Nessuno quel giorno, sulla spiaggia di Sabaudia, poteva pensare che la quindicenne presa ripetutamente a schiaffi da un signore molto più maturo di lei sarebbe poi divenuta la signora in rosso della musica italiana. L’uomo violento era Alberto Sordi, e la ragazza si chiamava Fiorella Mannoia. Oggi una delle cantanti più raffinate e apprezzate nel nostro Paese, che in questi giorni festeggia il traguardo dei 70 anni. Quel pestaggio era in realtà la scena di un film, piuttosto famoso anche se ormai lo ricorda solo chi ha superato il mezzo secolo di vita: “Amore mio aiutami”, regia dello stesso Sordi su soggetto di Rodolfo Sonego, poi uscito nelle sale nell’autunno del 1969.

L’altra grande protagonista della pellicola era Monica Vitti, nel film la moglie di Sordi, che però perdeva la testa per un amico (impersonato da Silvano Tranquilli). La grande intuizione della storia, nell’atmosfera di grandi cambiamenti sociali e politici avviata col Sessantotto, era ritrarre il lacerante dramma interno di Giovanni Machiavelli, ossia il marito: teoricamente un uomo moderno e aperto, rispettoso delle donne, ma in realtà incapace di accettare che sua moglie Raffaella-Monica Vitti potesse lasciarlo. Un anno prima che il Parlamento approvasse la legge sul divorzio, quell’opera anticipava la difficoltà dei maschi italiani ad adeguarsi a un costume sociale che non vedeva più le loro mogli sottomesse e costrette a restare a ogni costo nel focolare domestico, segregate dalla dipendenza economica e dal giudizio degli altri, anche quando l’amore fosse finito e persino in caso di violenze in famiglia. Difficoltà presente ancora oggi, come dimostrano le orribili cronache sui femminicidi.

Al lavoro come confrofigura

La scena, passata alla storia, degli schiaffi in spiaggia alla moglie da parte di un Machiavelli che aveva ormai perso ogni bussola di se stesso, rappresentava il cedimento della sedicente modernità del marito alla sua stessa anima legata al passato. E Fiorella Mannoia che c’entra? Era la controfigura di Monica Vitti: nelle inquadrature in cui la protagonista doveva ruzzolare malamente sotto i colpi reiterati di Sordi-Machiavelli, si preferì utilizzare una ragazza che fosse più abile a cadere senza farsi male, visto che era abituata a fare la stuntwoman.

La locandina di "Amore mio aiutami", film del 1969 con Monica Vitti e Alberto Sordi
La locandina di "Amore mio aiutami", film del 1969 con Monica Vitti e Alberto Sordi
La locandina di "Amore mio aiutami", film del 1969 con Monica Vitti e Alberto Sordi

Proprio così: prima di intraprendere la strada della musica leggera, il primo sogno di Mannoia fu il cinema. Era ancora giovanissima, ma aveva iniziato a seguire le orme del padre, un siciliano che si era trasferito a Roma e aveva trovato una sua collocazione stabile facendo, come si diceva allora, il cascatore: quello che cadeva nei film, o comunque girava le scene pericolose per non mettere a repentaglio l’incolumità degli attori protagonisti.

Fiorella, oltre ad avere la naturale agilità dell’adolescenza, aveva imparato bene il mestiere paterno: tra l’altro era bravissima a cavallo, e per questo motivo aveva debuttato nella commedia musicale di ambientazione western “Non cantare, spara”, sostituendo nelle scene equestri Lucia Mannucci, la voce femminile del Quartetto Cetra (i componenti dello storico complesso vocale costituivano la parte principale del cast). Sempre per la sua abilità in sella, Mannoia in quegli anni fu anche scritturata per il celebre sceneggiato televisivo prodotto dalla Rai “La freccia nera”, in cui la futura regina della musica prendeva il posto, quando c’era da cavalcare, di Loretta Goggi.

In quella che poi si rivelerà solo una parentesi cinematografica, Fiorella Mannoia si trovò a fare da controfigura varie volte a Monica Vitti, non solo in “Amore mio aiutami”, e in un’occasione alla star americana Candice Bergen nella produzione in lingua inglese “The hunting party”, tradotta in Italia come “Il giorno dei lunghi fucili”. Le capitarono anche alcune parti in cui venne chiamata non più solo a cavalcare o cadere, ma a recitare in prima persona: western all’italiana come “Una colt in mano al diavolo”, oppure “E il terzo giorno arrivò il corvo”, ma si trattava di ruoli di secondo piano, che non sembravano promettere un grande futuro nel mondo del cinema.

Il successo sul palco

Nel frattempo però la ragazza nata a Roma il 4 aprile 1954 aveva iniziato a cantare, e la sua voce non era passata inosservata, come la sua personalità carismatica. I 45 giri di esordio (“Gente qua gente là”, “Occhi negli occhi”), le prime esibizioni al Festival di Castrocaro e a Un disco per l’estate, poi negli anni Settanta la lunga collaborazione artistica col produttore Memmo Foresi, che per qualche tempo fu anche il suo compagno: il primo album, nel 1972, si intitolò proprio “Mannoia Foresi & co.”, e fecero seguito vari singoli. Abbastanza per capire che quella era la sua vera vocazione: e all’inizio del decennio successivo si spalancarono le porte del successo, col duetto con Pierangelo Bertoli per “Pescatore” e soprattutto con la sfacciataggine rock di “Caffè nero bollente”, interpretata con tutta la sua grinta al Festival di Sanremo del 1981. Da quel momento la luce di Fiorella Mannoia ha sempre continuato a illuminare la scena musicale nazionale.

Una giovanissima Fiorella Mannoia negli anni Settanta
Una giovanissima Fiorella Mannoia negli anni Settanta
Una giovanissima Fiorella Mannoia negli anni Settanta

Il cinema è diventato quindi solo un lontano, piacevole ricordo, e così anche le botte prese da Alberto Sordi a Sabaudia (“ma non mi era arrivato neppure uno schiaffo”, ha raccontato lei anni dopo, divertita, spiegando che l’unico fastidio era dover cadere sulle dune). Ma nessun rimpianto per quel che non è stato, grazie alle tante soddisfazioni ottenute al microfono: Mannoia è diventata tra l’altro una delle voci preferite dai grandi cantautori, da Enrico Ruggeri a Ivano Fossati, per i brani di loro creazione. Non a caso è la donna che più volte, ben sei, si è aggiudicata il premio Tenco. E l’ultima, recentissima partecipazione a Sanremo 2024, con la canzone “Mariposa” che ha vinto il premio Sergio Bardotti per il miglior testo, dimostra che, a 70 anni, questa grande artista italiana ha ancora molto da dare.

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