Fiori e piante a rischio, in Sardegna una legge di tutela in grave ritardo
Dall’orchidea di Osini alla genziana del Gennargentu, tante le specie endemiche scomparse o sull’orlo dell’estinzionePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’orchidea più rara d'Italia era una sorvegliata speciale fino a qualche anno fa. I suoi fiori purpurei sbocciavano solo in Sardegna e precisamente nei Tacchi di Osini. Un piccolo santuario botanico, che l’Ente Foreste aveva recintato con una rete, conosciuto solo da pochissimi esperti e da appassionati di provata onestà. Non è servito a niente: quest’anno l’orchidea palustre Dactylorhiza elata subsp. Sesquipedalis è stata dichiarata estinta. Negli anni ’80 se ne contavano una trentina, ridotte a tre nel 2020. Nel 2025 non è stato avvistato alcun esemplare.
Un gioiello di biodiversità andato perduto, mentre tante altre sono le specie vegetali selvatiche a rischio di estinzione, dalla genziana maggiore, dai fiori di un giallo intenso, che oggi resiste solo in qualche località del Gennargentu, all’anchusa crispa di Alghero, dal ribes sardoum di Oliena al cardo del Gennargentu.
Un inestimabile patrimonio a rischio che, finalmente, a cinquant’anni dalla prima proposta di legge, viene riconosciuto degno di tutela normativa. La nostra era l’unica regione in Italia a non avere una legge per la conservazione della flora autoctona, una disciplina (almeno sulla carta) arrivata nei mesi scorsi con il via libera del Consiglio regionale. «Un traguardo importante», ha sottolineato il professor Gianluigi Bacchetta, direttore del centro di conservazione delle biodiversità dell’Università di Cagliari, che a partire dal 1999 ha curato i sei testi di legge presentati, l’ultima stesura del 2022 col compianto professor Ignazio Camarda, botanico dell’Ateneo di Sassari scomparso a gennaio.
Si vedrà alla prova dei fatti quale tutela verrà garantita a questa porzione del nostro patrimonio vegetale, e quale sostegno verrà assicurato alla rete (dai due Atenei a Forestas, ai parchi regionali) che già lavora sul campo. «Va detto che abbiamo sopperito a un vuoto legislativo diventato oramai insostenibile», sottolinea Bacchetta. E pensare che la Sardegna, insieme alla Sicilia, ha la più grande varietà floristica in Italia e quella di maggiore rilevanza in tutto il Mediterraneo. Una flora che annovera 2.500 specie autoctone, di cui ben 346 endemiche. «Un patrimonio che può essere tutelato solo da una legge regionale».
Tante le specie sull’orlo dell’estinzione, e alcune oramai scomparse. «Come l’orchidea di Osini, che si trovava nei Tacchi in un territorio di pochi metri quadrati, e della quale da anni non vediamo più esemplari», spiega il professore. «Oggi viene considerata estinta in natura, ma nella nostra banca del germoplasma ne conserviamo il materiale genetico». Di questa orchidea unica al mondo e di tante altre piante in pericolo. «Una è il ribes sardoum di Oliena, specie endemica esclusiva del monte Corrasi: ottanta individui in appena 200 metri quadri». È la condizione di quasi tutte le specie a rischio. «Pochi esemplari in uno spazio di poche centinaia di metri quadrati, spesso in contesti dove è forte la pressione turistica», puntualizza Gianluigi Bacchetta. «Penso alla anchusa crispa di Alghero, che vive solo sulle coste della Sardegna nord-occidentale. Con l’Università di Sassari abbiamo studiato un progetto di conservazione e abbiamo messo a dimora settanta piantine moltiplicate nella banca del germoplasma». I laboratori, a Cagliari, dove vengono custoditi i semi e allevate le piantine poi sistemate nella terra d’elezione. È la pressione antropica del turismo a mettere in pericolo la nostra flora. «Abbiamo specie, come l’anchusa litorea, prima presente in tutte le spiagge della Sardegna occidentale, estinta proprio per effetto del turismo di massa. Oggi resiste solo nella colonia penale di Arbus, e in banca conserviamo il seme».
Anche in montagna le minacce non mancano. «Sul Gennargentu ci sono diverse specie in grave pericolo: una è la genziana, le cui radici sono sempre state raccolte per farne il liquore». È a rischio di estinzione e c’è una ragione. Nel secolo scorso, dagli anni Venti ai Settanta, le industrie farmaceutiche e i produttori di liquori pagavano bene i raccoglitori a cottimo che difatti, per guadagnare di più, passarono come trattori per i prati montani. Tutto questo nonostante la genziana sia stata inserita nell’elenco delle piante officinali riportato dal Regio decreto del 1932 che, ancora oggi, disciplina la raccolta delle erbe spontanee con proprietà terapeutiche, cosmetiche e aromatiche. Così, pur godendo di una minima tutela per le specie protette, la pianta che cresceva nei monti dell’Isola, soprattutto nella zona centro-orientale (non per niente c’è un Monte Genziana, tra Villagrande Strisaili e Talana), è ormai quasi scomparsa. C’è tuttavia un importante progetto di tutela. «Insieme alla Regione e a Forestas», spiega Bacchetta, «l’abbiamo moltiplicata e reintrodotta nei comuni di Villagrande e Talana».