“Zio Tosino era un grande” diceva Vidèo Anfossi.  lI forte desiderio di legittimare la figura di Tosino Anfossi è stata da sempre nel cuore di suo nipote, venuto a mancare qualche mese fa. L’artista sassarese, nato e vissuto in una famiglia di talenti eccezionali, mal sopportava l’idea che la figura dello “zio Tosino” (che negli anni Venti fondò il marchio “Atte” insieme a Eugenio Tavolara) cadesse quasi nell’oblio.

Francesca Iurato illustra i lavori di Tosino Anfossi (foto a. r.)
Francesca Iurato illustra i lavori di Tosino Anfossi (foto a. r.)
Francesca Iurato illustra i lavori di Tosino Anfossi (foto a. r.)

Il  suo sogno è diventato realtà, purtroppo 23 giorni dopo la sua scomparsa, grazie all’impegno del Murats di Samugheo, diretto da Baingio Cuccu.  

Vidèo Anfossi aveva iniziato a pianificare questa mostra dall’estate dello scorso anno, incontrando prima il direttore del Murats e poi, a ottobre, Francesca Iurato, la curatrice di quello che sarebbe stato l’evento più atteso dell’ultima stagione della sua vita.

Nella soffitta della sua casa museo, alla Landrigga, Vidèo aveva custodito con cura il patrimonio creativo ereditato da Tosino, artista poliedrico, scultore, pittore disegnatore. Un grande repertorio di balocchi, disegni e ricami, che fino al 18 luglio prossimo resteranno esposti nelle sale del museo di Samugheo.  

“Abbiamo utilizzato tutti pezzi di famiglia- racconta -Francesca Iurato-  davvero tanti e devo dire, e in ottimo stato di conservazione, grazie alla cura che Vidèo ha avuto nei confronti di questo patrimonio. Poi abbiamo integrato la mostra con alcuni pezzi di una collezionista cagliaritana, Rosalba Scalas, che ha messo a disposizione altri 4 fantocci”.

Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)
Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)
Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)

Si erano incontrati lo scorso ottobre e Vidèo Anfossi, entusiasta dell’idea di esporre la collezione di famiglia,  le ha raccontato il grande attaccamento che aveva verso lo zio.

“Perché abbiamo scelto di parlare di Anfossi, trascurando un po’ Tavolara? Perché di Tosino Anfossi non resta quasi nulla, se non qualche articolo nei giornali dell’epoca e i racconti della famiglia . Manca una storia documentale, ecco perché il museo ha deciso di realizzare il primo catalogo su questo straordinario personaggio, morto molto giovane, purtroppo”

Tosino Anfossi nasce nel 1892 a Sassari e muore nel 1934, a soli 42 anni, in seguito ad una malattia maturata durante i 4 anni trascorsi  al fronte.

“I segni del viso dell'artista, duri e spigolosi, marcano il tempo e il vissuto affrontato al confine – scrive Iurato nella sua biografia -  Lo sguardo di Tosino nel suo autoritratto sembra raccontare ciò che avverrà del suo tragico destino: uno sguardo profondo e pensoso, i lineamenti asimmetrici incupiscono il volto e l'animo dell'artista. La fronte, arcuata, scura, accentua un malessere interiore dell'artista”.

Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)
Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)
Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)

Tosino Anfossi si laurea in chimica a Cagliari nel 1921 con una tesi sulle sostanze coloranti adoperate in Sardegna.

“Le sostanze coloranti vegetali costituivano nella nostra isola quasi l'unico materiale adoperato specialmente per la tintura dei costumi che il nostro popolo gelosamente conserva – continua  Francesca Iurato -

E proprio in quegli anni in una Sardegna ancora selvaggia e desolata, nasce una forma d'arte profondamente umana ed originalissima dal forte carattere identitario: il giocattolo sardo”.

La tesi scientifica di Anfossi “si ricollega alle vesti e ai tessuti dei suoi pupazzi: l'amore per la tradizione” spiega la curatrice.

Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)
Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)
Uno dei lavori di Tosino Anfossi (foto concessa)

All'alba degli anni 'Venti, Tosino Anfossi con Eugenio Tavolara fonda “Atte“ una produzione di arti applicate che accanto al giocattolo comprende anche oggetti ricamati, in cuoio e pelle, grafici, cuscini che raffigurano profili di teste di donne in costume.

I due artisti continua il racconto di Francesca Iurato “crearono un vero e proprio popolo di legno policromo vestito di feltro, tela e altre stoffe dai colori sgargianti con il sostegno e il supporto di Gavino Clemente (ebanista sassarese)  che diede loro lo studio per produrre i primi giocattoli sardi”.

