L’autopsia su Cinzia Pinna: sparati tre colpi di pistola, fatale quello allo zigomo
Usata la Glock semiautomatica sequestrata a Ragnedda. Non sono stati trovati i proiettiliPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Tre colpi di pistola, uno fatale che l’ha raggiunta allo zigomo.
Così è stata uccisa Cinzia Pinna. L'autopsia in corso all'istituto di medicina di Sassari, disposta dalla pm Noemi Mancini e affidata al medico legale Salvatore Lorenzoni, ha di fatto confermato le dichiarazioni di Emanuele Ragnedda, che aveva riferito di aver esploso tre colpi.
Secondo i primi dati parziali che emergono dall’esame il proiettile che ha ucciso la 33enne l’ha colpita allo zigomo. C’è anche il foro d’uscita, le ha trapassato il volto. Sempre in viso gli altri due colpi esplosi, entrambi l’hanno presa di striscio, uno le ha procurato una lesione alla mascella.
Ragnedda aveva indicato i segni dei proiettili sul muro e fatto trovare i bossoli. Non si trovano invece i proiettili. La pistola utilizzata è la Glock sequestrata al 41enne, semiautomatica di piccolo calibro.
Altro scopo dell’autopsia è capire se Cinzia abbia subito altri tipi di violenza, in particolare sessuale, prima che l’assassino le sparasse.
Prima dell’esame sono state completate le operazioni di riconoscimento del corpo da parte dei familiari della vittima.
Si stringe invece il cerchio intorno ai presunti complici. Gli investigatori della procura di Tempio avrebbero ora una “prova blindata” sulla presenza nella casa di Conca Entosa, dopo l’omicidio e forse già nelle ore immediatamente successive al delitto, di due persone, un uomo e una donna, che avrebbero tentato di ripulire la scena del crimine e lo avrebbero aiutato a disfarsi degli effetti personali di Cinzia Pinna. Persone che avrebbero provato a lavare il divano ma non solo, e che è dunque certo si fossero rese conto del sangue nella casa.
Dagli atti dell’inchiesta emerge anche la condizione di estrema fragilità in cui si trovava la donna la sera dell’11 settembre. Aveva perso casa e lavoro, stava male tanto che fu richiesto l’intervento dell’ambulanza e dei carabinieri. Cinzia rifiutò di salire sul mezzo di soccorso e Ragnedda, invece di aiutarla, la portò a Conca Entosa, dove le offrì alcol e cocaina. Quella notte, è stato accertato, furono consumate quattro bottiglie di vino e alcune dosi di cocaina.