Qualcuno ha definito la Sardegna giudicale un Vietnam catalano. Come dire, la conquista dell'Isola, unita contro il nemico, non fu proprio una passeggiata per la casa reale della penisola dirimpettaia a occidente. Ci vollero più di cento anni per avere la meglio sul Giudicato di Arborea. «Non ha alcun riscontro concreto nella storia della Sardegna la frase "pocos, locos y mal unidos". È un'immagine a cui scegliamo di credere e che continuiamo ad alimentare da soli». Andrea Garau, 31 anni di Cagliari, è un polemologo. Studia le dinamiche tattiche, sociali e politiche legate ai conflitti. È autore, tra l'altro, del libro "Mariano IV d'Arborea e la Guerra nel Medioevo in Sardegna", Condaghes, 2017. «La verità è che la Sardegna giudicale era una realtà peculiare ma tutt'altro che arretrata rispetto a quanto accadeva in quegli anni. C'era una partecipazione collettiva in armi, tutto il popolo era pronto e ben organizzato per far fronte a un'eventuale incursione nemica».

Cosa è e che insegnamenti dà la polemologia?

«La polemologia è una disciplina che si occupa dello studio della guerra nelle diverse epoche storiche. Tuttavia non dobbiamo immaginare un mero studio della violenza e della morte, quanto della vita stessa, laddove la guerra diventa nella polemologia una lente attraverso cui osservare i modi in cui una realtà si concepisce e si organizza al suo interno».

Andrea Garau
Andrea Garau
Andrea Garau

Facciamo chiarezza su cosa è stata la guerra nel Medioevo.

«Al di là del mito cinematografico e letterario, costruito su una sequela ininterrotta di grandi battaglie campali combattute da eserciti sconfinati, la guerra nel Medioevo era piuttosto composta di numerosi fatti d'arme di dimensioni ridotte, mirati a indebolire gradualmente le forze nemiche, privando la compagine avversaria dei necessari mezzi di sostentamento, assottigliandone gradualmente il numero, e costringendo alla resa l'esercito avverso preferibilmente senza dover ingaggiare alcuno scontro campale, che poteva rivelarsi favorevole o sfavorevole per tutta una serie di rischiosi fattori assolutamente incontrollabili».

Come era strutturata, da un punto di vista polemologico, la realtà giudicale arborense?

«Per capire le strutture militari del Giudicato d'Arborea, è necessario partire dalla sua società, ricordando come l'isola fosse estranea alle dinamiche vassallatiche del sistema feudale, assente fino alla definitiva conquista da parte catalano-aragonese. In questa realtà peculiare - ma non per questo arretrata in alcun modo - il nerbo dell'esercito giudicale appare fondato sul servizio militare dovuto dalla totalità dei sudditi, di età compresa tra i 14 e i 60 anni. Un sistema molto più vicino ai popoli in armi altomedievali che alla coeva realtà bassomedievale».

Testo medievale con una citazione delle mudas
Testo medievale con una citazione delle mudas
Testo medievale con una citazione delle mudas

Tutti i sudditi prestavano quindi il servizio armato allo stesso modo?

«Ogni suddito doveva autonomamente provvedere al proprio armamento, ciascuno secondo le proprie possibilità. In quest'ottica possiamo identificare due grandi categorie: da un lato, i lieros de cavallu, medi e grandi proprietari terrieri che per la loro condizione economica potevano e dovevano fornire la loro prestazione militare a cavallo, e che componevano il nerbo della cavalleria giudicale, con un armamento più ricco e complesso. Dall'altro la fanteria, dall'armamento più semplice, in cui erano immancabili le celebri virghe».

Sfatiamo una falsa convinzione sulla organizzazione bellica dei sardi, era così improvvisati?

«Assolutamente no. In un simile sistema, era necessario controllare costantemente che ogni uomo chiamato al combattimento possedesse i mezzi necessari, comminando in caso contrario delle severe pene monetarie. Secondo alcune ipotesi, tale controllo veniva effettuato in occasione delle cacce collettive. Tutti i partecipanti erano tenuti a radunarsi in un particolare luogo convenuto, chiamato collectariu - in cui alla fine si sarebbe poi provveduto alla spartizione delle carni e delle pelli - ed è ipotizzabile che qui venissero svolte tutte le attività concernenti la supervisione delle armi e delle cavalcature e la registrazione presso il Codernu de sa mostra».

Il libro sulla guerra nel Medioevo di Andrea Garau
Il libro sulla guerra nel Medioevo di Andrea Garau
Il libro sulla guerra nel Medioevo di Andrea Garau

Se tutti gli uomini prestavano servizio armato, come sopravviveva la società in tempo di guerra?

