Meglio di un film di fantascienza, il presente supera l’immaginazione. L’impatto pilotato della sonda Dart (double asteroid redirection test) della Nasa contro il piccolo asteroide Dimorphos per deviarne la traiettoria è il primo esperimento di difesa planetaria a 13 milioni di chilometri dalla Terra. Un tentativo che domani potrebbe salvare l’uomo dall’estinzione (vi dice qualcosa la scomparsa dei dinosauri?), il canovaccio di Armageddon e i suoi fratelli di successo al cinema che irrompe nella vita reale.

Il fotoreporter

È avvenuto sotto l’occhio elettronico del minisatellite LiciaCube dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). Costruito dall’azienda Argotec di Torino, è la somma dell’impegno e delle competenze dell’Istituto nazionale di astrofisica, del Politecnico di Milano, delle Università di Bologna e Parthenope di Napoli, Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifac). Simone Pirrotta, responsabile della missione LiciaCube per l’Asi, spiega: «È il primo satellite tutto italiano ad aver operato in totale autonomia a una distanza così grande, gestito da un centro di controllo in Italia. Mentre la sonda Dart si avvicinava al suo obiettivo ha catturato immagini dell’asteroide fino a pochi secondi prima dell’impatto. In quel momento LiciaCube era a poco meno di mille chilometri dal punto della collisione. Con il suo reportage in tempo reale, ha fornito informazioni quantitative sull’efficacia della tecnica di deflessione e sulla natura dell’asteroide». 

Le immagini

Pirrotta l’ha raccontato all’Ansa: «La tecnologia di puntamento denominata SmartNav della sonda Dart ha funzionato alla perfezione. A Torino abbiano seguito con emozione la fine della missione Nasa, con la consapevolezza che nel frattempo il nostro piccolo reporter stava documentando un momento storico: è la prima volta che il genere umano modifica lo stato orbitale di un corpo celeste». Una fetta del successo dell’esperimento è italiano: «Nei quattro minuti prima dell'impatto, LiciaCube ha iniziato l’inseguimento dell’asteroide guidata non più dalle traiettorie precaricate a bordo, ma dall’Imaging System, il sistema di guida e controllo di assetto basato sulle immagini in tempo reale». Il buio spaziale è stato rischiarato da un’improvviso aumento della luce, poi una nuvoletta luminosa di polveri ha dato il segno che la missione era riuscita. Sulla Terra le immagini sono state raccolte dal progetto italiano Virtual telescope con l’osservatorio Klein Karoo, in Sud Africa. «È stata un’emozione incredibile capire che eravamo davvero riusciti a riprendere l’impatto di Dart. Era una vera scommessa, difficilissima da vincere per i tanti ostacoli tecnici, con un telescopio molto piccolo e in condizioni meteo complicatissime», ha gioito Gianluca Masi, responsabile scientifico del progetto Virtual Telescope, «le immagini mostrano chiaramente l’incremento di luminosità della coppia di asteroidi Didimos e Dimorphos dovuto all’impatto di Dart sul più piccolo dei due. Si vede anche una sorta di nuvoletta comparire attorno all’oggetto luminoso, quasi certamente si tratta delle polveri sollevate dall’impatto e che

riflettono la luce del sole». Detto per inciso: «Gli scatti sono stati realizzati usando un telescopio amatoriale di appena 30 centimetri di diametro ma sufficiente a cogliere l'asteroide

distante 11,3 milioni di chilometri».

Le prospettive

Lo spazio torna ad essere al centro di progetti complessi, terreno di sperimentazione di nuove tecnologie, non solo un capriccio dei miliardari a bordo delle navicelle spaziali di Elon Musk. In ballo c’è qualcosa di infinitamente più importante, cui tutti dovrebbero tenere: il futuro del genere umano.

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