Rivedere Cimabue, come suggerisce il titolo della mostra allestita al Louvre di Parigi, non è solo un modo per rendere giustizia a Cenni di Peppo (vero nome di Cimabue), il maestro rivoluzionario del XIII secolo, (morto nel 1302) citato da Dante nell'XI canto del Purgatorio (Girone dei Superbi) che ha insegnato a Giotto a diventare Giotto. Rivederlo, anzi vedere la mostra che il Louvre gli dedica fino al 12 maggio significa restituire alla figura di Cimabue il posto che merita: quello di un pioniere, un innovatore capace di riscrivere le regole della pittura e di inaugurare una nuova era visiva.

Il percorso espositivo celebra l’innovazione del suo stile, capace di rivoluzionare le convenzioni figurative ereditate dall’arte bizantina e rappresentando il mondo con tridimensionalità, corpi volumetrici e gesti naturali. Il “cuore” della mostra è rappresentato da due opere: La Maestà, spesso definita come l’atto di nascita della pittura occidentale, e La Derisione di Cristo, di cui il Louvre ha riunito per la prima volta gli unici tre pannelli oggi conosciuti, una tavola scoperta in Francia nel 2019 e riconosciuta come patrimonio nazionale. Questi due dipinti restaurati nel 2024 costituiscono il fulcro della mostra, che raccoglie una quarantina di opere per illustrare la straordinaria innovazione di Cimabue. Ma l’esposizione lascia davvero a bocca aperta: rappresenta una rara opportunità per approfondire la visione di un artista che, con la sua innovazione, ha gettato le basi per una nuova concezione dell’arte.

La derisione di Cristo al louvre
La derisione di Cristo al louvre

La derisione di Cristo al louvre

La mostra si conclude con un omaggio all’eredità di Cimabue attraverso le opere dei suoi allievi e contemporanei. In particolare, viene presentato il San Francesco che riceve le stimmate di Giotto, eseguito pochi anni dopo la morte di Cimabue nel 1302. L’opera, destinata alla stessa chiesa pisana della Maestà, testimonia il profondo impatto del maestro sui suoi successori, come Duccio di Boninsegna e Giotto, che avrebbero portato avanti la rinascita della pittura italiana. Ma testimoni anche il forte legame che lega il pittore di Firenze con Assisi e i francescani. “Se ci rivolgiamo a Cimabue come ad un artista geniale, uno dei più grandi della storia dell'arte, ci accorgiamo che incarna il processo di passaggio da un'astrazione, venuta dal mondo orientale, alla pittura naturalistica”, dice Thomas Bohl, conservatore del dipartimento di Pittura del Museo del Louvre e curatore della mostra Revoir Cimabue.

Cimabue è molto di più del “papà” di Giotto: è l'inventore di una pittura nuova che probabilmente è stato un po' dimenticato dalla storia dell'arte e dall'immaginario collettivo. Alla fine la mostra è un viaggio che lascia senza fiato. Che fa capire come questo artista sia stato unico al mondo.

© Riproduzione riservata