A volte ritornano. Ma con garbo: “Sono portatore di esperienza”, ripeteva agli amici appena avuta la certezza della rielezione. E di esperienza politica Tonino Melis, classe 1938, ancora oggi socialista di fede e di temperamento, ne ha da vendere. Ha fatto notizia il suo rientro nel Consiglio comunale di Selargius. E, per via del notevole contributo dato alla coalizione di centrodestra per il raggiungimento del secondo mandato, il premio che ha ricevuto dal sindaco Gigi Concu (e da tutta la politica locale): la scalata alla presidenza dell’Assemblea civica. Vale a dire l’unico incarico che mancava al cursus honorum dell’amministratore pubblico più longevo della città.

Il personaggio. Per chi non fosse addentro alle questioni politiche di contado, quella delle sedute di Consiglio che iniziano nel primo pomeriggio e non si sa mai quando (e come) finiscono, Tonino Melis non è un personaggio qualsiasi. E’ stato figura di riferimento a tutto tondo: mai sindaco-sceriffo (alla De Luca, per contestualizzare), di sicuro sempre in prima linea nel difendere le istanze dei più deboli, amministratore zelante nel controllare le carte delle opere pubbliche e il corretto avanzamento della loro realizzazione. Un imprinting che gli è sempre stato riconosciuto pure dagli avversari. Primo cittadino della Città di Selargius per due differenti mandati, ha attraversato il ponte tra la Prima e la Seconda Repubblica con la nonchalance tipica di chi non ha nulla da perdere, ma senza mai rinnegare gli ideali di sempre. Il Partito Socialista, travolto da Tangentopoli, muore? S’inventa la formula civica che gli permette, nel 1994, di bissare l’esperienza sullo scranno più alto del Municipio, dopo averlo già occupato dal 1985 al 1990, a capo di una coalizione pentapartito. Erano i tempi del Craxismo e del Caf (che, oltre a Craxi, attribuiva l’esercizio del potere assoluto in Italia anche ad Andreotti e Forlani). Ma, nel microcosmo del Cagliaritano, chi nominava Selargius, non poteva non associare alla città proprio il nome di Melis. Erano anni di grandi battaglie: a cominciare da quella per la costruzione di un nuovo campo nomadi, dopo la morte di una ragazzina nella baraccopoli di San Lussorio, progetto poi realizzato nella legislatura successiva, soprattutto grazie alla spinta dell’Associazione Asce. Per proseguire con la realizzazione della nuova sede del Liceo Scientifico Pitagora che, anche grazie alle pressioni politiche dell’allora primo cittadino, ottenne l’autonomia. Inoltre, si ricorda uno stimolo importante allo sviluppo dell’edilizia, ancor oggi, nonostante la crisi, tra le colonne portanti dell’economia locale. Queste ed altre opere gli garantirono nel 1990 l’elezione al Consiglio provinciale (della Provincia divenne poi assessore vicepresidente) e la quasi elezione in Parlamento nel 1992, con i voti del solo Campidano di Cagliari e di Selargius a furor di popolo (circa 10 mila voti complessivi). Nella seconda esperienza da sindaco, quella civica del 1994, in verità non brillò come nella prima. Ma con gli interventi nella Zona industriale e l’inizio della programmazione del Piano Urbanistico dimostrò di avere ancora qualche carta da giocare. Non a caso, quando si ripresentò come candidato sindaco nel 2006, non arrivò per un pelo al ballottaggio (3.500 preferenze).

Scacco matto. Ma l’impresa più grande l’ha chiusa con la ceralacca a giugno: la rielezione in Consiglio comunale, a 83 anni con una lista civica. “Mi batto per i diritti degli anziani, ma sento di poter dare ancora il mio apporto alla città e alla mia gente, soprattutto agli strati più umili della popolazione”, ha confidato al cronista durante una recente chiacchierata. E dalle sue parole emergeva una sorta di manifesto socialista applicato ai nostri tempi. In verità, da “uomo del popolo”, cresciuto e formatosi secondo i canoni dell’educazione impartita nelle case di Don Orione, il Santo della Carità, tra l’altro in tempi di miseria postbellica, bussò inizialmente alle porte della Vecchia Democrazia Cristiana. Ma, anche a Selargius, gli spazi erano stretti, le correnti del partito stritolavano tutto e tutti. Soprattutto i più giovani. La sua casa divenne così quella del Garofano e, da self-made man qual era, ebbe subito spazio e successo elettorale. Laurea in Giurisprudenza, da dirigente regionale scalò le gerarchie dell’Esit, l’Ente sardo industrie turistiche poi soppresso dalla Giunta Soru, di cui è stato direttore e vicepresidente. Tra i progetti di cui va maggiormente fiero c’è il rilancio del Trenino Verde, ma anche dell’Antico Sposalizio Selargino, che ha contribuito a far diventare un evento con qualche risalto nazionale e internazionale. Ma è della sua città che vuole continuare ad essere il vessillo. Di sicuro è il simbolo di un’era politica forse irripetibile, che arrivò a formare una classe dirigente di valore che poi, in alcuni casi, diede prova di grandi capacità anche in Consiglio regionale. Assise cui Tonino Melis non è mai stato eletto: “Nessun rimpianto”, concluse la chiacchierata con il cronista impertinente: “Per me prima c’è sempre stata Selargius”.

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