Un'opera simbolo dell'architettura del Novecento in mezzo alla sfacciata bellezza della costa settentrionale della Sardegna, con vista sulla Corsica e sul golfo dell'Asinara: la Cupola progettata da Dante Bini per Michelangelo Antonioni è sul podio dei luoghi del cuore sardi del Fai, il Fondo Ambiente italiano che ogni anno propone la classifica di luoghi da scoprire del Bel Paese. Terza nell'Isola, dopo la stazione ferroviaria di Tempio e la Torre di Marceddì e al 215/o posto su scala nazionale, la villa, oggi in sostanza abbandonata, è al centro di una campagna per il suo recupero. La storia della Cupola è legata al mito del grande regista, che si era innamorato della Gallura durante le riprese di "Deserto rosso", e alla storia d'amore che in quegli anni l'aveva legato alla sua musa Monica Vitti, ed è tra le poche opere dell'architettura di quegli anni che si discosta dallo stile dettato dalle archistar dell'epoca in Costa Smeralda. Nessun tentativo di mimetizzarsi tra granito e macchia mediterranea ma, al contrario, un edificio che si impone in un contrasto voluto col paesaggio.

La Cupola di Dante Bini per Antonioni e Monica Vitti (foto Fai)
La Cupola di Dante Bini per Antonioni e Monica Vitti (foto Fai)
La Cupola di Dante Bini per Antonioni e Monica Vitti (foto Fai)

Michelangelo Antonioni era approdato in Gallura nel 1964, per girare la celebre scena sulla spiaggia rosa di Budelli per "Deserto Rosso", il suo primo film a colori, Leone d'oro a Venezia. La lunga sequenza in cui la bambina (la sarda Beatrice Pala) fa il bagno nell'acqua trasparente dell'isola e corre su una spiaggia ancora veramente rosa, resterà nella storia del cinema e dell'arcipelago benché il film - nel suo complesso - fosse ambientato a Ravenna. La spiaggia di Cala di Roto (il vero nome della spiaggia rosa) era lo scenario ideale della favola che la protagonista Giuliana (interpretata da Monica Vitti) racconta a suo figlio, e da allora nell'immaginario dei cinefili la spiaggia più famosa di Budelli è indissolubilmente legata a quella scena.

Fu in quell'occasione che Antonioni conobbe Pierino Tizzoni, l'imprenditore che stava per realizzare il villaggio che sarebbe diventato Costa Paradiso, nel territorio di Trinità d'Agultu, e che scelse quel lembo estremo di Sardegna, affacciato sulla Corsica, come buen retiro, lontano dalla mondanità. Fu però Monica Vitti, nel 1968, l'artefice dell'incontro col visionario architetto Dante Bini (noto come l'architetto delle piramidi) che aveva conosciuto a Cortina e che le aveva parlato della nuova tecnica costruttiva che stava sperimentando. Così, con una clausola di riservatezza, gli fu affidata la progettazione della villa che fu costruita tra il 1968 e il 1971. La tecnologia in questione, ideata e sviluppata negli anni Sessanta da Bini, si chiama Binishell e consisteva in un'unica gettata di cemento armato gonfiata dalla presenza di aria al suo interno. Le aperture venivano ottenute bucando le pareti una volta che il cemento si era solidificato. Sono 1500 gli edifici costruiti in 243 paesi del mondo con questa tecnica particolarmente sostenibile. Otto sono in Sardegna: oltre alla villa di Antonioni e a un'altra più piccola accanto, un piccolo villaggio nell'isola dei Cappuccini.

La cupola, che poi fu venduta ed è di proprietà privata quindi inaccessibile, è al centro di una campagna, sostenuta soprattutto dagli architetti, che ne chiede la tutela e la valorizzazione. Nel 2015 il Ministero dei Beni culturali l'ha vincolata per tutelarla e salvaguardarla dal punto di vista urbanistico. L'olandese Rem Koolhaas, curatore della 14esima Biennale di Venezia, l'ha definita "una delle architetture migliori degli ultimi cento anni". Lo scorso anno l'associazione "De rebus Sardois" ha lanciato una petizione su Change.org per la valorizzazione dell'opera, iniziativa alla quale si è affiancata la candidatura tra i luoghi del cuore del Fai. Architettura e non solo, la Cupola - che fu cenacolo di artisti ed intellettuali - è un luogo simbolico per l'arte e la cultura italiana. La villa è in stato di abbandono e degrado e inaccessibile benché riscuota un grandissimo interesse, soprattutto tra appassionati e studiosi di architettura e di cinema italiani e stranieri, e sia oggetto di studi in tutto il mondo. Un museo o un centro espositivo sono tra le possibilità aperte per una nuova vita di un'opera simbolica dell'architettura del Novecento affacciata su uno dei panorami più belli e suggestivi del Mediterraneo.
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