Villasimius, Riserva dello Zingaro, Peloponneso, Creta, Cipro, Catalogna: le fiamme non conoscono confini e l’estate 2025 si sta rivelando una delle più devastanti degli ultimi anni. A pagare il prezzo più alto sono i boschi e le risorse idriche, mentre i territori rurali e le economie agricole sono sempre più in affanno.

Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, dal primo gennaio al 18 luglio 2025, in Italia sono andati in fumo oltre 52.000 ettari di vegetazione, tra boschi e macchia mediterranea.

Un dato già allarmante, aggravato dal fatto che rappresenta un aumento del 35% rispetto allo stesso periodo del 2024. E il peggio potrebbe ancora arrivare: se si confermasse l’andamento degli ultimi anni, si rischia di superare i 100.000 ettari bruciati entro settembre.

Due degli episodi più gravi si sono verificati in Sardegna, a Villasimius, e in Sicilia, nella Riserva dello Zingaro, dove centinaia di ettari di vegetazione preziosa sono stati distrutti, insieme a strutture, case e beni mobili. In entrambi i casi è stata messa a rischio anche la vita di residenti e turisti.

A livello nazionale, sono stati registrati oltre 3.000 interventi antincendio nella sola ultima settimana. Secondo Ispra e le Regioni, i danni diretti e indiretti potrebbero già superare 1,5 miliardi di euro, cifra destinata a crescere con l’avanzare della stagione secca.

«Un bosco che brucia non significa solo perdere alberi, ma distruggere servizi ecosistemici fondamentali come la protezione del suolo e la biodiversità. Per ricostruire ciò che il fuoco cancella, non basta una generazione», ha commentato Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi (Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue).

Ma non è solo l’Italia a bruciare. L’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche elenca una lunga serie di incendi che hanno devastato il bacino del Mediterraneo nel mese di luglio. In Spagna sono stati bruciati 5000 ettari nella Catalogna, 3300 a Tarragona, 3000 a Toledo. In Grecia si sono registrati danni enormi nel Peloponneso, Attica e Citera. A Creta sono andati in fumo oltre 7000 ettari, mentre a Cipro 100 100 km² di territorio vinicolo. In Albania, invece, 18 focolai, anche nel Parco Nazionale di Lura, mentre in Portogallo, Turchia e Bulgaria gli incendi segnalati erano estesi e difficili da contenere.

A peggiorare il quadro è l’estrema siccità che colpisce ampie zone della Penisola. La Puglia è tra le più esposte: in una sola settimana, gli invasi della Capitanata hanno perso oltre 5,5 milioni di metri cubi d’acqua, e il grande bacino di Occhito rischia di esaurire l’acqua potabile entro fine estate. In Basilicata, le due dighe principali (Monte Cotugno e Pertusillo) trattengono 46 milioni di metri cubi in meno rispetto al 2024.

Situazione diversa in Sicilia, dove si registra un incremento degli invasi pari a 93 milioni di metri cubi nella prima settimana di luglio, segnale positivo dopo mesi critici. Ma a giugno, le temperature record avevano già fatto perdere quasi 20 milioni di metri cubi di risorse idriche.

In Sardegna, la siccità colpisce duramente la Nurra e l’Alto Cixerri, compromettendo non solo l’agricoltura ma anche gli ecosistemi locali.

Anche i laghi del Centro Italia soffrono: il lago Albano ha perso 82 cm in meno di un anno, mentre il piccolo lago di Nemi è calato di 73 cm in quattro anni. Il lago Trasimeno ha subito un’ulteriore decrescita di 4 cm nell’ultima settimana.

Alcune zone del Nord, come il Veneto e la Toscana, hanno visto un aumento dei flussi nei principali corsi d’acqua, anche grazie ai recenti temporali. Ma secondo Massimo Gargano, direttore generale di ANBI, questi fenomeni sono «parcellizzati e insufficienti».

«L’analisi della situazione conferma la criticità che si sta creando nell’Europa meridionale. Senza un intervento mirato da parte di Bruxelles, questi territori rischiano un declino ambientale e agricolo irreversibile, proprio quando diventa strategica l’autosufficienza alimentare», ha aggiunto Gargano.

(Unionesarda/Fr.Me.)

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