«In questa domanda risiede la peculiarità più interessante della realtà militare arborense. La partecipazione collettiva al servizio armato non era simultanea per tutti gli uomini. Le forze di ogni villa erano divise in tre parti, chiamati mude o mute, che si alternavano per periodi di tempo prestabiliti sullo scenario di guerra verso cui fossero chiamate. Mentre la prima muta si trovava impegnata nelle attività belliche, la seconda muta portava avanti tutte le attività di produzione e gestione della società. Nel frattempo, la terza muta si trovava in viaggio, per dare il cambio alla prima. Un sistema che potremmo definire circolare, ricostruito attraverso le testimonianze a riguardo contenute nei Procesos contra los Arborea. Alcune ci riportano persino il ritmo con cui, in certi periodi, fosse gestita l'alternanza delle mute: qualibet septimana ("ogni settimana"), o de septimana in septimanam ("di settimana in settimana"). Grazie a queste dinamiche, dunque, le truppe al fronte non solo erano sempre fresche, non venendo portate allo stremo da un servizio continuo e logorante, ma allo stesso modo veniva garantita la prosecuzione delle attività miranti a mantenere stabili gli approvvigionamenti e le basi dell'economia stessa».

La cultura delle armi in una società dove non esisteva un esercito professionista.

«Nell'ottica della sua peculiarità, in questo sistema tutti i sudditi si trovavano ad affrontare un servizio armato nel corso di tutta la vita, dall'adolescenza al raggiungimento dell'età avanzata, con una certa costante regolarità: in tal modo, ciascun uomo nell'isola non poteva dirsi totalmente estraneo alle dinamiche del combattimento, configurando la società giudicale come spiccatamente dedita alla consuetudine delle armi. Se dunque da un lato la base delle forze armate non era assicurata da combattenti di professione, allo stesso modo ogni uomo era a conoscenza dei fondamenti della vita militare. Attraverso questo sistema ogni villaggio poteva dirsi costantemente protetto da possibili improvvisi attacchi da parte di truppe avversarie. I contadini che i soldati nemici si sarebbero trovati davanti durante una razzia o la requisizione di rifornimenti in un villaggio, non erano inermi contadini, ma gli stessi uomini contro cui magari avevano combattuto la settimana prima in un diverso scenario. Si può dunque comprendere ancora più a fondo la difficoltà da parte dell'esercito catalano-aragonese di conseguire una penetrazione o un controllo capillare sul territorio sardo».

I mercenari nell'Isola.

«Il sistema mostrato era rafforzato dall'ampio utilizzo di truppe assoldate. Le fonti raccontano la presenza al servizio del Giudicato di uomini d'arme di provenienza estremamente varia: genovesi, lombardi, toscani, tedeschi, francesi e inglesi, pratica pienamente in linea con la realtà bellica dell'epoca, quel Trecento definito come la celebre età delle compagnie mercenarie. Nel XIV secolo, infatti, un incredibile numero di bande militari assoldate affollavano gli scenari bellici di tutta Europa, in continuo movimento da una realtà statuale all'altra, alla costante ricerca di un impiego remunerato, sul quale si fondava l'esistenza stessa della compagnia e di ogni soldato di professione. Questi contatti portavano con sé nuove professionalità, strategie ed esperienza, al servizio del Giudicato».

Il giudice aveva la sua scorta armata, un po' come i corazzieri per il Presidente della Repubblica.

«La kita de buiakesos era un corpo militare addetto alla diretta protezione del giudice e della sua famiglia. Le figure scelte per ricoprire il ruolo di majore de janna, a capo della kita, provenivano dalle famiglie più importanti del Giudicato, mentre non si conosce l'estrazione sociale dei buiakesos stessi, per quanto dovessero certamente essere delle figure a cui veniva riconosciuta una totale affidabilità. Riguardo ai sistemi di reclutamento e selezione, non vi sono purtroppo fonti certe a riguardo, ma possiamo immaginare una vera e propria élite di combattenti».

Le scolche, i barracelli di oggi?

«Le scolche erano milizie rurali che avevano il compito di controllare le campagne e i pascoli, in modo che venissero rispettate tutte le norme riguardanti la libera conduzione del bestiame e affinché quest'ultimo non venisse rubato o danneggiato in alcun modo. Come nel sistema militare giudicale, i membri di questi reparti erano reclutati fra gli uomini aventi tra i 14 e, in questo caso, i 70 anni. Non si conosce la durata dell'incarico e allo stesso modo non vi sono certezze per quanto riguarda la volontarietà o la coscrizione al servizio».
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