Il ricordo del devastante incendio del 1997 – oltre 400 ettari di macchia mediterranea e bosco andati in cenere in poche ore – è ancora presente nei ricordi di chi lo visse in presa diretta. La Pineta di Sinnai, polmone verde del Campidano, amata da chi vive in questo centro abitato di 18mila anime ma anche da chi risiede nei centri vicini e a Cagliari, aveva cambiato volto nell’arco di una giornata: dal verde dei pini al nero del carbone. Una ferita difficile da rimarginare, tanto che ancora oggi, a distanza di quasi 24 anni (era luglio), si vedono chiari i segni del terribile incendio. Migliaia di piante erano scomparse lasciando liberi i terreni sulle colline divenute all’improvviso brulle. Da allora, con fatica, piccoli alberi cercano di prendere il loro posto. Un lavoro che necessita di decine di anni.

Eppure nonostante l’esperienza passata poco pare essere cambiato. A ritmo regolare negli anni tanti roghi sono divampati ai margini di un parco che dalla periferia del centro abitato si estende sino ai territori di Soleminis (da dove era partito il fuoco nel ’97) e alle pendici del Serpeddì. Uno dei più pericolosi risale all’agosto del 2012, quando le fiamme partite da un’auto rubata e bruciata aveva messo a serio rischio l’oasi naturale e reso necessario il massiccio intervento di protezione civile e vigili del fuoco.

Accendino e fiammiferi

Una, due, tre volte nel corso di ogni estate si replica: stantio spettacolo messo in atto da qualcuno che non ha interesse a godere di una simile bellezza e per noia, o chissà quale tornaconto, passa il tempo a usare accendino e fiammiferi per poi osservare da lontano, con vigliaccheria, il risultato del suo genio. Perché è bene intendersi: certe cose non capitano per caso, per volontà divina, per sfortuna. Il fuoco non si sviluppa per l’intervento del demonio, a meno che si voglia ritenere che la mano di certi delinquenti sia manovrata dal re degli inferi. Di altro si tratta, infatti: di qualcuno che per suo piacere dà fuoco alle piante, alle sterpaglie, agli arbusti. Ci sono vari termini per definire gente di questa risma: delinquenti, criminali, banditi, farabutti. Idioti, imbecilli. Ognuno ha un suo vocabolario personale adatto a inquadrare tali personaggi, che agiscono con finalità sconosciute. Edilizia? Costruire sui terreni dati alle fiamme non si può per anni a venire. Pastorizia? Ma che senso avrebbe tentare di bruciare un bosco? Due possibilità in teoria prive di senso.

Le operazioni di spegnimento (foto archivio L'Unione Sarda)
Le operazioni di spegnimento (foto archivio L'Unione Sarda)
Le operazioni di spegnimento (foto archivio L'Unione Sarda)

Tre tentativi

Eppure solo nell’ultima settimana, tra fine maggio e inizio giugno di questo 2021, per tre volte qualcuno ha provato a farlo. L’ultima il 4, con il fuoco partito da un terreno incolto a ridosso della abitazioni. Il vento lo ha spinto verso la pineta e altre case sulla collina sul versante opposto e solo l’intervento di pompieri, volontari e due elicotteri ha evitato il peggio. Avesse scavalcato le recinzioni dei giardini privati avrebbe provocato gravi danni; avesse raggiunto il bosco ne avrebbe causato di inenarrabili. Solo il bis di quanto accaduto pochi giorni prima, quando il fuoco addirittura è stato appiccato dall’interno della pineta, a qualche centinaio di metri in linea d’aria dal punto del terzo tentativo. Il primo risale al 28 maggio, quando è andato in cenere un ettaro e mezzo di alberi. Tre episodi in otto giorni non possono essere un caso, sembra evidente che qualcuno stia provando a creare il disastro. Senza grosse controindicazioni, perché è difficile cogliere sul fatto chi sistema le esche incendiarie e le innesca in un territorio tanto vasto nell’arco di una giornata lunga 24 ore e a fronte di volontari numericamente scarsi. E agli incendiari, che in alcuni casi potrebbero essere piromani (cioè gente malata, con patologie specifiche legate al fuoco), si aggiungono anche gli indifferenti e i distratti, persone le quali senza curarsi delle conseguenze dei propri comportamenti gettano regolarmente in strada cicche di sigaretta che, con le temperature calde (siamo a giugno, qualcuno non se n’è accorto), diventano bombe pronte a esplodere in presenza di erba secca e vento. Quante volte si vedono scene simili ogni giorno? Quante volte automobilisti privi di una normale attenzione per il prossimo e per la natura buttano dal finestrino mozziconi ancora accesi? Quante volte capita facciano altrettanto uomini e donne che incrociamo giornalmente sulle strade? Gente che certamente non si comporta allo stesso modo dentro casa propria, e del resto se anche lo facesse pazienza: i danni provocati alla sua proprietà resterebbero circoscritti al proprio tinello. Ma è chiaro che chi butta gli scarti nel mondo altri trasformandolo in una pattumiera a cielo aperto non fa altrettanto in casa sua. Meglio sporcare all’esterno.

La Baita in cima alla\u00A0Pineta (foto archivio L'Unione Sarda)
La Baita in cima alla\u00A0Pineta (foto archivio L'Unione Sarda)
La Baita in cima alla Pineta (foto archivio L'Unione Sarda)

Il Comune

In tutto questo forse non è banale ricordare, per quel che può valere, l’utilità (si potrebbe parlare di necessità) di ripulire i terreni comunali in tempo utile, senza aspettare che il disastro si compia. A Sinnai, ma certamente è un dato comune a quasi tutti i paesi, non si contano le aree di proprietà pubblica infestate dall’erba secca, in alcuni casi parecchio alta. Combustibile gratis per chi si diverte ad appiccare il fuoco e un serio rischio per chi abita nei dintorni. Le amministrazioni cittadine combattono da anni col patto di stabilità che impone loro di centellinare le spese e il persone è ridotto, ma è notorio comunque che il caldo arriva ben in anticipo rispetto al 21 giugno, data di inizio dell’estate sul calendario. Si dice che prevenire è meglio che curare. Ecco. Tagliare prima – non troppo in anticipo, ovvio, perché poi le sterpaglie ricrescono – potrebbe evitare i danni maggiori provocati dal fuoco. L’ordinanza comunale (quella del 2020) prevede l’obbligo per i privati di ripulire tutto entro il primo giugno. E l’autorità pubblica?

Cagliari vista dalla Pineta di Sinnai (foto archivio L'Unione Sarda)
Cagliari vista dalla Pineta di Sinnai (foto archivio L'Unione Sarda)
Cagliari vista dalla Pineta di Sinnai (foto archivio L'Unione Sarda)

Questione di civiltà

Il Comune tuttavia non è certo responsabile dei gesti criminali degli incendiari. Non è colpa sua se qualcuno appicca il fuoco per divertimento o altri scopi incomprensibili, né se qualcuno sporca la pineta di plastica o di cicche. Sono comportamenti che riguardano ciascuno di noi. E ciascuno di noi farebbe un importante gesto di civiltà se evitasse gesti simili e magari denunciasse a chi di dovere chi invece inquina, sporca, danneggia. E appicca il fuoco.

© Riproduzione riservata