Anche negli anni della bottega, lo stile di  Tosino Anfossi  si differenziava molto da quello di Tavolara, nei colori e nelle forme.

“Al tempo questi balocchi, che comunque rappresentavano una Sardegna molto vera, fatta di abiti tipici e mestieri del tempo, erano apprezzati sia dai grandi che dai piccoli – spiega la curatrice – i bambini adoravano quei giocattoli di legno, gli animaletti curiosi; i grandi amavano la personalità di quelle figure cosi evocative del folclore dell’Isola”.

I disegni preparatori di Tosino Anfossi (foto concessa)
I disegni preparatori di Tosino Anfossi (foto concessa)
I disegni preparatori di Tosino Anfossi (foto concessa)

Le opere di Tosino erano tanto ricercate, ma lui era totalmente sconosciuto tanto che “qualcuno pensava addirittura che fosse una donna” racconta Iurato.

Il marchio ebbe quindi un grande successo, ma dopo qualche anno i due colleghi si separarono creando due case: Tavolara si rivolse più verso l’artigianato, Anfossi approfondì ulteriormente il design dei suoi balocchi. Viaggiò molto e naturalmente, la sua arte, venne influenzata dalle tendenze internazionali del tempo.

L'apice del successo lo raggiunse nel 1925 quando Anfossi e Tavolara vinsero la medaglia d'oro alla Mostra Internazionale di arte decorativa a Parigi.

Nel 1930 dall'Esposizione Internazionale di Barcellona arrivò una seconda medaglia.

Poi la separazione: da una parte la Ditta “Anfossi Arte Applicata” e dall’altra la “Casa Alba”.

Nel 1931 Anfossi vinse il diploma di medaglia d'oro per le bambole sarde. Collezionò altre riconoscimenti in giro per l’Italia, tra Bari , Firenze, Lucca, Roma. La sua brillante carriera è stata interrotta dalla sua morte prematura, nel ’34.

“Il corteo funebre dell'artista – si legge nella biografia di Francesca Iurato – fu aperto dalla Banda del quarantacinquesimo di Fanteria, un plotone dell'artiglieria alla quale Tosino era appartenuto in qualità di ufficiale.  Il funerale venne seguito da una foltissima schiera di professionisti, artigiani e cittadini di ogni categoria”.

La ricerca approfondita di Francesca Iurato e Baingio Cuccu andrà a costituire l’ossatura del catalogo documentale che a breve verrà realizzato a breve dal Murats.

Cuccu e Iurato hanno analizzato con cura il mondo creativo dell’artista “un mondo animato da inesauribile fantasia e da un'ironia tenera e pungente” scrivono nel testo critico che accompagna la mostra. Attraverso i suoi fantocci “tutta la Sardegna ci passa dinanzi agli occhi. Linee essenziali, poche, squadrate, che  demarcano il profilo di lavoratori e mestieri dell’isola”

Ma la mostra non espone solo balocchi e tessuti.

Ci sono anche un centinaio di disegni: bozze a matita delle forme che poi venivano realizzate in legno, un patrimonio documentale conservato con cura dal nipote Vidèo.

“Le bambole si situano nel confine labile tra matrioska e fumetto nel volto paffuto e nel corpo goffo – scrive Iurato – gli animali non hanno un'anatomia realistica e precisa. Sono simili a quei disegni elementari che illustrano le fiabe per i bambini, nella prima fase d'infanzia in cui il bambino impara a disegnare, colorare, conoscere il mondo”.

Le opere di Tosino -va avanti la ricerca di Cuccu e Iurato- “sono risultato di una sintesi dell'oggetto tradotto in miniatura, una dolce poesia folkloristica. La sua è un'arte multiforme che, spontanea, viene dal cuore in un mosaico di carattere e d'identità sarda. Nelle sue figure c’è un’esplorazione di mestieri e professioni ormai in disuso: come il venditore di mestoli e il suonatore di launeddas”.

Il suo è uno sguardo verso l'Avanguardia Europea: “visi al limite della deformazione, una sorta di maschera intagliata a metà tra la tradizione isolana e quella della statuaria tribale africana. Accenni di Cubismo nella geometria dei volti, con accenti Espressionisti, nella deformazione dei tratti”.

Non mancano i ricordi del suo passato più triste, la guerra che Tosino non dimentica e ripropone nelle linee dei fanti “i suoi soldati hanno le vesti più scure e un portamento cupo, arcigno e sconsolato, rispetto agli altri ninnoli, sempre rappresentati con una modernità tridimensionale, un po' come le costruzioni Lego dei nostri giorni”.

Le creazioni di Tosino Anfossi, conclude Francesca Iurato “sembrano tutte un po’ autobiografiche: una sardità che sente tutta sua, identitaria sì, ma volta all’Universale”. 

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