Non appena anche il museo archeologico di Nuoro potrà riaprire, alla fine dei lavori di ristrutturazione del palazzo Asproni nell'omonima via, una visita la si dovrà fare anche per ammirare il nuovo allestimento di una delle meraviglie in esposizione: la sepoltura di Sisaia, signorina passata su questa terra 1.600 anni prima di Cristo. Età del Bronzo, Cultura di Bonnannaro. Il suo scheletro - ricomposto in una grande teca - racconta di una vita di tribolazioni e sofferenza: le ossa del bacino mostrano le stimmate di un cancro, le gambe le malformazioni del rachitismo, l'avambraccio sinistro il rigonfiamento di una frattura rimarginata, e la testa - è questo il particolare più suggestivo - l'incisione tondeggiante di una trapanazione chirurgica, una ferita ben rimarginata. La nostra antenata, insomma, subì un intervento delicatissimo e, considerata la cicatrizzazione della rondella, era guarita perfettamente. È questo che la rende speciale, ciò che ha fatto di Sisaia uno scheletro di fascino e, soprattutto, un'attrazione per la scienza. Sono tanti, infatti, i chirurghi di tutto il mondo arrivati nell'ultimo mezzo secolo a Nuoro per esaminare le sue ossa e quel cerchio rimarginato del cranio. Anni fa, per dire, la testolina - imballata come una preziosa opera d'arte - partì per Cagliari, scortata fino all'ospedale San Giovanni di Dio dove una schiera di medici la attendeva per uno studio con decine di esami Tac. La sepoltura di Sisaia fu ritrovata nel 1961 dal Gruppo grotte nuorese nell'anfratto di una parete del Supramonte, a Lanaitto, versante di Dorgali. Assieme allo scheletro c'era il corredo funerario, dotazione per il passaggio all'eternità: una piccola macina, una ciotola, un tegame.

La sepoltura di Sisaia nel vecchio allestimento del museo di Nuoro
La sepoltura di Sisaia nel vecchio allestimento del museo di Nuoro
La sepoltura di Sisaia nel vecchio allestimento del museo di Nuoro

"Una sepoltura singola, un privilegio in un'epoca in cui i sepolcri erano collettivi: questo ci dice che doveva essere un personaggio di spicco della sua comunità», spiega Stefano Giuliani, direttore del museo nuorese. Lo si deduce anche dall'intervento di trapanazione cranica, dice l'archeologo, peraltro molto diffuso nel mondo preistorico. Erano invece rarissime le successive guarigioni. "L'intervento su Sisaia è stato eseguito particolarmente bene. Abbiamo altri esempi di queste operazioni, anche in epoche un poco successive, e in Sardegna, a Porto Torres. Ma si tratta di interventi molto grossolani, oppure fatti come estrema ratio quando per il paziente non c'era più nulla da fare, ad esempio si incideva una rotellina nel cranio quando era necessario alleviare la pressione in presenza magari di una neoplasia. Però non c'era il passo successivo, quello della saldatura. Invece nel caso di Sisaia sì, c'è stata una perfetta cicatrizzazione".

Non si sa con certezza perché la nostra antenata fu sottoposta all'operazione. L'archeologa Maria Ausilia Fadda, già direttrice del museo nuorese e la prima a essersi presa cura delle spoglie di Sisaia (con un iniziale allestimento della teca nel vecchio museo di via Leonardo da Vinci, a metà anni Settanta), un'idea se l'era fatta. «La vistosa spugnosità delle ossa temporali - spiegò - ci suggerisce l'ipotesi di una sinusite degenerata e quindi di violentissimi mal di testa. Ma spesso, nell'antichità, questo tipo di intervento veniva praticato su pazienti che soffrivano di epilessia". In ogni caso, Sisaia ha la sua cartella clinica con tanto di anamnesi e referti che raccontano di una donna alta 1,50, morta intorno ai trent'anni, senza figli (le ossa del bacino, spiegano gli esperti, non mostrano le quasi impercettibili lesioni che emergono quando si partorisce), zoppa e rachitica.

Con i lavori di ristrutturazione del museo sarà previsto anche un nuovo allestimento di questa speciale attrazione? «Sì - annuncia Stefano Giuliani -. Per Sisaia è stata progettata una teca più grande, completamente in vetro perché possa essere vista da tutte le angolazioni». L'idea principale, spiega il direttore del museo di Nuoro, è «quella di ricostruire, nella maniera il più possibile fedele, le condizioni del rinvenimento». Certo, Sisaia è stata studiata per la particolarità dell'intervento al cranio, «ma anche la deposizione singola la mette in un'ottica particolare visto che è vissuta nell'Età del Bronzo antico quando non era comune la sepoltura individuale. Per questo andrebbe riprodotta nella maniera più fedele possibile la posizione in cui è stata seppellita». Sisaia era semirannicchiata, spiega Giuliani. «Un particolare che nelle culture preistoriche e protostoriche aveva molta importanza. Ci aiuta la descrizione del ritrovamento, il testo scritto, perché il recupero è stato un po' fortunoso e non c'è una documentazione dello scavo come l'avremmo fatta oggi. Anche le due fotografie, in bianco e nero, sono poco leggibili». Finora il suo scheletro è stato mostrato in posizione distesa. «Vorrei rimetterla appunto nella posizione in cui fu ritrovata». Ma chi era Sisaia? «Non mi sono fatto un'idea precisa - dice Stefano Giuliani -. Sicuramente doveva essere un personaggio di spicco, intanto per la sepoltura individuale e poi per la perizia dell'intervento che ha subito. Va detto, però, che la sepoltura singola potrebbe anche voler dire l'opposto, e cioè che Sisaia fosse un personaggio non ritenuto degno di stare con gli altri. Era quello che succedeva in tutt'altra epoca, nel Medioevo, quando per esempio le persone che soffrivano di epilessia non venivano sepolte nei cimiteri perché la loro sofferenza era ritenuta una manifestazioni demoniaca>. Principessa o reietta? Chissà.
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