Dolore e commozione, ad Alghero, ai funerali di Alberto Melone.

Una folla silenziosa si è riversata nella chiesa di Santa Maria, per dire addio al giovane ucciso venerdì scorso da un colpo partito dalla pistola maneggiata dal suo migliore amico, Lukas Saba, nel corso di "uno stupido gioco", come lo ha chiamato lo stesso Saba, ora rinchiuso nel carcere di Bancali dopo l'arresto con l'accusa di omicidio.

A presiedere la cerimonia, cui hanno partecipato anche il sindaco Mario Bruno e il neopresidente del consiglio regionale Michele Pais, il vescovo di Alghero-Bosa Mauro Maria Morfino, che durante la sua omelia ha pronunciato parole severe.

"A distanza di 160 giorni ci troviamo a piangere la morte di un altro 18enne. Uno è troppo, due è catastrofico. È il segno che evidentemente dobbiamo fermarci", ha detto il prelato.

Aggiungendo: "Non è questione di alzare dita per indicare rei e correi. In tutto questo ognuno di noi ha una responsabilità".

Il dolore dei parenti (L'Unione Sarda - Calvi)
Il dolore dei parenti (L'Unione Sarda - Calvi)
Il dolore dei parenti (L'Unione Sarda - Calvi)

Il vescovo ha anche parlato del "gusto amaro della vita sprecata, sperperata, bruciata", invitando tutti i presenti a riflettere e a pregare.

In particolare gli adulti. "Al bambino che cammina sull'orlo dell'abisso o che gioca con il coltellaccio il papà e la mamma lo strattonano, non lo accarezzano", le sue parole.

E ancora: "La vita si regge anche su degli interventi dove nell'immediatezza forse qualche strillo, qualche sbattimento di porte, qualche parolaccia ci deve essere. Ma servono anche interventi correttivi", perché non serve "fare i sapientoni", ma agire, "se no piangeremo ancora".

Dal pulpito un monito è stato lanciato anche ai giovani. Che - ha detto il vescovo - troppo spesso basano la loro vita sul "fare i toghi" e sulla "balentia". In questo modo, ha sottolineato Morfino, la "prognosi" per il futuro non potrà che essere "sempre infausta".

Poi, un'altra amara constatazione: "Quando le relazioni sono dettate dai fumi dell'alcol, dai fumi della droga o dal dimostrarsi forti e importanti non ci può essere una riuscita diversa da questa".

Quindi, dopo il tempo della riflessione, il tempo delle lacrime e del silenzio, rotto dagli applausi all'uscita del feretro dalla chiesa, accompagnati dal lancio di palloncini bianchi verso il cielo.

Infine, l'ultima benedizione e gli abbracci ai parenti e agli amici di Alberto, distrutti dal dolore. A loro si sono stretti, affranti e ancora choccati anch'essi per l'assurda tragedia, decine e decine di cittadini.

(Unioneonline/l.f.)

Contributi: Gloria Calvi

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