Una donna in evidente stato di fragilità, fisica e psicologica

Eppure Emanuele Ragnedda la portò a casa sua, la fece bere e drogare in quella serata che ha avuto un epilogo tragico, culminata nell’uccisione di Cinzia Pinna.

Una circostanza che era già emersa e che ora è finita agli atti dell’inchiesta. La 33enne di Castelsardo è stata molto male la sera dell’11 settembre a Palau. Fu richiesto l’intervento dei carabinieri del Nucleo Radiomobile di Olbia e dell’ambulanza del 118, ma lei rifiutò di salire sul mezzo di soccorso.

La situazione era precipitata, Cinzia Pinna era rimasta senza lavoro e senza casa. Ragnedda avrebbe approfittato della sua fragilità: invece di aiutarla, la portò a Conca Entosa, dove è stato accertato che furono consumate quattro bottiglie di vino e alcune dosi di cocaina. Cosa sia successo dopo, come la situazione sia precipitata fino a portare all’omicidio ancora non è chiaro ed è oggetto delle indagini.

Indagini che proseguono anche sul favoreggiamento e sui pusher che hanno fornito la droga all’imprenditore.

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