L’amore, tutta una questione di cervello
Lo studio di un filosofo finlandese ha localizzato la sede del sentimentoL’amore? È tutta una questione di testa. Già il filosofo Cartesio nel 1600 sosteneva che la sede delle passioni non è il cuore ma la “ghiandola pineale”, una piccola ghiandola situata nel cervello in cui risiederebbe l’anima che avrebbe continui contatti con le sensazioni provenienti dal corpo. Gli studi scientifici hanno poi acclarato le effettive funzioni della ghiandola ma l’idea che passioni e sentimenti siano esclusivamente un fatto di “cuore” è per nostalgici romantici. Oggi c’è addirittura uno studio scientifico che ha localizzato la sede dell’amore nel cervello. La scoperta è di un gruppo di scienziati dell'università di Aalto, in Finlandia, guidato dal ricercatore-filosofo Pärttyli Rinne: dopo quindici anni di studi e ricerche, adesso attraverso la risonanza magnetica il team di scienziati è riuscito a mappare le parti del cervello in base alle reazioni a diversi stimoli amorosi. Ci sono aree che vibrano per l’amore per il partner, altre per quello verso i figli e ancora per gli animali domestici. Sono sei le forme d’amore mappate per la prima volta nel cervello.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Cerebral Corte (una rivista di neuroscienze edita dalla Oxford University Press) ha portato la ricerca dell'amore a un livello completamente nuovo: può aiutare a orientare le discussioni filosofiche sulla natura dell'amore, della coscienza e delle relazioni umane.
I ricercatori Juha Lahnakoski, Heini Saarimäki, Mikke Tavast, Mikko Sams e Linda Henriksson guidati da Rinne hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per misurare l'attività cerebrale di diversi soggetti. La ricerca ha coinvolto 55 persone residenti in Finlandia, 29 femmine e 26 maschi, età media a circa 40 anni (minimo 28, massimo 53). Tutti i partecipanti hanno dichiarato di avere almeno un figlio e di essere attualmente coinvolti in una relazione amorosa; la metà inoltre ha dichiarato di avere un animale domestico. A tutti è stato chiesto di ascoltare dei brevi racconti su sei tipi diversi di amore: ad esempio dovevano ascoltare frasi come “il gatto si accoccola accanto a te e fa le fusa assonnato” oppure “vedi il tuo neonato per la prima volta, la più grande meraviglia della tua vita” e immaginare le proprie reazioni immedesimandosi in quelle situazioni. Contestualmente i ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale di queste persone tramite la risonanza magnetica funzionale. È emerso che l’amore per i figli è quello che genera l’attività cerebrale più intensa, seguito da vicino dall'amore romantico. Questi due tipi di amore causano l’attivazione di aree cerebrali molto simili, con alcune differenze legate principalmente all’intensità della reazione. “Nell’immaginare l’amore genitoriale – spiega Pärttyli Rinne- è stata riscontrata un’attivazione profonda del sistema di ricompensa del cervello nell’area dello striato, che non è stata riscontrata per nessun altro tipo di amore. L’area dello striato è quella deputata ai processi decisionali e alla pianificazione”. Tutti i tipi di amore interpersonale, infatti, attivavano aree del cervello associate alla cognizione sociale, in contrasto all'amore per gli animali domestici o per la natura. “Quando si considera l'amore per gli animali domestici, le aree cerebrali rivelano statisticamente se la persona è o meno proprietaria di un animale domestico. Quando si tratta di proprietari di animali domestici, queste aree sono più attivate rispetto a chi non ne ha” rivelano i ricercatori.
L’amore per la natura invece attiva il sistema di ricompensa e le aree visive del cervello, ma non le aree cerebrali sociali. E ancora l’amore compassionevole per gli sconosciuti risulta il meno gratificante e causa un livello inferiore di attivazione cerebrale rispetto all’amore nelle relazioni strette.
Lo studio del gruppo di ricerca finlandese segna una svolta nella storia del pensiero, ma i ricercatori sperano che questo lavoro possa anche migliorare gli interventi sulla salute mentale in particolari condizioni come disturbi dell'attaccamento, depressione o problemi relazionali. Allo stesso tempo sottolineano che sarà necessario coinvolgere un campione più ampio e culturalmente eterogeneo prima di poter generalizzare questi risultati.