Un fiume di odio inonda (e intossica) le piazze virtuali dei social. E no, il Covid non ci ha reso migliori. Donne che lavorano, musulmani, persone con disabilità: nel secondo anno di pandemia è il poco invidiabile podio dei bersagli preferiti degli haters. E le donne, in particolare le politiche e le giornaliste, detengono stabilmente il primo posto ormai da anni. È il dato che emerge dalla sesta edizione della Mappa di Vox, l’Osservatorio italiano sui diritti, che fa ogni anno il censimento dell’hate speech, i discorsi d’odio. Sono stati analizzati nel periodo gennaio/ottobre 2021 797.326 tweet, dei quali ben il 69 per cento conteneva messaggi negativi.

Si tratta di un lavoro articolato e complesso che coinvolge quattro università  (la Statale e la Cattolica di Milano, la Sapienza di Roma e l’Università Aldo Moro di Bari) per altrettante fasi di studio negli ambiti giuridico, psicologico, informatico e sociologico. La mappatura dei tweet è avvenuta grazie a un software che utilizza algoritmi per individuare ed estrarre i testi con i contenuti richiesti che sono stati poi analizzati ed elaborati. Ogni zona d’Italia ha la sua vittima prediletta: antisemitismo e islamofobia sono diffusi soprattutto al nord (ma nel primo caso c’è una forte concentrazione anche nel Lazio), donne e omosessuali sono oggetto d’odio un po’ ovunque così come le persone con disabilità con concentrazioni maggiori al centro-nord.

I picchi dei messaggi d’odio, secondo l’analisi, sono legati ad eventi particolari. Spiccano quelli antisemiti in occasione della Giornata della memoria e delle dichiarazioni di Liliana Segre contro i no vax che avevano accostato il Green pass alle segregazioni razziali e quelli contro gli omosessuali in seguito all’intervento di Fedez sul ddl Zan al concerto del Primo Maggio. E c’è un filo a legarli che è l’intolleranza verso la politica e i media amplificato dall’irrompere sulla scena social del movimento No vax che “nella sua trasversalità e nella costruzione di un lessico a forte impronta antagonista – si legge nella relazione di Vox diritti -  ha impattato nella costruzione di un linguaggio d’odio generalizzato e aspecifico”.

Le persone con disabilità compaiono per la prima volta nel mirino. Demente, mongoloide, cerebroleso, handicappato sono le parole ricorrenti nei quasi 119.000 tweet analizzati ma in questo caso l’hate speech assume un significato particolare. Le parole legate alla disabilità sono infatti utilizzate per colpire altri soggetti. Non sempre però è cosi: alcuni picchi sono stati registrati in occasione di rivendicazioni dei diritti delle persone disabili.

L'ex presidente della Camera, Laura Boldrini (Foto Ansa/Giuseppe Lami)
L'ex presidente della Camera, Laura Boldrini (Foto Ansa/Giuseppe Lami)
L'ex presidente della Camera, Laura Boldrini (Foto Ansa/Giuseppe Lami)

GIORNALISTE E POLITICHE NEL MIRINO

Le donne restano comunque le più odiate, ben il 43,70 per cento del tweet negativi sono a contenuto misogino e i bersagli preferiti sono proprio le donne impegnate nelle professioni e nella politica. Gli insulti vanno dall’aggressione sessuale (un vasto campionario che va dai riferimenti ai costumi sessuali delle vittime alle vere e proprie minacce di stupro) al body shaming che vede tra gli esempi più recenti i malevoli commenti sull’aspetto di Giovanna Botteri, impegnata in Cina nel racconto della pandemia o di Michela Murgia, scrittrice in prima linea. Ma la tendenza era iniziata alcuni anni fa con l’ex presidente della Camera Laura Boldrini che è stata anche la prima, nel 2017, a denunciare pubblicamente la campagna di odio diffondendo i messaggi e promuovendo iniziative giudiziarie. «Perché quando rispondi, quando reagisci, gli hater indietreggiano e avanzano le donne», ha scritto Boldrini nella prefazione al libro “Stai zitta giornalista”: «Lo faccio come donna e come politica. Lo trovo giusto per me stessa, lo trovo giusto per le istituzioni e lo trovo giusto per le nostre figlie che hanno il diritto a vivere lo spazio digitale in sicurezza».

Nel caso di Boldrini come di altre donne impegnate sul fronte dell’aiuto ai migranti o nel contrasto al razzismo, il linguaggio d’odio esprime insieme misoginia e xenofobia con toni anche molto violenti. Tra queste donne ci sono anche croniste come l’inviata di Rainews Angela Caponnetto o l’esperta di questioni internazionali Antonella Napoli. Le loro testimonianze, insieme al punto sul fenomeno e sulle misure di contrasto messe in campo, sono raccolte insieme a quelle di altre colleghe nel volume “Stai zitta giornalista, dall’hate speech allo zoombombing, quando le parole imbavagliano” di Silvia Garambois e Paola Rizzi edito da All Around nella collana Studi della Fondazione Murialdi. Il libro nasce proprio dalla collaborazione dell’associazione Giulia giornaliste (Garambois ne è la presidente e Rizzi, componente del direttivo) con Vox diritti per la costruzione della mappa dell’intolleranza. Intolleranza che colpisce donne ree di far sentire la propria voce sulla scena pubblica in un Paese dove ancora la presenza femminile è ben lontana da quella degli altri paesi occidentali. L’obiettivo è cancellare quella voce.

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