Il 29 ottobre a Cagliari è stata inaugurata la mostra “12 Reportages dalla Marmilla”, ovvero 240 scatti realizzati da dodici fotografi sardi. Le immagini sono rimaste esposte fino a ieri nelle accoglienti sale del Castello di San Michele. Un appuntamento durante cui gli appassionati di fotografia hanno avuto modo di apprezzare uno dei tanti progetti portati a termine grazie alle numerose iniziative promosse in un territorio alle prese con un inarrestabile spopolamento, ma particolarmente vivace dal punto di vista culturale. Ormai da qualche anno la Marmilla è diventata una sorta di capitale sarda della fotografia. Grazie a festival, mostre, workshop, laboratori, letture di portfolio e presentazioni di libri, questo angolo dell’Isola rappresenta un solido punto di riferimento per la fotografia contemporanea nell’Isola.

Festival e rassegne

La Marmilla si è affacciata al mondo della fotografia con il festival BiFoto di Mogoro. Un’avventura iniziata nel 2011 grazie all’intuizione di Stefano Pia e Vittorio Cannas. La rassegna si è imposta all’attenzione degli appassionati sin dalle prime edizioni ospitando autori sardi, nazionali e internazionali. Con il passare degli anni il festival è cambiato. Da qualche tempo è diventato itinerante. La base resta sempre a Mogoro, in particolare negli accoglienti spazi della fiera dell’artigianato, ma vengono organizzate tantissime mostre anche nei paesi vicini. Nel 2019 la rassegna ha coinvolto Gonnostramatza, Pompu e Simala. Nell’edizione di quest’anno è entrata a far parte di BiFoto anche Masullas. «Ci interessa coinvolgere il territorio – spiegano Pia e Cannas – non è facile, ma cerchiamo di portare avanti il nostro progetto. Con il passare degli anni e con l’esperienza stiamo cercando di far crescere la nostra proposta culturale. Non abbiamo grandi risorse economiche, ma siamo riusciti a portare il nome del BiFoto in tutto il mondo. Tantissimi fotografi stranieri hanno esposto qui Mogoro. Stiamo lavorando per l’edizione 2023».

Ha puntato invece sulla fotografia contemporanea in Sardegna la rassegna “A. Banda”, promossa dal Consorzio Due Giare sotto la regia di Salvatore Ligios, presidente dell’associazione culturale Su Palatu. Poche settimane fa è stata archiviata con grande successo l’edizione 2022 con le mostre ospitate nel centro culturale Move The Box di Villaverde e le esposizioni del progetto “Marmilla” (i dodici reportages esposti da qualche giorno a Cagliari nel Castello di San Michele). Il titolo rassegna “A. Banda” (che in sardo significa “a margine”, “da una parte”) lascia subito intendere il format dell’iniziativa, ovvero una festival che scommette su territori marginali, lontani dalle grandi città. I protagonisti sono piccoli paesi come Albagiara, Curcuris, Pompu, Villaverde, Assolo, Gonnosnò, Sini, Usellus, Baradili, Baressa, Senis e Villa Sant’Antonio.

L’analisi del fenomeno Marmilla

Salvatore Ligios è probabilmente uno dei più grandi esperti di fotografia in Sardegna. Fotografo, curatore di mostre, docente, editore e visionario quanto basta per affrontare sfide apparentemente impossibili. Come “A. Banda”.

Il fatto di operare in paesi che tra qualche anno non potrebbero esserci più non lo scoraggia. A Villaverde, durante l’inaugurazione della mostra collettiva (oltre cinquanta autori) c’erano centinaia di persone. Tante altre sono arrivate nel piccolo centro della Marmilla nei giorni successivi. Bifoto e “A. Banda” hanno richiamato migliaia di persone. Segno che in questi paesi la fotografia trova terreno fertile. Cosa che non accade nelle grandi città, dove scarseggiano spazi e iniziative, tranne rari casi.

Come è stato possibile? «I motivi sono diversi – afferma Salvatore Ligios - alcuni si presentano contingenti e nascono dalla realtà quotidiana dei territori dove queste proposte nascono e crescono. La città è una struttura complessa e sempre più piramidale. Per catturare l'attenzione ed emergere dalla massa bisogna avere potere e numeri. Nei territori composti da piccole comunità la distribuzione dei ruoli politici, economici e culturali sono in buona sostanza orizzontali e semplificati. Davanti a queste due realtà di vita comunitaria contrapposte, le iniziative culturali e ricreative si sviluppano più facilmente dove le alleanze si formano senza perdite di tempo e dove si riducono i tempi burocratici della macchine amministrativa.

Nel caso dei progetti proposti dall'associazione Su Palatu Fotografia non c'è, in origine, una preclusione a coinvolgere le città nel realizzare campagne e mostre fotografiche. Non è certo l'impegno economico dell'intervento - costi sempre modesti - a frenare il dialogo; piuttosto è la lungaggine - mesi e in alcuni casi anni - delle trattative, imbrigliate tra competenze diluite tra uffici e assessorati vari a rendere impraticabile una via utile per trovare accordi tra le parti».

Secondo Salvatore Ligios per quanto riguarda la promozione della fotografia «un elemento storico si aggiunge alla sua presenza "marginale" in città. Paga il prezzo di una mancanza di cultura fotografica radicata in tutto il territorio. Nella sua breve storia isolana è stata privilegiata la fotografia dei grandi nomi internazionali spinti dalla moda o dall'attualità del momento, antologiche di autori del passato, qualche modesto contributo a personalità locali da morti o quasi morti. Praticamente ignorata la mappatura sistematica degli autori isolani che hanno utilizzato il linguaggio fotografico per raccontare la contemporaneità, il mondo circostante, quelli che esplorano il mondo d'arte attraverso il medium analogico e ora digitale, per documentare e interpretare il territorio nelle sue declinazioni sociali ed evolutive. Nella realtà dell'oggi i territori lontano dalla città si stanno rivelando i nuovi laboratori low budget dove riflettere e leggere il contemporaneo guardando al futuro».

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