Come mai è bastato così poco tempo per produrre un vaccino contro il Covid-19? È la domanda carica di sospetto che viene anche dal fronte dei terrapiattisti, la massa di no-vax che agita lo spettro di Big Pharma in piena pandemia. È una domanda che comunque una risposta, anzi più d'una, ce l'ha e vale la pena raccontarla qui. Intanto questo farmaco è una vittoria della ricerca scientifica che ha potuto accelerare le sperimentazioni grazie al sostegno di investimenti straordinari: basti pensare che se gli Stati Uniti hanno impegnato ben 10 miliardi di dollari nel sostegno a Moderna, sede nel Massachusetts (finora l'aiuto più massiccio di un governo all'industria farmaceutica), anche la tedesca Biontech ha ricevuto importanti finanziamenti da Berlino e dall'Unione Europea.

Senza quei fondi, investiti nel pieno dell'emergenza, la sperimentazione sarebbe durata anni. Ma questa riduzione dei tempi, hanno spiegato gli esperti, non significa minore sicurezza. L'accelerazione, infatti, ha riguardato la successione temporale delle fasi che si sono sviluppate in parallelo e non in sequenza, ma non ha portato a un abbassamento degli standard di efficacia e sicurezza (basta vedere il rallentamento all'approvazione del vaccino Astrazeneca), ovvero della sperimentazione del vaccino sui gruppi di volontari: i test, come da protocollo, sono stati fatti su decine di migliaia di soggetti e gli effetti collaterali sono quelli visti per tutti gli altri vaccini. Ma c'è poi una seconda risposta da dare ai no-vax. A quasi un anno dall'inizio della pandemia abbiamo finalmente un'arma vera contro il virus grazie a diverse biotecnologie che fino a pochi anni fa non erano utilizzabili con questi tempi ristretti e questa efficacia.

Pfizer-Biontech (tandem del colosso farmaceutico statunitense e della startup tedesca) e Moderna (Stati Uniti) sono arrivati praticamente assieme, lavorando ciascuno per conto proprio sulla medesima tecnologia, al traguardo storico della produzione di un farmaco per arginare la pandemia. Un vaccino che rivoluziona lo schema finora usato per sollecitare la risposta immunitaria del nostro corpo dopo l'inoculazione. Cosa significa? Intanto va ricordato che il vaccino non fa altro che presentare al nostro organismo una sorta di "fotografia" sfocata di un patogeno - basta giusto qualche connotato - per dar modo al sistema immunitario di schedarlo, quindi di riconoscerlo e combatterlo qualora dovesse ripresentarsi. Nei vaccini per così dire tradizionali la fotografia dell'agente infettivo è rappresentata da virus trattati in laboratorio per renderli inoffensivi o da parti di questi, gli antigeni (le porzioni del patogeno riconosciute dal sistema immunitario): se inoculati, non sono in grado di portare alla malattia ma riescono comunque ad allertare una risposta e l'ingresso in campo dei nostri anticorpi.

Sono proprio gli antigeni la chiave di tutto. E sta qui la novità del vaccino anti-Covid: se prima l'antigene ci veniva inoculato per stimolare il nostro corpo a difendersi, adesso è il nostro corpo che produce l'antigene. Come? Utilizzando le informazioni che arrivano alle cellule tramite l'RNA messaggero (mRNA), il materiale genetico che grazie alla sua funzione di portalettere aiuta il nostro corpo appunto a produrre proteine. Con questo vaccino l'mRNA con la sua importantissima missiva viene somministrato dentro nanoparticelle di zuccheri e lipidi e, una volta arrivato alle cellule, si comporta un po' come un ambasciatore dotato di un piano per sconfiggere il nemico. Dà le dritte sull'antigene, dice cioè com'è fatta la proteina del nemico stimolando le cellule a produrla da sé. Il sistema immunitario, a questo punto, spedisce in trincea gli anticorpi che mandano a memoria la faccia di Sars Cov-2 pronti a eliminarlo qualora si presentasse. Siamo dunque davanti a una rivoluzione, a una tecnologia che cambierà la storia del vaccino. Va detto comunque che la ricerca sui vaccini RNA non è certo cominciata nel 2020: in piena pandemia è stata solo accelerata. È iniziata invece almeno quindici anni fa, in parte con le sperimentazioni sui farmaci contro i tumori.

"Aver sviluppato in dieci mesi il vaccino che sarà l'arma principale per uscire da questa pandemia è una cosa straordinaria, e di questo - dice Enzo Tramontano, docente di virologia e microbiologia dell'Università di Cagliari - la gente deve rendersene conto. La seconda arma sono i farmaci antivirali che comunque vanno sviluppati anche per difenderci da successive possibili pandemie». La conquista del vaccino, aggiunge, «è anche una preziosa lezione: dimostra infatti che quando un governo investe in ricerca i risultati arrivano, e arrivano presto. Pensiamo ai miliardi investiti dagli Stati Uniti e assegnati a Moderna: è chiaro che la maggior parte dei soldi saranno andati a coprire la fase della produzione, ma sono state incentivate comunque anche le fasi dello sviluppo clinico e preclinico. Miliardi di dollari, solo per un vaccino. E se pensiamo che l'Italia nel 2020 ha speso 200 milioni per tutta la ricerca di base ...".
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