebbene il confronto con i nostri avi diventa più difficile: l'incidenza delle spese obbligate sui bilanci delle famiglie nel 2024 ha infatti “mangiato” il 41,8% dei consumi delle famiglie. Nel 1995 era solo il 36,6%.
Non sorprende allora che in passato un operaio potesse anche permettersi più facilmente con il proprio stipendio di sposarsi, allevare dei figli, comprarsi una casa di dimensioni decorose, un’auto e togliersi ogni anno anche qualche sfizio. Tutti obiettivi che per le nuove generazioni sono diventati irraggiungibili.
Tanto per rinfrescare ulteriormente la memoria, secondo la Banca d’Italia, nel 1984 «la percentuale di famiglie proprietarie dell'abitazione in cui vivevano è stata del 59,7%» e oltre il 53% riusciva a mettere da parte un gruzzolo. In quell’anno le spese obbligate si mangiavano solo il 31,9%.
Sfortunati
I numeri in questo caso non mentono. Secondo i dati dell'ufficio studi di Confocommercio, «su un totale di circa 21.800 euro pro capite di consumi all'anno, oltre 9.000 euro se ne vanno per il complesso delle spese obbligate (348 euro in più rispetto al 2019)». Tra queste spese, la principale è la voce abitazione (4.830 euro), al cui interno un peso rilevante - anche se costantemente in calo dal 1995 ad oggi - viene dall'aggregato energia, gas e carburanti con 1.721 euro. «Le spese obbligate, soprattutto quelle legate all'abitazione, penalizzano sempre di più i bilanci delle famiglie e di conseguenza riducono i consumi. Consumi che sono la principale componente della domanda interna. Per sostenerli occorre confermare l'accorpamento delle aliquote Irpef e ridurre progressivamente, e in modo strutturale, il carico fiscale», ha detto il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.
Obblighi
Le spese obbligate comunque non sono salite quest'anno, anzi, hanno avuto una «moderata riduzione» secondo Confcommercio, dal 42,2% del 2023 al 41,8%. Nel 2019 erano 40,6%, nel 1995 36,6%. Il calo quest'anno c'è stato anche per i beni commercializzabili (dal cibo ai libri, dalle auto agli elettrodomestici): sono scesi a 38,3% dal 38,7% dell'anno scorso. In compenso aumentano i servizi commercializzabili (dai trasporti al telefono, dall'istruzione alle vacanze): dal 19,2% del 2023 al 19,9% del 2024. Secondo Confcommercio, «ad amplificare la dimensione e, quindi, il peso delle spese obbligate è anche la dinamica dei prezzi che mostra una notevole difformità rispetto a quella degli altri beni e servizi: tra il 1995 e il 2024, infatti, l'indice di prezzo degli obbligati (+122,7%) è cresciuto più del doppio rispetto a quello dei beni commercializzabili (+55,6%), dinamica influenzata anche da un deficit di concorrenza tra le imprese fornitrici di beni e servizi obbligati».
Stesso problema rilevato dall'Unione nazionale dei consumatori che chiede «una legge sulla concorrenza completamente rinnovata rispetto a quella presentata dal governo», che abbia come scopo «ridurre le spese obbligate degli italiani, aumentando la concorrenza in quei settori». E per rilanciare i consumi delle famiglie, «che rappresentano il 60% del Pil, urge ridare capacità di spesa ai ceto meno abbienti», perché per l'Unione nazionale consumatori «se si riducono le tasse anche a chi non ha comunque problemi a spendere, gli effetti sul Pil saranno minimi».