«Il servizio. Bum bum, Matteo Berrettini deve puntare su questa arma letale se vuole battere Hurkacz». Il consiglio arriva da Nicola Pietrangeli, non uno qualunque: era stato sino a oggi l’unico italiano a raggiungere le semifinali del torneo di tennis più prestigioso al mondo, Wimbledon, il paradiso laico di chi ama questo post.

«Il mio telefono squilla dalle 9», sorride dall’altra parte della cornetta Nicola, splendido 87enne, «si sono tutti ricordati di me, sessantuno anni dopo. Mi infurio soltano con chi parla di “tennis moderno”. Ma quale moderno, era tennis e basta. Allora come oggi, non si arriva in semifinale sul’erba londinese per caso, negli ultimi due giorni di Wimbledon restavano in campo soltanto i più forti al mondo».

Nicola Pietrangeli è considerato il tennista più forte di tutti i tempi per aver vinto due prove dello Slam, sulla terra battuta di Parigi e per essere stato a lungo tra i migliori al mondo. Come in quel fantastico nel 1960, per esempio.

«Guardi, lo dico senza falsa modestia, quell’anno ero il più forte di tutti. Avevo vinto Roma e Parigi, stavo giocando molto, molto bene».

Cosa ricorda di quel match contro Rod Laver?

«Tutto e in particolare la palla break a mio favore sul 4-4 al quinto set: l’ha fermata il nastro. Maledetto nastro, in quel momento filo australiano. Persi poi 7-5 e negli spogliatoi incontrai Neal Fraser, l’altro finalista».

Cosa le disse?

«Che era contento della mia sconfitta. Mi temeva, peferiva incontrare Laver. Non si sbagliò: vinse lui poi la finale, non temeva per niente i mancini che giocano effetti particolari soprattutto sull’erba come appunto Rod».

Rod Laver, la sua bestia nera.

«Spesso, quando ci incontriamo durante i tornei dello Slam nei raduni tra ex campioni del passato, Rod pubblicamente dice sempre: “per fortuna ho incontrato Nicola Pietrangeli solo una volta sulla terra”. Esattamente in finale agli internazionali d’Italia ospitati nel 1961 a Torino, vinse il primo set, negli altri tre gli ho lasciato solo 4 giochi. Le altre volte, tra Wimbledon e finali di Coppa Davis in Australia, l’ho affrontato sempre sull’erba, la sua superficie preferita, e in due occasioni mi ha ha battuto soltanto per un break nel quinto set. Con Fraser, in Davis, nel 1961, l’anno della semifinale di Wimbledon , invece vinsi. Nel tennis non si possono fare questi discorsi, ma se il nastro non avesse fermato quel mio colpo sulla palla break nel quinto contro Laver probabilmente a Londra quell’anno avrei vinto io».

Nicola Pietrangeli\u00A0a Cagliari (foto archivio L'Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli\u00A0a Cagliari (foto archivio L'Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli a Cagliari (foto archivio L'Unione Sarda)

Un altro sport rispetto al tennis attuale?

«Questo è vero: oggi sono tutti bombardieri, grandi atleti, fisicati, sono come pugili che picciano picchiano, dove cojo cojo. Ai nostri tempi, con quelle racchette, quelle palline, bisognava anche saper giocare a tennis, passatemi la battuta. E poi…».

E poi?

«Per far il punto bisognava andare a rete: i campi in erba si consumavano dalle riga del servizio in poi; oggi, basta vedere in tv, è il contrario. Colpa di Bijorn Borg che ha rivoluzionato il tennis vincendo Wimbledon nel 1976 da fondo campo».

Berrettini può aggiornare il suo record e riscrivere la storia?

«Sì, ha un gioco che è imperniato per l’ottanta per cento sul servizio e per il 20 sul diritto, parte sempre con qualche quindici di vantaggio in ogni turno di battuta ma quest’arma non deve tradirlo mai. Può farcela, ma attenti a Hurkacz, è molto solido, molto forte. Speravo che nei quarti vincesse Federer, viste le condizioni pietose del campione svizzero, quasi quasi se mi allenassi un po’, ci vincerei anche io contro la versione di Roger vista a Londra».

Matteo Berrettini (foto archivio L'Unione Sarda)
Matteo Berrettini (foto archivio L'Unione Sarda)
Matteo Berrettini (foto archivio L'Unione Sarda)

Berrettini vince Wimbledon e l’Italia del calcio gli Europei. Scenario da sogno o realtà possibile?

«È possibile. Forse è più facile per gli azzurri del pallone, anche se sono in calo fisico nella partita secca può succedere di tutto come abbiamo visto in semifinale contro la Spagna che meritava di più e ha perso. Berrettini può farcela ugualmente, anche se indubbiamente Djokovic è il grande favorito per la vittoria finale del torneo e forse anche per vincere il grande Slam 52 anni dopo l’impresa compiuta proprio da quel Laver che nel 1960 mi fermò in semifinale».

L’Italia tennistica è risorta.

«Viviamo un momento molto bello. Berrettini il presente, Sinner e Musetti il futuro>.

Lei chi preferisce?

«Sinner mi piace molto, non solo quando lo vedo giocare ma soprattutto quando lo ascolto colpire la palla: il suono è forte, una schioppettata, io giudico un giocatore anche da questo. Deve però imparare a non fare come l’azzurra Camila Giorgi, nel tennis non si può solo sparare la palla sempre più forte, occorre qualche volta anche trattenere il braccio senza cercare il punto vincente a tutti i costi».

Yannik Sinner (foto archivio L'Unione Sarda)
Yannik Sinner (foto archivio L'Unione Sarda)
Yannik Sinner (foto archivio L'Unione Sarda)

E Musetti?

«Mi piace di più, dal punto di vista estetico e tecnico, ma è ancora presto, bisogna lasciarli crescere e sbagliare senza avere fretta».

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