È una delle sette meraviglie del mondo, tutelata dall’Unesco, ma questo non è bastato a proteggerla da un errore di battesimo: il nome con il quale l’insediamento archeologico di Machu Picchu è universalmente conosciuto potrebbe essere sbagliato. Come è accaduto?

Fondata dall'imperatore Inca Pachacútec intorno all'anno 1440, la città è rimasta abitata fino alla conquista spagnola del 1532. E la sua posizione arrampicata sulle alture dell’Urubamba è stata un segreto militare ben custodito: i profondi dirupi che la circondano sono stati per secoli la sua migliore difesa naturale. E infatti, una volta abbandonato, quel luogo rimase sconosciuto a lungo, circostanza che di fatto ha alimentato la leggenda. Fino al 1911, quando l’esploratore americano Hiram Bingham raggiunse la città, facendo così conoscere lo straordinario tesoro della civiltà Inca al resto del mondo e aprendo la strada a un futuro turistico per il Perù.

Ora quel luogo magico, testimone di un grande regno, torna al centro di un nuovo studio. Secondo lo storico Donato Amado Gonzales, in forze al ministero della Cultura del Perù, e l’archeologo Brian S. Bauer, dell’Università dell’Illinois, il vero nome della città arroccata a 2.500 metri dal mare, in cima alle montagne nebbiose delle Ande, sarebbe Huayna Picchu e non Machu Picchu. Una tesi messa nero su bianco in un articolo pubblicato sulla rivista Nawpa Pacha: Journal of Andean Archeology. I due studiosi sono arrivati a questa conclusione dopo aver consultato documenti, mappe e atlanti custoditi in archivi diversi del Perù. Analizzando i toponimi su mappe che risalgono all’inizio del XIX secolo, atti di proprietà di terreni e titoli risalenti al XVII secolo, sono giunti alla conclusione che il nome Machu Picchu altro non è che il frutto di un malinteso e che il vero nome è Huayna. «Ci sono dati significativi che lo dimostrano», hanno spiegato i due studiosi in una nota dell’Università dell’Illinois.

Tra i documenti più importanti presi in esame c’è un atlante datato 1904, ovvero sette anni prima dell’arrivo dell’esploratore americano, in cui rovine di un’antica città Inca vengono indicate sulla mappa come Huayna, toponimo supportato da quanto scritto nei diari dagli spagnoli dopo aver conquistato le terre degli indigeni. Spiegano con chiarezza Gonzales e Bauer che in «uno straordinario resoconto della fine del XVI secolo, i conquistadores affermano che gli indigeni della regione appena passata al dominio spagnolo pensavano di fare ritorno all’antico sito di cui non si era mai smesso di parlare, e lo indicavano come Huayna». Invece, del nome con il quale è universalmente conosciuto non risulta alcuna traccia nei documenti storici.

L’equivoco non può che essere nato oltre un secolo fa, nel 1911, con l’esplorazione dello studioso americano Bingham. Parlando con un contadino della regione del Cusco delle leggendarie rovine, l’esploratore annotò il nome di Macho Pischo, la cui pronuncia era simile a Picchu. Da allora quel nome è stato utilizzato per riferirsi alla città Inca, errore rafforzato dal fatto che Machu Picchu (letteralmente montagna vecchia) è anche il nome della vetta più alta della zona, mentre quella più vicina alle rovine si chiama Huayna Picchu ed è verosimile che abbia dato anche il nome alla città.

Una volta stabilito l’errore di battesimo, come bisogna indicare l’eredità Inca? Interrogata dal Guardian sulla necessità di cambiare o meno il nome, la storica peruviana Natalia Sobrevilla, docente di Storia latinoamericana all’Università di Kent ha così risposto: «Tutti i nomi sono inventabili e modificabili, non fa tanta differenza. Oggi Machu Picchu è un nome affermato ed è legato all’identità peruviana. Che ragione ci sarebbe di cambiarlo»?

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