Rosa rosae, gli affetti contemporanei secondo Pietro Basoccu
Il mutare della famiglia nel nuovo lavoro del fotografo ogliastrinoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
In ordine casuale, senza alcuna gerarchia. Sguardo fine, asciutto, con uno stile documentaristico. Tessere di un domino in bianco e nero da intrecciare a proprio piacimento. La famiglia è cambiata, lunga vita alla famiglia in tutte le sue declinazioni. Rosa rosae, affetti contemporanei è il terzo lavoro del fotografo Pietro Basoccu. I soggetti hanno la forza di scrutare lo spettatore. Sono nudi e forti. Mamme, padri, figli nipoti e amanti. Sono solitari, nuclei monoesistenti, oppure allargati in cento rivoli. Sono tradizionali o mutanti, residenti o migranti. Sono case, divani e camini. Oppure roulotte. Padri rimasti soli con i figli, alle spalle le immagini di chi ha già preso il volo. Sono sorrisi resistenti e lacrime fragili.
Sono lo specchio del mondo in quell’istante, prima che la famiglia ruotasse insieme al mondo, nel suo costante divenire. “La famiglia è un luogo di affetti e di emozioni, non solo di relazioni sancite da una normativa. Riscoprirlo fa bene alla famiglia di oggi e anche alla Chiesa”, scrive il vescovo Antonello Mura nell’introduzione al libro.
Basoccu, come nei precedenti lavori, segue solo il suo stile. Scrive Salvatore Ligios nell’introduzione al libro: “Rosa rosae è un libro coraggioso, difficile da collocare nella cornice della fotografia sarda. Non si conoscono uffici, studi e committenze che utilizzino la fotografia per documentare le dinamiche sociali nel territorio. Fa nel sperare l’aria frizzante che si sviluppa nel mondo della fotografia”.
Scrive Gabriella Da Re nel testo in catalogo: “È come Basoccu volesse fare un monumento in bianco e nero proprio di un'epoca e di un luogo, un monumento alla famiglia la cui duttilità e capacità di trasformazione nel tempo lungo della storia garantisce all'umanità (nel bene e nel male) un importante punto di riferimento”.
Ma la famiglia tradizionale esiste ancora? Secondo gli studiosi il modello unico di famiglia borghese, nato nel XIX secolo, è scomparso, quello con l’autorità capo famiglia, la moglie in casa dedita ai figli. In Sardegna è possibile, afferma la Da Re, che le cose non andassero in questo modo già nel mondo rurale. Il numero di famiglie aumentano, la famiglia vive. La forma di famiglia contemporanea viene chiamata con l’espressione a “geometria variabile”. C’è la famiglia coniugale classica, allargata, frutto di divorzi e separazioni.
Ma cosa succede in Ogliastra, la zona dove Pietro Basoccu da anni svolge la sua opera di pediatra e fotografo, un duplice laboratorio conoscitivo delle trasformazioni in atto. Possiamo provare a guardare i dati. In Sardegna le coppie con un figlio sono il 50.7 per cento, quelle con due o tre appena il 39. Come sottolinea sempre la Da Re nell’introduzione alle immagini l’Isola è più vicina ai dati del Nord che non della Sicilia. In Ogliastra, 57 mila abitanti, ma la stima è ottimistica, i matrimoni civili sono più della metà. La Rivoluzione demografica è in atto e Basoccu ha cercato di cristallizzarne alcuni aspetti, il cambiamento delle famiglie, sempre più collegate al mondo e meno alla terra d’origine, un Ogliastra che perso il suo splendido isolamento, croce e delizia per decenni, ha perso qualcosa della sua unicità e allargato i suoi orizzonti. La famiglia di oggi ha per esempio un figlio per il quale Skype è il cordone ombelicale con la sua casa.
Fino al 31 agosto a Perdasdefogu è possibile visitare la mostra “Rosa rosae. Affetti contemporanei” in via Bacaredda, all’interno del festival letterario SetteSere SettePiazzeSetteLibri.
Le foto sono accompagnate dai testi dell’antropologa Gabriella Da Re e del curatore Salvatore Ligios.
La mostra è un progetto di Su Palatu_Fotografia in collaborazione con la Diocesi d’Ogliastra e la Fondazione di Sardegna. Presente in loco il catalogo “Rosa rosae. Affetti contemporanei” edito dalla Soter editrice.