Una vita dedicata ai bambini. Maestra elementare, mamma di cinque figli, nonna di sette nipoti, Teresa Palomba Secchi, storica insegnante della scuola di via Stoccolma, quartiere cagliaritano di Genneruxi, ancora oggi a 92 anni dedica ogni momento libero della giornata per realizzare sciarpe, berrettini di lana e vestitini che poi affida alle volontarie dirette nelle missioni umanitarie di mezzo mondo.

«Per me i bambini sono il futuro del mondo», sorride dal salotto del suo appartamento nella zona di Monte Urpinu,  sono la parte più importante e fragile della società insieme gli anziani come me. Un gesto nei loro confronti è sempre importante e cerco di coltivare per i bambini e per i bisognosi lo stesso affetto che ho riservato ai miei alunni, i miei figli, i miei nipoti».

Teresa Palomba, 92 anni (foto Paolo Carta)
Teresa Palomba, 92 anni (foto Paolo Carta)
Teresa Palomba, 92 anni (foto Paolo Carta)

Nata Masullas nel 1931, «zona dove mio nonno era medico condotto», ha seguito il padre, capitano dei carabinieri, a Cagliari dove Pippo Palomba era ufficiale di collegamento fra le truppe statunitensi e quelle italiane. «Ho studiato a Cagliari, in periodo di guerra siamo stati anche sfollati proprio a Masullas, dove la mia famiglia aveva diverse proprietà. Dopo il diploma magistrale ho cominciato subito a insegnare attorno al 1955. Nel 1959 le nozze con mio marito, Nino Secchi, anche lui di Masullas, perito agrario all’Etfas. Sono arrivati cinque figli, Ferdinando (classe 1960), Giuseppe (64), Simona (65), Silvia (69) e Alberto (71), la nostra gioia, che è proseguita poi con la nascita dei nipoti».

Per Teresa Palomba l’insegnamento è stato una missione, una scelta di vita precisa: «Ho sempre pensato che i bambini di prima elementare, quando arrivano a scuola a sei anni, siano come un sacco vuoto che noi maestre dobbiamo riempire. Di basi solide per l’italiano e la matematica, certo, ma soprattutto a mio avviso è importante che i bambini ricevano affetto, stimoli, che vengano lasciati liberi di esprimere le loro fantasie, la loro spensieratezza. La maestra deve insegnare a studiare più che le nozioni. E ho cercato di applicare questo metodo ovunque io sono stata. Senza trascurare le tabelline e le poesie a memori, un ottimo esercizio per la mente e per la vita».

Perché Teresa Palomba, prima di arrivare nell’istituto di via Stoccolma, ha insegnato in mezza provincia. Ogni tappa un ricordo, conservato oggi in una cartella rosa che custodisce disegni, temi, bigliettini ricevuti dagli alunni. E ogni tanto Maestra Teresa rilegge i componimenti più curiosi: «Come quello di una bambina di Gonnosfanadiga, Silvia, che nel 1957 inventò una bellissima storia di un bambino monello che per punizione fu costretto dai genitori a dormire insieme gli animali da cortile».

Poi le tappe a Olia Speciosa, Dolianova, Donori, Monserrato, San Sperate, prima della cattedra in via Garavetti a Cagliari e per gli ultimi 17 anni in via Stoccolma, «praticamente nel mio quartiere: e ancora oggi al market o in parrocchia mi capita di incontrare i genitori dei miei alunni o anche i miei ex scolari: è sempre una bellissima emozione».

La maestra Teresa Palomba in classe a Olia speciosa nel 1962 (foto concessa da Teresa Palomba)
La maestra Teresa Palomba in classe a Olia speciosa nel 1962 (foto concessa da Teresa Palomba)
La maestra Teresa Palomba in classe a Olia speciosa nel 1962 (foto concessa da Teresa Palomba)

Impossibile ricordare tutti gli aneddoti di 40 anni di insegnamento. Alcuni bambini sono rimasti nel cuore della maestra famosa per la sua pazienza e per l’amore che ha trasmesso a intere generazioni: «Con i bambini quel che semini poi raccogli. C’era un ragazzino a San Sperate che arrivava in classe ogni mattina dopo aver aiutato il padre in un ovile. Aveva sempre le mani sporche di terra, le unghie nere. Un giorno gli dissi che anche io, quando pulivo i carciofi, finivo con avere le mani in pessime condizioni. Allora, gli spiegai, uso un trucchetto, in un lavamano metto poco poco varechina e lascio le mani in ammollo. Qualche giorno dopo quel bambino si avvicinò e senza dire una parola mi fece vedere le sue mani linde».

