Si aggirano fra i caffè e i bazar, le moschee e i cortili del Palazzo Topkapi (il sontuoso complesso ottomano dedicato alla vita dei sultani). Hanno un mantello lucido e pulito, si muovono con un fare quasi indolente, abituati e proprio agio nella bellezza della città straordinaria che li circonda. Sono i gatti di Istanbul, rispettati, nutriti, coccolati (anche dai turisti) anche perché aiutano a ripulire la città dai topi. Hanno soprattutto una valenza “sacra” perché secondo una leggenda fu proprio un gatto a salvare dal morso di un serpente il profeta Maometto.

C’è Elif, una gattina dal pelo rosso che vive accanto alla Torre di Galata, c’è Umut, chiazze bianche e nere, che fa le fusa a chiunque passi vicino ai locali notturni del quartiere (ricco) di Beyoglu, quindi Mustafa (che non sarebbe il suo vero nome ma il ristoratore che lo ospita nel suo locale di pesce lungo il ponte sul Bosforo l’ha chiamato così per semplicità). Sono migliaia i felini che si aggirano indisturbati tra le strade di Istanbul. Popolano la città da millenni, scivolando tra i giardini che circondano le moschee o curiosando pigri tra le botteghe dei mercati. Sono tutti bellissimi, tutti parte integrante di una città che ha fatto della tolleranza verso i gatti una delle sue cifre inconfondibili, tanto da essere stata definitiva “la città dei gatti”. Un’esperienza unica, di convivenza pacifica, quella di Istanbul: qui i gatti popolano davvero ogni passo della città godendo dell’accesso libero a qualsiasi negozio e museo.

I musulmani, come detto, hanno un'alta considerazione di questi animali, li considerano “puri”: la caotica ed elegante vecchia Bisanzio è in continua trasformazione (e contraddizione) ma ha nei suoi cittadini a quattro zampe una costante preziosa. L’amministrazione, prima che scoppiasse la pandemia, aveva persino organizzato un servizio veterinario (pagato dai contribuenti turchi) di assistenza per i gatti di strada in difficoltà: a bordo di mezzi rocamboleschi, andavano in giro per la città, soprattutto in estate, quando il caldo torrido e le cucciolate, rendono la vita degli amici a quattro zampe ancora più impegnativa. Uccidere uno di questi gatti, in questa terra, equivale a commettere un delitto morale, tanto che un popolare proverbio islamico recita che se hai fatto del male ad un gatto, l’unico modo per ricevere il perdono di Dio è quello di costruire una moschea.

Se il grado di civiltà di una città si misura anche per la pulizia delle strade e per il rispetto per gli animali, allora Istanbul raggiunge punte di civiltà elevatissime. Detto questo, non ci sarebbe però bisogno di andare lontano per scoprire una città di gatti: a Su Pallosu, Oristano, da tanti anni esiste una vera e propria oasi di pace per i felini, dove da anni opera un’associazione culturale. Vero: qui i gatti non sono parte integrante della quotidianità e della routine, come a Istanbul, ma sono comunque un esempio bellissimo di straordinaria convivenza pacifica.

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