Io sono ancora qua. Lo dice lui stesso, quasi non ci credesse neppure. Vasco Rossi ha varcato la soglia dei settanta con la consueta ironia, in un coro unanime di auguri. Colui che prima divideva ora unisce, in un perfetto contrappasso anti rock & style. Piace a tutti il Vasco nazionale. Superata la soglia psicologica dei 27, quella matura dei 40 e il passo alpino dei 50 Vasco naviga, come un suo illustre predecessore, verso il placido mar degli Stones, in cui le rockstar non hanno età. In un Paese dove non esiste un limite di legge per rockeggiare e governare Vasco conquista sempre nuovi fan. Tenendosi stretti quelli di Bollicine e quelli che da Vivere in poi amano il suo lato più tenero. Vasco è un rito collettivo, esiste perché non c’è un altro concerto come il suo. L’Italia ha bisogno di certezze, di Mattarella bis e Morandi portiere ottuagenario. Perché andranno pure bene i Maneskin ma Vasco è Vasco, cribbio.

Vasco arriva da un paesello, non da New York. Da Zocca è volato fin sopra il mastodontico Modena Park del 2017, una specie di Woodstock dedicata. In mezzo è successo di tutto. Ha studiato dai salesiani di Modena, non con grande profitto, ma l’impronta di Don Bosco è comunque visibile nel sapere raccogliere foglie come neanche Valentino. E poi l’Università, le radio, la band, Massimo Riva, il Gallo, il mare, i concerti.

Il 6 febbraio, in una bella intervista al Resto del Carlino, Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, racconta.  “Tutta la mia vita è stata accompagnata dalle parole, dai suoni, dai successi di Vasco. Inevitabilmente. A maggior ragione per chi, come me, è del 1967, modenese, e da bimbo faceva villeggiatura a Zocca. Ricordo perfettamente quando venne fondata proprio lì Punto Radio. Peraltro, se il concerto al mondo con più biglietti venduti (225mila spettatori) è il Modena Park, cos’altro serve dire? Vasco rimarrà per sempre uno dei più grandi artisti, avendo scritto parte della storia della musica italiana e non solo. E va bene così, senza parole..”.

Il 6 febbraio Vasco ha compiuto settant’anni. Il problema non è il suo. È il nostro. Che tra un oh e un dabadabadaba… ne abbiamo 40 e fischia. Il 6 febbraio del 1993 usciva Gli spari sopra. Il disco della seconda vita. Molto più calma. “Io non sono più, quello che andava sempre a letto tardi e dormo di più. Guarda che bella sorpresa la vita, che a un certo punto ti giri ed è finita. (Ci credi)”. Vasco spiega così come si arriva a settanta.

In maniera diversa da Sting, ma decorosamente. Con la saggezza lontana da “Con in bocca un gusto amaro che fa schifo chissà cosa è stato quello che ho bevuto” (Fegato Spappolato) ma anche da “credi che basti avere un figlio per essere un uomo e non un coniglio” (Deviazioni). Tutto scorre, Vasco pure.

“Sono 70 volte che la terra mi fa girare intorno al sole e... la testa non mi gira ancora”, ha scritto su Instagram il giorno del suo compleanno. Che festeggerà suonando come ha sempre fatto. Il  ‘Vasco live 2022 tour’, lo dovrebbe portare e ad Ancona il 26 giugno. L’obiettivo di Vasco è sempre il palco.

Per avere una percezione del tempo che passa, tempo che il rocker sembra aver ingannato, Vasco nel 1982 era a Sanremo con Vado al massimo, pezzo nel tempo rivalutato anche dal quel tale che scrive sul giornale, come lui proprio non voleva diventare. Ma oggi nessuno lo critica, ci mancherebbe. E piccoli Vasco sono tutti coloro che a Sanremo sperano di arrivare ultimi, per chissà poter bissare il miracolo di una vita spericolata, ma non troppo.

Scrive Il Carlino, versione house organ del cantante.
“Dentro Vasco c’è tutta la forza, la bonomia, il talento, la ribellione, la verità, la bellezza, i difetti, la capacità di prendere posizione senza paura tipica dell’Emilia-Romagna e della sua gente. Da ‘Jenny’ all’inno ‘Vita spericolata’ fino a ‘Gli angeli’, Rossi ha raccontato un mondo vero senza sconti, ne ha sbalzato gli spigoli, ha camminato su "tetti e case e grandi le periferie" dove "dietro non si torna"”.
 

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