La cavalcata del Cagliari verso la Serie A rientra di diritto tra le imprese da incorniciare della storia rossoblù, di sicuro è tra le più emozionanti. Promozione strappata all’ultimo respiro in una stagione che aveva regalato più incertezze che speranze, peraltro dopo il disastro della retrocessione di un anno fa. Per disegnare il colpo di scena dell’impresa rossoblù ai playoff c’è voluta la mano saggia di Claudio Ranieri, ormai simbolo leggendario delle riscosse del Cagliari. Quei trent’anni e passa che hanno separato le due esperienze del tecnico romano nell’Isola sono un pezzo unico nella storia del calcio e aggiungono entusiasmo davanti alla Serie A appena riconquistata. Lapadula e compagni hanno ribaltato le regole non scritte degli spareggi finali, approdando nel massimo campionato da quinta in classifica: nelle sedici esperienze precedenti era già successo solo tre volte, ma i rossoblù hanno aggiunto alle statistiche un pezzo tutto loro. Mai la terza squadra in classifica aveva perso la Serie A dopo aver pareggiato nella gara di andata. È successo al Bari, che si è ritrovato testimone muto del trionfo di Ranieri e della sua squadra.

CAMBIA LA STORIA. La corsa vincente nei playoff ha finalmente rotto la tradizione che aveva sempre visto soccombere ì rossoblù negli spareggi, nelle gare da dentro o fuori. Una tradizione amara spazzata via dal gol di Pavoletti che ha gelato i sessantamila del San Nicola. Tante le esperienze passate, con una costante: al Cagliari era sempre andata male. Per due volte la promozione in A era sfumata agli spareggi finali: la prima volta nel lontanissimo 1954, con la sfida secca (persa 2-0) a Roma con la Pro Patria, poi nel 1977 nella corsa a tre (per due posti) con Atalanta e Pescara che vide prevalere nerazzurri e abruzzesi. Non solo promozione ma anche retrocessione. Come nella gara secca di Napoli nel 1997, quando il Cagliari venne superato dal Piacenza 3-1 nella bolgia del San Paolo, scivolando in B. Fino all’incubo di un anno fa, con il gelido 0-0 di Venezia all’ultima giornata che provocò una retrocessione inattesa. Scenario choc che richiamava in qualche modo quello del 1983: ultima di campionato, il Cagliari aveva un punto di vantaggio sull’Ascoli ma si ritrovò a giocare proprio a casa dei marchigiani. Venne sconfitto 2-0, sorpasso in classifica e Serie B per i rossoblù. 

LA SQUADRA E I TIFOSI. Ma ora Ranieri e i suoi hanno rimesso il Cagliari dalla parte giusta della storia, con una Serie A che non può restare lontana dalla Sardegna. Lo dice il curriculum da prima fascia, con lo scudetto del 1970 che traccia un solco con la maggior parte delle squadre italiane (solo Napoli, Roma, Lazio e Fiorentina hanno vinto campionati in tutto il centrosud). Il Cagliari ha poi dalla sua tantissimi tifosi a dimostrare quanto sono seguite le gesta dei beniamini con la maglia rossoblù. Esistono varie statistiche sul tifo in Italia e tutto concordano sul fatto che il club sardo ha più di 500mila tifosi: il Cagliari  è l’ottava squadra più amata d’Italia dopo Juventus, Inter, Milan, Napoli, Fiorentina, Roma e Lazio. 

IL NUOVO STADIO.  I rossoblù si preparano ad affrontare per la 43esima volta la Serie A, abbracciata per la prima volta nel 1964. C’è solo una nota stonata a frenare l’entusiasmo di un ambiente che ha ritrovato passione e consapevolezza: la Unipol non è più in grado di reggere l’impatto con una piazza come Cagliari. La dimostrazione lampante è arrivata con la corsa ai biglietti per la finale di andata col Bari: migliaia di tifosi hanno dovuto rinunciare ad assistere alla partita per mancanza di posti. Un impianto da sedicimila spettatori non è dignitoso per la Serie A e per una squadra con la caratura dei rossoblù, che attira sugli spalti sostenitori da ogni parte dell’Isola. Il progetto per il nuovo stadio è in ballo già dal 2017 e si sposta da un cassetto all’altro della burocrazia. È arrivato il tempo di farlo partire, mettendo da parte le tensioni politiche e i continui cambi di pianificazione, cubature e destinazioni d’uso. La natura di stadio temporaneo a amovibile della Unipol Domus dovrà prima o poi diventare realtà. Serve un impianto calcistico moderno e funzionale, che possa prendere forma al più presto dalle ceneri del vecchio Sant’Elia, ormai rudere spettrale ridotto ad ammasso di calcestruzzo cadente. La Serie A è tornata, ora si aspetta un palcoscenico all’altezza.

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