Il rumore continuo e ossessivo della macchina per cucire, due ragazzi con le cuffie in testa. Sicuramente ascoltano musica per coprire un suono fastidioso con uno gradevole. Le mani si muovono con rapidità tra aghi e tendifilo. Cuciono blue jeans, lavorano ore ed ore, guadagnano pochi soldi. Sono le immagini di “15 Hours”, un documentario che dura 15 ore, girato in presa diretta in una fabbrica cinese nella provincia dello Zhejiang, dove ci sono 18 mila aziende che impiegano 300 mila lavoratori migranti. L’autore dell’opera si chiama Wang Bing, un artista che ha lavorato per documentare il lavoro contemporaneo in Cina. Le immagini fanno parte di “Vertigo (Video scenarios of rapid changes), Le mutazioni della società in videoarte”, la rassegna inaugurata lo scorso 10 febbraio (resta aperta fino al 30 giugno) negli spazi moderni e accoglienti della fondazione Mast a Bologna.

La videoarte

«Le Galleries – si legge nel sito del Mast - ospitano 34 opere video che analizzano, commentano, approfondiscono e indagano il rapido cambiamento in ambiti come il lavoro e i processi produttivi, il commercio e i traffici, i nuovi comportamenti, la comunicazione, l’ambiente naturale, il contratto sociale.Quale mezzo artistico è più indicato dell’immagine in movimento per restituire, appunto, l’idea della trasformazione, della transizione e, infine, della vertigine che provoca questa mutazione continua? La mostra è strutturata in sei sezioni tematiche accompagnate da una serie di “Intermezzi“, video installazioni disseminate lungo il percorso espositivo che fungono da commenti agli eventi che costellano il presente, allo stato del mondo, alla condizione globale». Nei locali di via Speranza ci sono le opere degli artisti Lucy Beech, Will Benedict, Cao Fei, Chen Chieh-jen, Douwe Dijkstra, DIS, Simon Dybbroe Møller, Nina Fischer & Maroan el Sani, Melanie Gilligan, Simon Gush, Lauren Huret, Sven Johne, Kaya & Blank, Ali Kazma, Dominique Koch, Gabriela Löffel, Ariane Loze, Eva & Franco Mattes, Richard Mosse, Paulien Oltheten, Stefan Panhans & Andrea Winkler, Julika Rudelius, Pilvi Takala, Wang Bing, Anna Witt.

Luci, suoni, immagini

Video, installazioni, sei sezioni tematiche. Le opere sono fruibili attraverso il telefonino e le cuffie. Basta inquadrare i Qr Code per guardare le immagini. La mostra è curata da Urs Stahel. «Il problema che affligge noi occidentali – scrive nel catalogo – ma che sempre più coinvolge l’umanità nel suo complesso è una combinazione letale di accelerazione, quantità e complessità che, oltre a rappresentare una sfida, rischia palesemente di sopraffarci. L’esposizione nasce dalla riflessione sulla mole di informazioni elaborate da ciascuno di noi ogni giorno, che, combinate alla velocità e alla complessità, si trasforma in un fattore travolgente di cambiamenti nella società. La lettura, il pensiero e la memoria sono destinati a indebolirsi. Il risultato è che oggi ci troviamo a fare i conti con parametri in continua evoluzione, cambiamenti di proporzioni così colossali in termini di portata, velocità e qualità che non siamo più in grado di comprenderli, e nemmeno riusciamo a reagire in maniera adeguata. Il più delle volte ci sentiamo storditi, insicuri e smarriti: la vertigine – intesa nel senso più ampio, come incertezza, ottenebramento, mancanza di chiarezza e capogiro – è divenuta la nuova normalità».

La Fondazione Mast

Il Mast (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) è uno spazio espositivo realizzato nel 2013 dall’imprenditrice e filantropa Isabella Seragnoli. Si trova in via Speranza a Bologna e sorge vicino alla sede di Coesia, «I soci fondatori – si legge nel sito della Fondazione - sono Coesia, gruppo di aziende specializzate in soluzioni industriali e packaging basato sull’innovazione, e la Fondazione Isabella Seragnoli, organizzazione non profit privata e indipendente nata con lo scopo di promuovere e valorizzare attività e progetti rivolti alla comunità in particolare in ambito sanitario e socio-culturale. La Fondazione Mast aspira ad essere un luogo aperto nel quale ogni cittadino ha accesso all’apprendimento, alle arti, alla fotografia del mondo del lavoro, al fine di rappresentare una destinazione culturale che stimola e coinvolge, coniugando crescita e benessere delle persone».

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