Uta, la street art trasforma la sala d’attesa del carcere
A dare forma e colore a questo spazio è stato Manu InvisibleDove c’erano solo muri freddi, adesso ci sono colori. Dove il silenzio era carico di tensione, ora c’è uno spazio che parla ai bambini, che li accoglie. Il carcere di Uta apre le sue porte all’arte e lo fa trasformando la sala d’attesa dei colloqui con i detenuti in un ambiente più umano, pensato per chi attende con il cuore in gola. Soprattutto per i più piccoli.
A dare forma e colore a questo spazio è stato Manu Invisible, tra i più noti street artist italiani, che ha portato la sua visione in un luogo che, di solito, è tutto fuorché accogliente. Il risultato è un ambiente radicalmente cambiato, che parla il linguaggio della libertà e della tenerezza, senza dimenticare dove ci si trova.
Il progetto è parte dell’iniziativa “Liberi dentro per crescere fuori”, selezionata da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
L’iniziativa nasce per alleggerire l’impatto emotivo che la visita in carcere ha sui minori, spesso vittime invisibili della detenzione di un genitore.
«Le diverse forme di arte consentono a ognuno di noi di esprimere la nostra personalità. Questo vale ancor di più per i bambini che, in un ambiente colorato e accogliente, possono fortificare il legame col genitore in una fase delicata, che va dalla detenzione alla libertà», ha spiegato il direttore del carcere, Pietro Borruto, durante la presentazione ufficiale del nuovo spazio.
Il linguaggio scelto da Manu Invisible è quello degli stencil e della poesia visiva: sui muri, messaggi come “concesso giocare”, “concesse emozioni”, “concesso accarezzarsi”.
«Capovolgere il messaggio è l’essenza della street art», ha spiegato l’artista. «Qui il colore diventa una forma di gioia tangibile, un modo per infondere calore e speranza. Questa attenzione è la più pura forma di rispetto verso i bambini e le loro famiglie».
A curare l’intervento è stata la Onlus Exmè & Affini, rappresentata da Ugo Bressanello, che ha sottolineato come l’intervento sia solo la parte visibile di un impegno più ampio contro la povertà educativa minorile e lo stigma della detenzione. «La creazione di uno spazio dignitoso e accogliente è un segnale concreto di attenzione e umanità».
«“Liberi dentro per crescere fuori” nasce per sostenere la crescita armonica dei figli di persone detenute», ha aggiunto Elenia Carrus, responsabile del progetto e rappresentante della cooperativa Elan, capofila dell’iniziativa. «È un sistema integrato di interventi personalizzati per rafforzare i legami familiari e promuovere l’inclusione sociale. Perché nessun bambino dovrebbe pagare colpe che non ha».