Una volta, era il 1926, venne richiamata dal direttore didattico perché aveva cantato Bandiera Rossa coi suoi scolari durante una passeggiata in campagna. Nella sua relazione scritta ammise tutto, però sottolineò: «I bambini hanno cantato, ma senza pronunziare trionferà». Angela Maccioni, 1891-1958, maestra antifascista di Nuoro perseguitata dal regime per essere stata «sottoscrittrice pro Matteotti», fu l’unica, fra tutti gli insegnanti della Sardegna, a essere destituita dall’insegnamento. Una sorte che condivise con tanti colleghi e colleghe oppositori del regime, assieme alla veneta Lina Merlin, insegnante socialista e futura senatrice della Repubblica, che esattamente quell'anno fu spedita al confino in Sardegna. Una storia, quest’ultima, che verrà rievocata il 2 giugno, festa della Repubblica, durante una giornata di studi a Cala Gonone che prende lo spunto dagli anni della permanenza di Lina Merlin nell’Isola, tra Dorgali, Orune e Nuoro.

La triade delle signore

Terra, la provincia di Nuoro, dove esisteva una solida cellula di antifasciste sardiste, e Angela Maccioni - assieme a Marianna Bussalay (poetessa di Orani) e Graziella Sechi Giacobbe (intellettuale femminista, madre della scrittrice Maria Giacobbe) - fu tra le più attive. Non per nulla il fascicolo con il suo nome custodito all'Archivio di Stato di Nuoro assieme alle decine di altri plichi di sovversivi, è piuttosto denso. C'è il carteggio riservato tra il questore e il prefetto che ne sollecita l'assegnazione al confino; e ci sono le informative segrete alla Federazione provinciale fascista, le relazioni della polizia “sui precedenti politici della Maccioni” inviate al regio provveditore e al Ministero dell'educazione nazionale per la dispensa dall'insegnamento, il testo dattiloscritto delle lettere inviate alla maestra dai suoi ex alunni (missive tutte sottoposte al vaglio della censura), nonché le note del capo della milizia fascista e quelle del direttore del carcere.

Il carcere

Era stata arrestata il 17 aprile 1937, assieme all'amica Graziella Sechi. “Informo codesto On. Ministero che persona fiduciaria della locale Federazione provinciale Fascista, recentemente riferì che in questi ultimi tempi l'insegnante elementare, iscritta al P.N.F., Maccioni Mariangela maritata Marchi fu Sebastiano e di Maccioni Giuseppa, nata il 17 aprile 1891, qui residente, si mantenesse in corrispondenza epistolare a scopo politico con l'antifascista Maura Puggioni, residente a Tunisi, rue St.Jean 5. La stessa fonte avvertiva che frequentavano a scopo politico la casa della Maccioni la moglie dell'ingegner Giacobbe Dino, Graziella Sechi, e il professore di matematica Caria Efisio...”.

La lettera rubata

Era stata una studentessa sedicenne, a tradire Angela Maccioni. Una delle sue allieve, una delle giovinette che riceveva in casa per lezioni private e gratuite di filosofia e latino. Era il 1937 e lei veniva tenuta d'occhio dalla milizia - come “sospetta antifascista” - fin dal 1922 quando firmò la sottoscrizione pro Matteotti. La piccola spia, che durante una lezione aveva adocchiato una lettera inviata alla maestra da Graziella Sechi Giacobbe (le due, assieme a Marianna Bussalay, si scambiavano biglietti a mano per paura che venissero intercettati dalla censura), rubò la missiva e la portò alla Federazione del Fascio. Il primo provvedimento fu la perquisizione domiciliare: in casa di Angela Maccioni vennero sequestrati volumi come “Les problèmes de la Paix” di Léon Blum e diverse riviste rivoluzionarie. Tanto bastava perché la maestra e Graziella Sechi Giacobbe finissero in cella alla Rotonda di Nuoro. Ma che cosa c’era scritto nella lettera che inguaiò le due amiche?

La relazione al Ministero

Aprile 1937, anno XV. Il prefetto di Nuoro stila la sua relazione da inviare al Ministero. Il rappresentante del governo sorvola sul fatto che la missiva era stata consegnata da una confidente. “Nel domicilio della Maccioni fu rinvenuta una lettera che la Giacobbe aveva diretta alla Maccioni, in cui si fa riferimento al contenuto di un'altra lettera della sopra menzionata Puggioni Maura. In detta lettera la Puggioni, nel riferire la morte avvenuta combattendo nelle file dei rossi in Ispagna dell'anarchico Giovanni Dettori, inteso Bande Nere, suo cognato, aveva esaltato la morte da eroe di detto fuoriuscito. Il contenuto di tale lettera, data in visione alla Giacobbe dalla Maccioni, commuove la prima e la fa esprimere nei seguenti termini: Ieri notte non riuscivo a prender sonno. Vedevo Bande Nere col petto squarciato (...) e sentivo come uno scoramento e quasi rimorso di dover sempre attendere dagli altri ciò che ci fa morire e vivere senza tentare nulla”.

Sospesa dal servizio

Furono scarcerate dopo quaranta giorni, il 26 maggio. La maestra, dopo la sospensione dal servizio e dallo stipendio, venne destituita dall'insegnamento nel '39 (riebbe il suo posto nel '44, per ordine del maggiore Schirk, della Commissione alleata di controllo). In più occasioni il prefetto di Nuoro chiese che venisse mandata al confino. L'ultima volta nel maggio del '43, ma sulla lettera riservata il questore annotò a penna: "È una donna, basta vigilarla.

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