Mediatore d’affari dai modi gentili, in pochi mesi si era fatto conoscere soprattutto per le sue attività nel campo delle compravendite immobiliari. Quel tedesco di 57 anni aveva girato mezza Europa prima di fermarsi a Cagliari e avviare i suoi affari soprattutto nel cuore del centro storico. Nei piani aveva un progetto ambizioso: “Voglio costruire un albergo a Santa Margherita di Pula”. Parlava un italiano approssimativo ma sufficiente per creare i primi rapporti di lavoro nel capoluogo sardo: Hans Horn sbarcò nell’Isola nell’autunno del 1962, abitando prima all’hotel Moderno per poi prendere in affitto un’abitazione in via Santa Margherita. Con lui viveva quella che presentava come sua moglie, pure lei tedesca, Liselotte Muller, 48 anni, bionda e riservata. In tanti tra Stampace e la Marina avevano cominciato a conoscere quella coppia che ostentava una grande disponibilità economica e aveva tutta l’intenzione di stabilirsi in Sardegna in modo definitivo: “Vogliamo vivere in questa splendida isola”.

DALLA GERMANIA A CAGLIARi

Dalla questura era anche arrivato il permesso di soggiorno, fondamentale per risiedere in Italia quando l’Unione europea era ancora ai primi vagiti (c’era la Cee) e non consentiva il libero trasferimento dei cittadini da un Paese all’altro. Per diverse settimane i due tedeschi trascorsero giornate tranquille nelle strade di un capoluogo che cominciava a mostrare la sua effervescenza commerciale dopo i tempi bui della guerra. Ma a febbraio del 1963 la storia della coppia all’improvviso cambiò. Dalla Germania, attraverso l’Interpol, arrivò un mandato di cattura per Hans Horn. La polizia fermò l’uomo e lo condusse a Buoncammino. Dietro c’era una disavventura di piccolo cabotaggio. L’uomo qualche tempo prima aveva in gestione un albergo a Wladshut, nel Baden Wurttemberg ed ebbe contrasti con la proprietaria della struttura. “Le divergenze si approfondirono gradualmente e sfociarono in una denuncia per truffa e appropriazione indebita ai danni dell’uomo”, riportavano le cronache dell’epoca. Horn temeva l’istruttoria giudiziaria, non voleva finire sotto processo e scelse di lasciare la Germania. Si mise al volante della sua Mercedes. Accanto a lui la fedelissima Liselotte Muller, colpevole solo di un amore smisurato per l’imprenditore originario di Berlino. Attraversarono il confine in Francia, in Spagna per poi stabilirsi per qualche settimana ad Andorra. Nuova partenza, il viaggio verso Nizza, il traghetto per Ajaccio e poi il trasferimento in Sardegna. La tappa finale a Cagliari.

 LA TRAGEDIA A BUONCAMMINO

Il mediatore venne fermato nel capoluogo sardo il 20 febbraio del ’63: neanche il tempo di approfondire la vicenda e il giorno dopo Horn venne trovato morto nella sua cella di viale Buoncammino. «Cause naturali», la sentenza del medico legale. Immediato il tentativo di avere informazioni dalla compagna: le forze dell’ordine furono costrette a sfondare la porta dell’abitazione di Stampace, ma trovarono una sorpresa inquietante. Liselotte Muller era morta: sul comodino la boccetta di un potente veleno. La doppia tragedia divenne un giallo, anche per la strana fine dell’uomo poco dopo l’arresto. 

LA VERA IDENTITà

Per due mesi non si ebbe nessun’altra notizia sulla coppia morta a Cagliari. Sino a quando in Germania una donna, Marie Spiezle, non riconobbe la foto su un quotidiano. Hans Horn era il suo ex marito (da cui aveva divorziato poco prima della guerra). L’uomo nascondeva un segreto inquietante. Il suo vero nome era Velach Stegemann, era stato un alto funzionario della Kraft Freude, un’organizzazione dopolavoristica, diretta emanazione del partito nazista. Allo scoppio della guerra venne inviato in Cecoslovacchia dove avrebbe avuto un ruolo attivo nella politica tedesca, pur non partecipando mai ad attività belliche, anche per l’imperfezione a un piede.

CRIMINALE NAZISTA

Si sa che nel ’45, all’arrivo dei russi in Boemia e Moravia il nome di Stegemann era stato inserito tra i ricercati che dovevano essere assicurati alla giustizia per i crimini di guerra della Germania. L’uomo riuscì però a fuggire, riapparendo con le false generalità di Hans Horn prima nel Baden Württemberg e poi in Sardegna. Per diciott’anni era riuscito a nascondersi, rifacendosi una vita e sfuggendo alla giustizia per le atrocità commesse dal regime nazista. L’arresto a Cagliari fece saltare i suoi piani. Sarebbe bastato poco per accertare la sua vera identità. Secondo le ricostruzioni successive, con tutta probabilità Stegemann-Horne e la sua compagna scelsero di togliersi la vita ingerendo veleno, nel perfetto stile delle alte cariche naziste, quando volevano sottrarsi ai processi sui crimini di guerra. Ma c’è anche chi azzardò l’ipotesi che l’uomo venne ucciso in carcere. «Non serve alcuna autopsia», dispose la procura di Cagliari. E non si fece mai luce sulle vere cause della morte del 57enne tedesco: 

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