Maestri in fuga dal tennis e intenzionati a dirottarsi (forse definitivamente) sul padel? La domanda sorge spontanea alla luce di quel che sta accendo in Sardegna. Si sta accendendo una sorta di rivalità tra i due sport di racchetta che merita di essere raccontata (con buona pace del beach tennis che sta pagando più di tutta questa situazione).

E l’approfondimento deve necessariamente partire dalla cronaca: Luigi Aversa, sessantenne maestro da oltre dieci anni inserito dello staff tecnico del Tennis Club Cagliari, ha lasciato il circolo di Monte Urpinu, il primo in Sardegna e tra i migliori d’Italia, per firmare un contratto con il nuovo circolo di padel, l’Orange marina club, inaugurato in questi giorni a Su Siccu, sul lungomare di Cagliari nei pressi del padiglione Nervi. Questo è il fatto più eclatante, che ha avuto nel Nord Italia due precedenti: Gabriella Piu a Sassari così come ad Alghero Paolo Bassu.

Una lezione di padel (foto concessa da Paolo Bassu)
Una lezione di padel (foto concessa da Paolo Bassu)
Una lezione di padel (foto concessa da Paolo Bassu)

Ma ancora più interessante è leggere l’elenco di chi sta per frequentare il corso per insegnante di primo livello di padel organizzato dalla Federtennis nazionale in Sardegna: ci sono Andrea Lecca, sì, l’ex numero venti d’Italia e pluricampione sardo, e Francesca Piu, un’altra giocatrice che ha scritto il suo nome nell’albo d’oro della rassegna più importante a livello isolano per il tennis. Che sicuramente non lasceranno il loro ruolo nello staff tecnico di Monte Urpinu, ma che lavoraranno in futuro, probabilmente, anche nel settore padel di Monte Urpinu.

Piccola considerazione a margine: a quanto pare evidentemente a nulla sono valse le esternazioni di quello che nell’Isola è considerato il maestro dei maestri, Luciano Bassotto, titolare negli anni 70 e 80 della scuola di tennis più grande d’Europa con circa mille bambini tra i 6 e i 14 anni: «Vade retro padel», aveva detto qualche mese fa, «è un giochino poco spettacolare, per niente elegante, che mi annoia».

Paolo Bassu (foto concessa da Paolo Bassu)
Paolo Bassu (foto concessa da Paolo Bassu)
Paolo Bassu (foto concessa da Paolo Bassu)

Paolo Bussu, 34 anni, di Alghero, attuale fiduciario tecnico della Fit Sardegna per il padel e docente dei corsi per istruttore di primo e secondo livello di padel, è stato il primo nell’Isola a lasciare l’insegnamento del tennis per spostarsi sull’altro “tennis”, quello “con le sponde”.

Perché?

«Gli insegnanti hanno fatto di questa passione la loro professione. Giocare a padel non è che sia più bello rispetto al tennis, ma è molto più facile, ci si diverte quasi subito, si è in grado dopo poco tempo di disputare match e quindi c’è una fetta di mercato molto più ampia per chi svolge il nostro mestiere di insegnante di sport».

Sara Celata, Paolo Bassu e Martin Pereyra (foto concessa da Paolo Bassu)
Sara Celata, Paolo Bassu e Martin Pereyra (foto concessa da Paolo Bassu)
Sara Celata, Paolo Bassu e Martin Pereyra (foto concessa da Paolo Bassu)

Da qui il boom.

«Ma attenzione, parte del successo (in Sardegna e non solo) del padel è legato alla pandemia. Era uno dei pochi sport che si poteva praticare quando erano in vigore le restrizioni più rigide. Adesso…».

Adesso?

«In certe città come Sassari stanno sorgendo campi a cento metri di distanza uno dall’altro. C’è una sovrabbondanza di campi e una carenza di insegnanti. Stiamo vivendo un momento un po’ particolare. Secondo me il boom sta affrontando una fase di assestamento, se non proprio di calo».

Il tennis sta perdendo questa “guerra” contro il padel?

«In che senso?».

Gli appassionati stanno lasciando il tennis per passare al padel?

«Chi gioca a tennis continua a farlo e a preferirlo in genere. A padel ci si avvicinano altre persone. Ex calciatori che avevo smesso da sempre, sportivi da poltrona, gente che riesce a disputare una partita dopo pochi minuti di confidenza con la racchetta e praticamente senza mai aver preso una lezione. Con il tennis è difficile, direi impossibile. Da qui il boom del padel, che non vuole dire crisi del tennis».

Paolo Bassu (foto concessa da Paolo Bassu)
Paolo Bassu (foto concessa da Paolo Bassu)
Paolo Bassu (foto concessa da Paolo Bassu)

Non ci ha convinto.

«Perché il discorso deve essere più ampio, me ne rendo conto. La situazione in Sardegna, una realtà che conosco bene, è questa: purtroppo ci sono ancora pochi circoli veri e propri di padel che danno anche spazio alle scuole per bambini, la maggior parte sono strutture “affitta campi” sempre “tutto esaurito” nella fascia oraria della pausa pranzo o post lavoro c’è il tutto esaurito. È il prossimo salto di qualità che devono compiere tennis e padel».

In che senso?

«Chi gestisce un club di tennis vede il padel come un nemico che sottrae appassionati, non come un’opportunità. Dovrebbero coesistere campi da tennis con quelli da padel. Addirittura secondo me le scuole di avviamento per bambini dovrebbero prevedere sia il tennis, sia il padel».

La tecnica è completamente differente.

«Sono due sport diversi, è vero, ma pensiamo all’approccio di un bambino: nelle scuole tennis si usano racchette più piccole, campi più piccoli e palline più sgonfie per agevolare i bambini. Potrebbero a questo punto giocare anche a padel».

Resta un problema tecnico. A tennis si gioca in top e in back spin, a padel piatto.

«Vero. La tecnica è diversa. Ma se penso al mio passato di insegnante di tennis, la cosa più difficile era spiegare ai bambini l’utilizzo di una certa impugnatura, la cosiddetta “continental”, per servizio e volèè. Ecco, con la continental si gioca a padel. E differenziare attrezzi e palline aiuta tantissimo i bambini a prendere confidenza con racchetta e pallina. Il padel e il tennis possono andare a braccetto. Il primo circolo in Sdegna che lo capirà. Farà il botto».

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