Detenuti al 41 bis a Uta, i vertici delle carceri sarde disertano il Consiglio regionale: «Bloccati dal Ministero?»
Nell’agenda delle commissioni Cultura e Salute c’erano le audizioni sull’arrivo dei mafiosi, le presidenti Soru e Fundoni: «Lo Stato si sottrae al dialogo»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Due commissioni del Consiglio regionale riunite (Cultura e Sanità) per affrontare un tema spinoso: l’arrivo a Uta di 92 detenuti al 41 Bis. Ma i principali “invitati” in audizione, i direttori delle carceri sarde e il provveditore regionale del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, non si sono presentati. Un’assenza in blocco che fa emergere un sospetto: hanno ricevuto ordini dall’alto, quindi direttamente dal ministero della Giustizia?
Quesito che si pongono le presidente delle commissioni, Camilla Soru e Carla Fundoni, che non hanno potuto rivolgere le domande che avevano in programma.
L’apertura del braccio del penitenziario Ettore Scalas, per le esponenti del Pd, è una «decisione grave e delicatissima, calata dall’alto, assunta senza alcun confronto preventivo con le istituzioni sarde, e destinata ad avere ripercussioni rilevanti su un sistema penitenziario regionale già segnato da gravi criticità: sovraffollamento, carenza di personale, condizioni ambientali estreme e gravi difficoltà nella gestione della sanità penitenziaria, la cui competenza, dal 1999, ricade sulle Regioni».
Oggi l’intenzione era quella di avviare «finalmente» un confronto pubblico, trasparente e responsabile su un tema di evidente interesse generale.
«Tuttavia», sottolineano Soru e Fundoni, «registriamo con forte rammarico che il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e i direttori delle carceri hanno ritenuto di non rispondere alla convocazione. Si tratta di una decisione grave, che riteniamo non possa essere personale», è lo spillo, «ma che in ogni caso deve essere riferita all’amministrazione della quale fanno parte, e che in ogni caso determina l’impossibilità, per un Consiglio regionale democraticamente eletto, di poter svolgere in piena autonomia le proprie funzioni di vigilanza, analisi e indirizzo su una questione che investe la sicurezza pubblica, la salute collettiva e l’equilibrio sociale di un’intera comunità».
Una decisione, quella di non presentarsi, «che pone ulteriori, e pesanti, interrogativi sullo stato del dialogo istituzionale tra lo Stato e la Regione, o meglio sulla scelta dello Stato di sottrarsi a tale dialogo».
«La decisione del Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e dei direttori degli istituti penitenziari sardi di non rispondere alla convocazione delle Commissioni del Consiglio regionale della Sardegna è un fatto gravissimo e senza precedenti», l'attacco del senatore del Pd Marco Meloni. «Poiché non è credibile che funzionari dello Stato decidano, simultaneamente, di disertare un’audizione istituzionale su un tema così delicato, presenterò un’interrogazione urgente al Ministro della Giustizia per sapere se questa assenza sia il frutto di una scelta del Ministero da lui diretto. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un gravissimo sgarbo istituzionale, che mina il rapporto di collaborazione tra lo Stato e la Regione Sardegna».
«Chi rappresenta le istituzioni ha il dovere di confrontarsi, di rispondere, di rendere conto», prosegue Meloni. «Negarsi al dialogo istituzionale significa indebolire la trasparenza, umiliare il principio di leale collaborazione e ignorare le legittime prerogative di un’assemblea democraticamente eletta. Sulle carceri in Sardegna è in corso una pressione insostenibile, che riguarda la sicurezza, la sanità e l’equilibrio sociale dell’intera comunità regionale. Lo Stato non può voltarsi dall’altra parte. Noi continueremo a incalzare il governo perché si faccia carico della gravità della situazione».
(Unioneonline/E.Fr.)