Il Geoparco ha riacceso le guerre di campanile
Sede momentaneamente trasferita alla grande miniera di Serbariu"Il Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna è patrimonio dell'Isola intera ed è nato con la finalità di salvaguardare, tutelare e conservare i beni del patrimonio industriale di tutta la Regione, il relativo patrimonio tecnico, scientifico, storico, culturale ed ambientale, nonché il patrimonio archivistico documentale industriale sardo, dando particolare rilevanza ad apparati e strutture minerarie e siti geologici particolarmente rappresentativi insieme alle testimonianze immateriali determinate dagli uomini e dalle donne che hanno fatto grande la storia mineraria sarda di ogni territorio, ogni città o paese, che in questa intrapresa sono stai coinvolti".
Inizia così un breve intervento dell'assessora comunale alla Cultura di Carbonia a seguito della - affatto nuova - polemica legata a una guerra di campanile tra le due città minerarie Carbonia e Iglesias. Una guerra che tanti considerano appannaggio del passato ma che puntualmente torna in auge ogni qualvolta si tocchino temi che riguardano entrambe le città. Vuoi un trasferimento di un servizio sanitario da un ospedale all'altro (e parliamo di trasferte di 15 minuti, percorsi che in una grande città come Roma o Milano si affrontano per spostarsi da un quartiere all'altro), vuoi per un indirizzo scolastico (idem), vuoi per la sede di un ente o di un consorzio che ingloba più territori come è appunto il Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna. Questa volta, infatti, l'oggetto del contendere è il Geoparco e la polemica nata dalla decisione di trasferirne momentaneamente la sede da Villa Pertusola alla grande miniera di Serbariu.
La decisione risale al settembre 2020, quando la Giunta comunale di Carbonia ha accordato all'ente di ricerca il comodato d'uso gratuito dei locali. A nulla sono valse le spiegazioni del presidenre Tarcisio Agus, "è uno momentaneo spostamento degli uffici dovuto ai lavori programmati a Villa Pertusola: a Iglesias non siamo riusciti a trovare uno spazio tutto nostro ma manterremo il presidio". Il Comune di Iglesias aveva proposto al Parco varie soluzioni alternative fra ma, come è stato scritto in quel frangente "gli stabili non sembravano a norma per uffici: ci sarebbero voluti lavori e nessuna delle istituzioni si voleva accollare le spese". L'aggettivo "momentaneo" non è bastato a sopire le polemiche e al grido "Carbonia non è degna di essere la capitale della cultura mineraria" e statuto del Geoparco alla mano è andata in scena l'ennesima battaglia a "colpi di campanile".
A dirla tutta lo statuto non dice esattamente che la sede del Geoparco non possa essere spostata da Iglesias. Dice infatti all'articolo 6, comma 1, che "la sede del Consorzio è individuata nel territorio del Comune di Iglesias, salva diversa successiva determinazione unanime del Consiglio direttivo, acquisito il parere obbligatorio della Comunità del Parco, e comunque all'interno del territorio del Parco". Vero è che tutti questi passaggi, per spostare la sede a Carbonia, non sono stati fatti. Ma è anche vero che si tratta di uno spostamento momentaneo dovuto ai lavori, non un trasferimento definitivo. Una precisazione che però non ha rassicurato gli iglesienti. Da cui l'intervento dell'assessore di Carbonia che, per spiegare il suo punto di vista sul tema, parte da lontano.
"La prima rivoluzione industriale sarda possiamo attestarla dal 1849, anno della prima concessione mineraria, che ha dato vita ad un'esperienza straordinaria, fatta da uomini straordinari. Non di meno possiamo affermare che la seconda rivoluzione industriale sarda è segnata dalla nascita della città del Carbone, funzionale allo sfruttamento del Carbone Sulcis, che negli anni dell'autarchia ha rappresentato la prima risorsa energetica nazionale.
Carbonia è stata un progetto capace di suscitare un interessante dibattito tra architetti, urbanisti e lo stesso regime fascista sul dualismo città-campagna, urbanesimo - ruralizzazione; concepita come una città operaia "a bocca di miniera", risponde ad una funzione industriale frutto della politica autarchica e pertanto catalizzatrice di un sistema integrato di servizi e apparati quali porti, strade, ferrovie, acquedotti e bonifica, che hanno cambiato profondamente il territorio del Sulcis non solo dal punto di vista economico, ma anche nella struttura sociale ed antropologica.
Dopo Carbonia niente fu come prima: la città razionalista e futurista all'insegna del modernismo, del macchinismo e dell'efficientismo è stata lo spartiacque che ha permesso ad una comunità ancora arcaica di proiettarsi in un contesto moderno e dinamico, carico di promesse e di speranza nel futuro. E a buon diritto può considerarsi la capitale della seconda rivoluzione industriale sarda".
Ecco perché quel "Carbonia non è degna di essere la capitale della cultura mineraria" non è andata giù.
"Stupisce - conclude Sabrina Sabiu - che ancora oggi si facciano questioni di campanile riguardo un organismo, che per le sue prerogative dovrebbe unire e non dividere: il patrimonio industriale sardo è bene culturale riconosciuto a livello internazionale e si estende a tutta l'isola, che per le sue peculiarità ambientali, geologiche e geo morfologiche rende ogni area un unicum degno di attenzione, tutela e valorizzazione". Polemica chiusa? Difficile da credere.