Quel 22 maggio 1881 fu proprio un delirio. Oristano sembrava il centro del mondo. In epoca di dirette televisive, di social e Internet, quel giorno avrebbe spopolato. Sarebbe rimbalzato da un tg all'altro, volato di post in post, di bacheca in bacheca, con una potenza virale da pandemia web. Tre giorni di celebrazioni in onore della statua in marmo di Carrara, dedicata a Eleonora d'Arborea. Scalpellino, l'artista toscano Ulisse Cambi. Autorità di ogni ordine e grado, folle festanti e pubblico di curiosi arrivati da tutta l'isola grazie alla nuova ferrovia. «La statua fu scoperta mentre un coro di giovinette cantava l'inno composto per l'occasione. Parlarono quindi il sindaco, il prefetto, il sottoprefetto, il sindaco di Cagliari e ultimo il Satta Musio (Antonio Giuseppe, a capo del Comitato di Cagliari, uno dei tanti nati per sostenere l'iniziativa, ndr). Altri discorsi vennero pronunciati dopo il banchetto tenuto nel convento dei Filippini». È la ricostruzione fatta dallo storico Lorenzo del Piano che nel suo libro "Giacobini e Massoni in Sardegna fra Settecento e Ottocento", ha dedicato diverse pagine alla storia del monumento a Eleonora d'Arborea. Sempre Del Piano: «Completarono il programma dei festeggiamenti, il ballo tenuto al Teatro San Martino e, il giorno dopo, una sfilata di gruppi in costume di Ploaghe, Fonni, Nuoro, Bono, Osilo, Paulilatino, Ossi, Sorgono, Orune, Dorgali, Oristano (costume antico), Samugheo, Busachi, Gavoi, Ozieri, Iglesias, con premi ai costumi migliori indossati da "distinte signorine". Vennero premiati anche i bambini delle elementari e, nel pomeriggio, i partecipanti alle corse dei cavalli, guidati in acrobatiche evoluzioni, da cavalieri indossanti i costumi di Paulilatino, Fonni, Mamoiada, Oristano, Tula, Abbasanta, Milis».

SIMBOLO DEL RISCATTO Ma è la rigorosa ricerca dello studioso Gigi Piredda, di Oristano, condotta attraverso documenti e atti inediti, a svelare i risvolti sociali e soprattutto politici e ideologici che hanno spinto il capoluogo arborense a dedicare un monumento a quella donna che Carlo Cattaneo non esitò a definire «la figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica». Parole quelle di Cattaneo che alimentarono quella Eleonoromania, per dirla con le parole della Gazzetta Popolare, scoppiata nella seconda metà del secolo XIX, un po' in tutta Italia, in onore della Giudicessa sarda. Non solo nascono opere teatrali, ben quattro, basate sulla Giudicessa, ma il nome di Eleonora venne dato a una delle prime locomotive che percorsero i pochi chilometri di strada ferrata costruiti nel 1864-65. Ci fu anche un «Elixir febbrifugo Eleonora prodotto ad Oristano dal farmacista Raffaele Leu», ricorda Del Piano. La figura di Eleonora aveva conquistato tutti, tanto che fu immediata la mobilitazione generale per trovare fondi da destinare al monumento. Un simbolo unico che quest'anno compie 140 anni.

Lo studioso Gigi Piredda (foto archivio L'Unione Sarda)
Lo studioso Gigi Piredda (foto archivio L'Unione Sarda)
Lo studioso Gigi Piredda (foto archivio L'Unione Sarda)

L'INNO Giampaolo Mele di Santu Lussurgiu, Ordinario di Storia della musica medioevale all'Università di Sassari, è autore di un'importante ricostruzione storica e culturale (di prossima pubblicazione) incentrata sugli eventi artistici e sulla produzione letteraria e musicale legati alla Giudicessa. «L'Inno a Eleonora d'Arborea, di cui abbiamo ritrovato la musica - spiega Mele - composto dall'avvocato Pietro Mossa, musicato da Giovanni Battista Dessy (1834-1918) e stampato probabilmente per la prima volta nel 1865, venne solennemente cantato ad Oristano il 22 maggio del 1881, allorquando venne inaugurato il monumento a Eleonora». Mele ricorda che quell'inno «pomposo e allo stesso tempo scorrevole», fu cantato suo malgrado anche dal giovane Antonio Gramsci «a dire il vero con scarso entusiasmo, come riconosce lui stesso, nelle scuole elementari di Ghilarza, sotto la guida del "maestro cavalier Pietro Sotgiu", nell'anno scolastico 1901-1902».

Il monumento dedicato a Eleonora d'Arborea (foto archivio L'Unione Sarda)
Il monumento dedicato a Eleonora d'Arborea (foto archivio L'Unione Sarda)
Il monumento dedicato a Eleonora d'Arborea (foto archivio L'Unione Sarda)

