Dodici tappe in tutto il Paese per valutare lo stato di salute del terzo settore e soprattutto per capire l’impatto delle azioni e degli investimenti che Intesa Sanpaolo ha dedicato a questo comparto. A Cagliari, Andrea Lecce, responsabile della Direzione Impact dell’istituto di credito, ha giocato in casa, essendo proprio cagliaritano di nascita e, pur avendo lasciato la città a 18 anni per studiare Informatica a Torino, non ha mai spezzato il legame con l’Isola, tanto da rivedere anche i suoi ex compagni di scuola per tifare insieme la squadra rossoblù. L’incontro di Cagliari è stato importante, il decimo delle dodici tappe previste dal Roadshow “Diamo voce all’impatto”. “In questi appuntamenti cerchiamo di dare importanza soprattutto all’ascolto e all’esigenza di partecipazione delle imprese e delle realtà del settore”, spiega Lecce. “A livello nazionale, il terzo settore rappresenta il 5% del Prodotto interno lordo, ma il suo impatto è certamente maggiore perché difficilmente quantificabile in molti casi. I dipendenti delle 360 mila istituzioni non profit in tutto il paese sono 870 mila, mentre in Sardegna le realtà attive sono 11.500, 3.000 solo su Cagliari, con 23.000 dipendenti, di cui 9.000 nel capoluogo sardo”, aggiunge il responsabile della Direzione Impact di Intesa Sanpaolo. Oltre il 40% delle istituzioni non profit sarde ha più di 18 anni e questo dato conferma la solidità del comparto nell’Isola.

Andrea Lecce, responsabile della Direzione Impact di Intesa Sanpaolo
Andrea Lecce, responsabile della Direzione Impact di Intesa Sanpaolo
Andrea Lecce, responsabile della Direzione Impact di Intesa Sanpaolo

I valori

“Nel settore non si può ragionare solo in termini di Pil, è un numero che non rende. Ci sono valori che non possono essere quantificati. Faccio un esempio: i detenuti hanno in Italia un tasso di recidiva dell’80% e ognuno costa 250 euro al giorno. Nelle realtà che impiegano detenuti, assicurando loro un lavoro, il tasso di recidiva scende al 10% e in più non sono un costo per lo Stato perché lavorano, quindi producono e assicurano anche un introito grazie alle tasse versate, ma tutto questo è difficile da quantificare con i semplici parametri del Pil”, spiega Lecce.

Ecco perché la banca ha deciso di avviare l’iniziativa del Roadshow, per incontrare le tante realtà che operano nel nostro Paese e assicurare loro un momento di confronto per comprendere anche come misurare gli investimenti fatti. “Ci sono due temi preponderanti – spiega il manager – il primo riguarda la sostenibilità appunto e in che modo rendicontare il lavoro fatto. In questo settore non si ragiona come per un’impresa quotata, analizzando il fatturato o parametri standard. Il terzo settore ragiona in termini di lavoro assicurato, assistenza. Nel 2022 ad esempio sono stati creati 22 mila posti di lavoro. Uno dei parametri da valutare per definire come rendere visibile l’impatto del settore. Allo stesso tempo, chiediamo alle aziende quali sono le loro esigenze per pianificare i progetti”. All’incontro di Cagliari, a cui hanno partecipato circa 40 realtà e coop del settore, si è cercato appunto di dare molto spazio a questo aspetto.

I cambiamenti

Peraltro, il terzo settore negli ultimi anni ha cambiato pelle. La pandemia ha rappresentato una cesura con il passato. Da un lato infatti è emersa “l’importanza dei servizi assistenziali oppure dei volontari che operano nel 118, ma allo stesso tempo le persone si sono un po’ rinchiuse in se stesse, con la forte diminuzione dei volontari, passati da 5 a 4,5 milioni”. L’auspicio è che si recuperi la voglia di fare, perché è stato sperimentato “nella fase pandemica quanto ci sia necessità di volontari nella comunità”, spiega Lecce. Senza dimenticare poi che “il terzo settore, spesso supplisce ai servizi pubblici. In questo caso, il problema è che le aziende sociali e le coop sono costrette a lavorare con budget che spesso non rappresentano il vero valore del prodotto magari anche con prezzi stabiliti dieci anni prima”.

Studenti

Infine, la Direzione Impact di Intesa Sanpaolo si occupa anche dei prestiti agli studenti. Un’iniziativa che ha permesso a circa 10 mila ragazzi in tutto il paese di portare a termine gli studi universitari, senza garanzie se non quella di impegnarsi nell’apprendimento. Il prestito è destinato a coloro che affrontano un percorso universitario o specialistico e permette anche a chi deve studiare lontano dalla sua città di affrontare tutte le spese, con un budget fino a 50 mila euro (“ma lo stiamo incrementando”, spiega Lecce) e con tassi abbordabili (“intorno all’1% le rate per la restituzione delle somme avute in prestito fino a 30 anni”) molto diversi da quelli praticati in passato negli Stati Uniti. Un’iniziativa che il manager definisce “fuori mercato” ma con ampi risvolti sociali, grazie al plafond di 300 milioni di euro, e con percentuali di restituzione molto alte che permettono di erogare fino 1,5 miliardi di fondi. Lo studio è un investimento e Intesa Sanpaolo ritiene che per il futuro del Paese abbia una funzione sociale molto importante. Si investe sulle nuove generazioni.

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