La ragazza che sognava di volare: Saman, un simbolo di libertà
Il destino segnato di una ragazza che aveva detto no
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Saman chiedeva solo di vivere i suoi diciott’anni, sognava un futuro di libertà e indipendenza. Aveva scoperto che lontano da casa sua una donna poteva realizzarsi, poteva trovare rispetto, poteva essere amata. Dopo una vita di privazioni e regole feroci voleva strapparsi di dosso quella dimensione familiare soffocante, cresciuta nelle pieghe più nere dell’ignoranza e di un’ossessione ideologica legata a pregiudizi sepolti da tempo. Saman Abbas era una ragazza brillante, brava a scuola, determinata: in appena un anno trascorso nella bassa emiliana aveva imparato perfettamente l’italiano, superando in scioltezza gli esami di terza media. Avrebbe voluto proseguire gli studi al liceo come quasi tutte le sue coetanee: immaginava un percorso da giovane donna in cerca della sua strada, con la libertà di chi ha il diritto di vivere propria vita. Nulla di più sbagliato. Nel cerchio strettissimo di una famiglia schiacciata da un fanatismo che non ha nulla di religioso, Saman non aveva possibilità di scelta. Non poteva pensare a un’adolescenza normale e consapevole da ragazza nata nel terzo millennio.
Un destino segnato
Doveva accettare il suo destino di tenebre e segregazione. Doveva stare a casa con la madre, al riparo da occhi indiscreti e da ogni progetto, da ogni voglia di affermazione, da ogni chiamata della vita reale: per quattro lunghissimi anni, dopo la terza media, Saman ha affidato le sue giornate a una vita invisibile e affollata di incubi, in attesa che il padre e gli altri uomini del suo clan familiare la consegnassero a qualche giovane per il più oscurantista matrimonio combinato da sposa bambina. In questo quadro di visioni retrograde e fanatiche non avrebbe senso abbandonarsi alla retorica sulle tradizioni religiose, perché in realtà la scena di Novellara è solo una degenerazione di comportamenti precisi e per fortuna isolati, anche se non mancano casi simili che sfuggono a ogni controllo.
Il sogno libertà
Saman voleva solo vivere una libertà fatta di piccoli respiri. Come il volto trasformato con un filo di trucco e i capelli liberi di stare al vento, come il profilo di Instagram con la breve passeggiata a Bologna in cui ammira i suoi jeans e le scarpe da tennis. Conquiste inarrivabili per chi doveva al massimo guardare i filari di pioppi dietro i vetri spessi della sua cameretta di Novellara. Saman aveva trovato la forza di fuggire da casa per sottrarsi all’abisso di una vita pianificata da altri, da chiunque gli stesse attorno tranne che da lei. Mai avrebbe sposato un uomo che neanche conosceva solo perché l’aveva deciso suo padre. Piuttosto meglio il vuoto di una storia in fuga in un Paese che conosceva a malapena. Per sei lunghissimi mesi ha vissuto in una comunità protetta, dove ha scoperto che anche lei avrebbe potuto vivere una vita normale. Non le avevano permesso di studiare ma a diciott’anni c’era ancora il tempo per inventarsi qualunque tipo di vita. Saman voleva fare la barista, aveva chiesto informazioni per un corso che le consentisse di cominciare a lavorare. In quei mesi aveva anche conosciuto un ragazzo, di origine pachistana come lei. Un amore dolce, fatto di tanti messaggi a distanza e pochi incontri reali.
Una vita nuova
Saman sognava una vita nuova, lontana dai dettami di una famiglia avvolta dalle tenebre di un mondo lontanissimo da quello dell’Italia del 2021. Ma quando sei ancora un’adolescente non puoi dimenticare tuo padre e tua madre: tanti mesi lontano da casa hanno probabilmente convinto la ragazza a trovare un briciolo di speranza in quella palazzina di campagna nella provincia padana. In un momento di debolezza si è fidata di chi l’aveva messa al mondo. Purtroppo nessuno è stato in grado di badare alla sicurezza di quella diciottenne così sola: le comunità protette non hanno gli strumenti adeguati per contrastare situazioni troppo grandi come questa. Servono interventi istituzionali strutturali per evitare nuovi casi come quello di Saman.
Il ritorno a casa e la scomparsa
Saman è tornata a casa, sapendo di rischiare, ma quelli erano pur sempre il padre e la madre, sangue del suo sangue. Avrà intravisto qualche segnale di speranza e si è convinta di poter rivarcare quella porta. Ma purtroppo il male annidato nelle stanze di casa si era alimentato ancora di più. Le sue scelte troppo libere, troppo normali erano diventata un problema insormontabile. Secondo le ricostruzioni, gli uomini della famiglia avrebbero organizzato il piano per far sparire Saman. Per ora si parla soltanto di scomparsa ma la speranza di ritrovare la ragazza in vita si è dissolta da tempo. In realtà gli investigatori pensano a un’esecuzione brutale, la distruzione dei sogni di libertà. La fine di una ragazza che ha avuto la forza di sacrificare tutta se stessa per non accettare un destino folle e distorto. Saman ora non c’è più ma i suoi sogni non possono essere spezzati. La ragazza pachistana che voleva essere donna deve diventare un simbolo del riscatto contro i soprusi e le sopraffazioni. Non dovrà più succedere che altre Saman si ritrovino da sole in questo percorso di fuga dall’orrore, senza che nessuno riesca ad aiutarle sino in fondo e sottrarle da un destino malato e medievale.