I tempi sembrano non coincidere. Nel 2035 infatti le auto alimentate a benzina e diesel saranno definitivamente fuori produzione in Europa, ma per gli automobilisti del vecchio continente l’amore per le auto elettriche non è proprio sbocciato. Anzi, dopo un primissimo “flirt” degli ultimi anni, dettato più che altro dal fascino della novità, i veicoli green stanno riscuotendo sempre meno successo, zavorrati non solo dai prezzi ben più alti delle concorrenti a combustione, ma anche dalla difficoltà nel trovare punti di ricarica nelle vicinanze della propria abitazione. Insomma, la rivoluzione elettrica ha già la strada tracciata, ma sarà lunga e probabilmente più in salita del previsto.

I numeri

A confermarlo il report diffuso dall’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri dal quale è emerso un’impennata delle vendite complessive nello scorso gennaio (+19%) caratterizzata però da vincitori e vinti.

Tra questi ultimi ci sono di sicuro i veicoli elettrici, in calo rispetto all’anno prima dello 0,9%, con una fetta di mercato limitata al 3,7% dell’intera torta. A piacere invece, e tanto, sono le auto ibride, forse quelle che riescono ora a garantire i consumi di carburante più convenienti dando comunque la sicurezza di non rimanere mai a secco di energia elettrica in caso di assenze di colonnine di ricarica. Le auto ad alimentazione mista hanno conquistato ormai il 36,7% del nuovo parco vetture, con un 9,7% per le “full” hybrid e 27,0% per le “mild” hybrid e il 4,7% delle “plug in” (quelle da connettere comunque alla presa di ricarica per intendersi).

Sempre in ottica di consumi modesti, si confermano di successo anche i veicoli a Gpl (il 10,3% delle vendite), mentre progressivamente stanno sparendo quelli a metano (0,2%). Riguardo ai sistemi di alimentazione tradizionali, nel 2022 le motorizzazioni a benzina sono scese del 2,2% (restando però al 27,5% dell’immatricolato complessivo), mentre il diesel è calato del 2,6% (al 20% sul totale).

Questione sociale

Il fin troppo lento sviluppo delle auto elettriche è sotto gli occhi di tutti e ha anche motivazioni evidenti anche ai non addetti al lavoro. Il possesso di un’auto che aiuta l’ambiente è diventato col tempo un lusso accessibile solo ai più ricchi, nonostante i generosi incentivi che evidentemente non bastano a colmare tutti i contro. Il primo, come detto, avere un punto di ricarica comodo e vicino a casa. Privilegio riservato solo a chi possiede una villetta indipendente con giardino o un rarissimo punto di ricarica condominiale.

Il nodo da sciogliere quindi è quello infrastrutturale. Ovvero creare una rete di punti di ricarica talmente fitta da riuscire a “rassicurare” gli automobilisti e convincerli che ci sarà sempre la possibilità di fare rifornimento di energia ovunque e in tempi ragionevoli.

Proteste

Ma non solo. «In Italia il mercato delle auto elettriche non decolla, complice i prezzi delle autovetture ancora proibitivi», ha protestato il Codacons che, dopo la decisione dell’Ue di vietare le auto diesel e benzina dal 2035, ha realizzato un’indagine sui listini praticati dalle principali case automobilistiche, mettendo a confronto vetture a benzina ed elettriche. «Ad esempio per una citycar alimentata a benzina la spesa media, considerando i listini base (quindi senza optional o configurazioni particolari) è compresa oggi tra 14.750 euro e i 16.800 euro; per una utilitaria si spendono dai 16.870 ai 27.300 euro. Per le stesse tipologie di auto, ma con alimentazione elettrica, la spesa si impenna dai 23mila agli oltre 30mila euro per le citycar, e tra 30mila e 37mila euro una utilitaria. Se poi si opta per una vettura di lusso o un’auto sportiva elettrica, i prezzi possono facilmente raggiungere i 200mila euro».

Speranze

«Sulle superstrade – ha spiegato  Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae, – sono previste infrastrutture super veloci, privilegiando l’installazione presso stazioni di servizio esistenti e aree di parcheggio esistenti». Il decreto riguardante le colonnine nei centri urbani tiene invece conto, nella definizione dei criteri per l’ubicazione delle stesse, dell’attuale parco circolante, della disponibilità di rimesse, parcheggi e box auto privati, della qualità dell’aria, dell’attuale penetrazione di auto elettriche, della vocazione turistica dei territori.

È un primo passo importante, che l’associazione chiede da tempo «per garantire al nostro Paese uno sviluppo accelerato della mobilità a zero o bassissime emissioni, altrimenti l’Italia resterà ancora molto indietro in termini di diffusione della rete di ricarica. Secondo gli ultimi dati al 30 settembre 2022, infatti, il nostro Paese occupa la quindicesima posizione nel ranking europeo, con 6,7 punti di ricarica ogni 100 chilometri contro gli 8,9 della media europea».

«Come da tempo proposto – ha aggiunto Andrea Cardinali – i Decreti appena approvati, andrebbero affiancati da interventi quali: potenziamento degli incentivi per privati e aziende all’acquisto di autovetture per il rinnovo del parco circolante, almeno fino al 2026; elaborazione di una politica infrastrutturale anche per il rifornimento di idrogeno; revisione dell’impianto fiscale del settore, modulando detraibilità Iva e deducibilità dei costi in base alle emissioni di CO2 per le auto aziendali; pianificazione rapida per una riconversione industriale della filiera automotive e della componentistica per riportare il nostro Paese a essere un riferimento a livello europeo».

Costi

L’altra domanda fondamentale per segnare il destino dei veicoli green è: quando si abbasseranno i prezzi? Un’incognita non da poco, soprattutto in un periodo come quello attuale in cui tutta la componentistica delle automobili ha registrato una carenza a livello mondiale. Resta comunque certo che fino a quando produrre le celle necessarie alla realizzazione dei pacchi batteria non sarà più conveniente i listini non vedranno alcun calo. Una dinamica di mercato tuttavia non di facile realizzazione visto che l’imminente obbligo di passaggio alle auto elettriche porterà forse a un incremento delle richieste. E di solito l’aumento della domanda di un bene non innesca di certo il calo del suo prezzo.

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