ELEONORA DAY Quel 22 maggio 1881, dunque, fu il giorno di Eleonora vissuto attraverso una grande partecipazione di popolo. Ma non fu facile arrivare a quella data. Fonti archivistiche hanno portato Piredda sul lungo e travagliato iter che ha preceduto quell'appuntamento. Partiamo, per ora, dall'11 giugno 1860. Il Consiglio comunale di Oristano con sindaco Francesco Enna Floris, vota un atto che impegna la Giunta a erigere un monumento a Eleonora d'Arborea. Da qui si può iniziare, anche se recenti indagini di Piredda svelerebbero altre novità. «La storia del monumento di Eleonora d'Arborea è sempre stata controversa - precisa lo studioso - costellata da equivoci, false interpretazioni, elaborazioni fantasiose. In realtà fu un'operazione ideologica e politica molto profonda, fatta dagli oristanesi, dalla classe dirigente dell'epoca e dall'élite oristanese che non era esclusa dai circuiti nazionali». C'è alla la base, insomma, la volontà di rivendicare il ruolo di Oristano quale capitale di Sardegna. Un risveglio politico e sociale di affrancamento da Cagliari, senza precedenti. Nel 1863 venne così formato un Comitato (nove consiglieri comunali più il canonico Salvator Angelo De Castro) che fissò le linee guida per la realizzazione del futuro monumento. «Una donna simbolo di speranza e grandezza, ma in quanto donna con tutte le sue virtù muliebri», annota Piredda.

Giampaolo Mele, direttore scientifico Istar (foto archivio L'Unione Sarda)
Giampaolo Mele, direttore scientifico Istar (foto archivio L'Unione Sarda)
Giampaolo Mele, direttore scientifico Istar (foto archivio L'Unione Sarda)

LAICI E MASSONI «La prima parte dell'iniziativa vede il Comitato oristanese in prima linea. Si chiede ai cittadini sardi di contribuire, anche i bambini delle elementari danno la loro piccola offerta per la costruzione della statua. A questo comitato si aggiunge poi quello di Cagliari, presieduto da Antonio Giuseppe Satta Musio». Molto conosciuto, Satta Musio era legato alla massoneria di Cagliari e nipote di un importante senatore. Si prese tanto a cuore l'iniziativa da farsi chiamare "Brancaleone", dal nome del marito di Eleonora. Del Piano ricorda il ruolo che ebbe la Massoneria. Scrive: «Da Casale non mancò l'appoggio del Lachenal (Pietro Francesco de Lachenal, fu il primo maestro venerabile in Sardegna, fondò nel 1861 a Cagliari la loggia Vittoria, la prima in Sardegna, su mandato del Grande Oriente per divulgare il credo massonico, ndr) che costituì un comitato di signore e signorine, presieduto dalla moglie Lucilla, che ottenne un'offerta di 20 lire dal vescovo senatore Luigi Nazari di Calabiana». Lo storico poi aggiunge: «L'appoggio che la Massoneria dette all'iniziativa attraverso i suoi affiliati non passò inosservato, specie dopo l'offerta di 300 lire da parte della loggia "Vittoria", con conseguenti gravi imbarazzi per il De Castro, dato che i paolotti di Oristano erano convinti che il comitato di Cagliari fosse un nido di massoni».

IL CONCORSO Nel 1870 finalmente venne costituito un comitato tecnico-artistico per valutare i bozzetti presentati al concorso per il monumento. «Nessuna delle proposte presentate - fa notare Piredda - rispettava però i requisiti chiesti dal comitato dei dieci». Vinse comunque lo scultore toscano, professore di Belle Arti, Ulisse Cambi. Più che per la sua proposta, in realtà, per il suo curriculum. La statua venne ultimata nel 1874. «Cambi face il bozzetto e qualche lavoro di rifinitura - continua Piredda - ma il grosso del lavoro venne eseguito in alcune importanti bottega di marmisti di Massa Carrara, dai Lazzarini e Sandrini. Il basamento venne pagato interamente dal Comune (oltre 12 mila lire), e disegnato dall'architetto e scultore fiorentino Mariano Falcini».

IL TRASPORTO L'anno dopo la statua venne imbarcata a Livorno su una nave a vela della Compagnia Rubattino, alla volta di Cagliari e da qui a Oristano in treno sino alla stazione in piazza Ungheria. Restava da scegliere il sito dove collocare quel monumento così prezioso. «Nel 1873 - racconta ancora Piredda - ci fu anche una petizione popolare con 250 firme per posizionare la statua in Piazza Manno dove c'era la Reggia giudicale». Per l'amministrazione comunale e per molti intellettuali e studiosi, quanto di più sbagliato. «La petizione non passò. Mettere Eleonora davanti ai carcerati era quanto di più lontano dalle funzioni che quel simbolo avrebbe dovuto svolgere». La statua doveva catalizzare tutta l'oristanesità e rappresentare il nuovo centro della città. Così venne collocata dove si trova oggi, nell'allora piazzale degli Scolopi adiacente alla vecchia Piazza della Città.

L'EROINA Piredda insiste sul messaggio innovativo che quel monumento ebbe già dalla sua gestazione. «Quella statua è l'idealizzazione artistica di Eleonora: la Giudicessa vista come donna, regina, legislatrice e guerriera: un simbolo dunque. Va da sé che non c'entra affatto la rappresentazione simbolica dell'Italia, come talvolta viene ipotizzato. La statua è un simbolo laico e liberale. Come liberale era in gran parte la tradizione politica oristanese di quegli anni. Il canonico De Castro, d'altra parte, amico di Cattaneo e di Gioberti, era un sostenitore del liberalismo cattolico. Posizione che non gli risparmiò qualche problemino col suo arcivescovo. Ma questa è un'altra storia. Non fece in tempo a godersi l'E-Day: il canonico De Castro morì il 31 marzo dell'anno prima.
© Riproduzione riservata