Luigi Pinna, il sopravvissuto alla strage di Sinnai, conferma la ritrattazione del 14 novembre scorso.  L’ex poliziotto Mario Uda conferma di non avergli fatto vedere la foto di Beniamino Zuncheddu prima del riconoscimento formale. Il confronto tra i due testimoni inizia con due parole identiche, «confermo»,  che ricostruiscono i fatti in modo diverso. L’udienza clou al processo di revisione davanti ai giudici della quarta sezione della Corte d’Appello di Roma comincia alle 15,15 con i due testi uno di fronte all’altro in aula e Beniamino Zuncheddu – allevatore di Burcei  che ha già scontato oltre 30 anni di carcere per quel delitto – seduto in aula, per la prima volta da uomo libero dopo l’ordinanza che ha sospeso l’esecuzione della pena.

E si scopre che Uda ha inviato una lettera alla Corte che ha provveduto a metterla a disposizione del procuratore generale, del difensore e della parte civile.

L’ex poliziotto rivendica la sua lealtà di servitore dello Stato e ricorda che nel 1991 (la strage, con tre vittime, avvenne l’8 gennaio di quell’anno) le indagini si facevano sul territorio, sentendo le persone. Per questo aveva parlato col sopravvissuto ma soprattutto con le sorelle Fadda (congiunte delle vittime), perché bisognava trovare riscontro alle dichiarazioni di alcuni testimoni che avevano parlato di minacce di morte rivolte da Beniamino Zuncheddu a Giuseppe Fadda, uno degli uccisi.  Ma mai avrebbe fatto vedere a un testimone la foto di un sospettato prima del riconoscimento.

È vero però che non aveva creduto alla descrizione del killer fatta dal sopravvissuto e per quello avevano fatto un identikit. Uda ha mostrato in aula quel foglietto.

Ma Pinna ha ribadito più volte che Uda gli ha mostrato la foto di Beniamino Zuncheddu prima del riconoscimento formale: «Non lo avrei mai potuto riconoscere. Sto dicendo la verità». Ma si mostra dispiaciuto perché secondo lui Uda era convinto di quel che faceva «perché è una persona rispettabile».

«Ero convalescente a casa dopo essere stato dimesso dall'ospedale e venne l'ispettor Uda, mi mostrò la foto e mi disse che Zuncheddu aveva minacciato mio cognato e non aveva un alibi», ha detto Pinna, «Per tutto il processo ero convinto che a sparare fosse stato Zuncheddu, ricordo che ad aprire il fuoco era stato un uomo più robusto e più alto di me. Io mi convinsi, se dovessi tornare indietro probabilmente farei lo stesso errore. Poi ho cambiato idea quando sono uscite le intercettazioni».

Alle 18 il confronto (che non è mai stato diretto: Uda e Pinna non hanno mai dialogato tra loro ma hanno risposto uno alla volta alle domande di giudici, pg e avvocati) è finito. A domanda precisa il sopravvissuto non ha voluto dire se pensa che Beniamino Zuncheddu sia colpevole. Il 19 dicembre non ci sarà la requisitoria perché la Corte d’Appello di Roma ritiene di dover essere sentire altri testimoni. 

Maria Francesca Chiappe 

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