Teresa Palomba con una delle sue classi alla scuola elementare di via Stoccolma (foto concessa da Teresa Palomba)
Teresa Palomba con una delle sue classi alla scuola elementare di via Stoccolma (foto concessa da Teresa Palomba)
Teresa Palomba con una delle sue classi alla scuola elementare di via Stoccolma (foto concessa da Teresa Palomba)

Un bambino, poi, a Cagliari, faceva disperare la madre che andò a confidarsi con Maestra Teresa: «Mio figlio nella borsa di scuola mette anche i soldatini. Non se ne libera mi un minuto, io lo rimprovero ma lui continua a disobbedirmi>. L’insegnante la consolò: <Guardi, uno dei miei figli è così affezionato a questi soldatini che li conserva in frigorifero. Non si preoccupi, probabilmente li considera suoi amici, nel suo mondo di fantasia, io lo controllerò e gli impedirò soltanto di tirarli fuori durante la lezione. E in effetti ci giocò sempre solo all’ora di ricreazione».

Teresa Palomba ricorda ogni particolare dei suoi anni di insegnamento. «Anche quel bambino che per un problema fisico non riusciva a camminare, strisciava i piedi e voleva stare sempre in braccio a me. Mi seguiva anche quando durante l’ora di ricreazione andavo al primo piano della scuola per prendere un caffè insieme alle colleghe». E ancora quella volta che un bambino fu dimenticato a scuola dai genitori impegnati al lavoro: «Non ho voluto lasciarlo solo nell’andito insieme alle bidelle, così chiamai i genitori e dissi loro: lo porto a casa mia per pranzo, venite con calma nel pomeriggio a riprenderlo. E mangiò il minestrone insieme a mio marito e ai miei figli».
Un mondo scolastico che forse non c’è più. Teresa Palomba sorride: «La società è cambiata: i genitori si separano, non mettono più al primo posto i bambini, non pensano alle loro sofferenze. Forse non è giusto, ma dobbiamo accettarlo e pensare di colmare noi insegnanti questo vuoto con l’affetto. Ai miei alunni davo massima libertà, li portavo in gita, li coinvolgevo nel teatro, assegnavo loro tante ricerche. Oggi con i telefonini è tutto più difficile, me ne rendo conto: è complicato far capire ai ragazzi come si cerca un’informazione, come si affronta una ricerca: hanno tutto a portata di clic». Teresa Palomba ricorda sono uno scontro con un genitore: «Il figlio era più avanti degli altri compagnetti e la mamma voleva che lo seguissi di più. Le risposi che il compito era insegnare a una classe intera, non solo a un bambino per quanto bravo».

Da ultranovantenne ancora in forma Teresa Palomba adesso dedica la giornata ai lavori a maglia, al ricamo e al cucito: «I vestitini, le sciarpe e quant’altro le regalo a chi le porta poi nelle missioni in Africa o in parrocchia per aiutare chi ha bisogno. Ci sono sempre più persone purtroppo che in questa società hanno difficoltà ad andare avanti, a garantirsi un presente dignitoso».

Alcune bambine di una missione in Africa indossano i vestiti preparati dalla maestra Teresa Palomba (foto concessa da Teresa Palomba)
Alcune bambine di una missione in Africa indossano i vestiti preparati dalla maestra Teresa Palomba (foto concessa da Teresa Palomba)
Alcune bambine di una missione in Africa indossano i vestiti preparati dalla maestra Teresa Palomba (foto concessa da Teresa Palomba)

C’è una cartella rosa in cui Teresa Palomba raccoglie i temi più belli, le foto delle sue classi, i pensieri che i bambini le hanno regalato l’ultimo giorno di insegnamento in via Stoccolma. E c’è un quadernetto a righe scritto con un grafia elegante e d’altri tempi, esemplare, nel quale maestra Teresa racconta la sua infanzia a Masullas, il suo amore per il marito Nino, per i figli, per i suoi alunni, per la vita: «L’ho detto ai miei figli quando con Nino, scomparso purtroppo da qualche anno, abbiamo festeggiato 60 anni di matrimonio: non ho rimpianti, ho avuto un vita bellissima, colma di affetto, sacrifici e anche soddisfazioni. Mio marito era un perito agrario, ha seguito per conto dell’Etfas le cantine sociali, le aziende vitivinicole, aveva una grande passione per il suo lavoro. E certi sentimenti li abbiamo trasmessi ai nostri figli soprattutto con l’esempio. Figli e nipoti che ancora oggi sono molto presenti, vengono a trovarmi, non mi fanno mancare nulle. Posso dire solo grazie a Dio per quello che ho avuto e per avermi dato la fortuna di avere una bellissima famiglia, tanti amici e di aver potuto lavorare con i bambini a scuola».

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