È il parco campione di longevità in Italia, scrigno di biodiversità con lo stambecco, ormai scampato all’estinzione, come simbolo inconfondibile. Il Gran Paradiso, istituito il 3 dicembre 1922, taglia il traguardo del secolo. Occasione non solo per posare la bandiera del centenario sulla vetta, a 4.061 metri di quota, ma anche per cogliere i cambiamenti in atto dentro e fuori l’oasi, vasta 70 mila ettari tra Valle d’Aosta e Piemonte. La mancanza d’acqua, infatti, ha portato alla chiusura anticipata del rifugio Gonella, a 3.871 metri, nel versante italiano del monte Bianco come pure del rifugio del Col du Palet, a 2600 metri, nel parco nazionale della Vanoise, prima area protetta della Francia al confine proprio con il Gran Paradiso.

«Preservare la fauna e la flora e le speciali formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio»: questo l’obiettivo del parco del Gran Paradiso messo per iscritto nella legge istitutiva del 3 dicembre 1922, arrivata dopo che nel 1919 il re Vittorio Emanuele III dona allo Stato italiano i 2.100 ettari della riserva di caccia. C’è però una condizione: la creazione di un parco nazionale. In quei territori l’ultima caccia reale si svolge nel 1913. Al tempo c’è l’urgenza di salvare dall’estinzione lo stambecco, problema già emerso nel 1856 quando Vittorio Emanuele II dichiara le montagne del Gran Paradiso riserva reale.

Nel secondo dopoguerra il decollo dell’Ente Parco avvia il percorso per la tutela dell’oasi e dei suoi animali. Reintroduzioni e ripopolamenti in varie aree aiutano a preservare lo stambecco ormai tornato di casa. In tempi più recenti ci sono altri ritorni importanti come il lupo e la prima nidificazione del gipeto. Presenze incoraggianti, una promozione sul campo dell’oasi che nel frattempo colleziona vari riconoscimenti. Nel 2014 il Gran Paradiso è inserito nella Green list, certificazione a livello mondiale legata alla valutazione di efficacia ed equità nella gestione delle aree protette, assegnata dall’Unione mondiale conservazione della natura. È il primo parco nazionale italiano a fregiarsi di questo riconoscimento, riconfermato nel 2017 e nel 2021. Già nel 2006 arriva il diploma europeo delle aree protette, assegnato dal Consiglio d’Europa. Insomma, il Gran Paradiso è un modello indiscutibile.

La marmotta è uno degli animali più facili da incontrare nel parco (foto G. O.)
La marmotta è uno degli animali più facili da incontrare nel parco (foto G. O.)
La marmotta è uno degli animali più facili da incontrare nel parco (foto G. O.)

Salvaguardia degli ecosistemi e gestione nel nome dello sviluppo sostenibile è binomio di successo. Il parco è un richiamo irresistibile: registra la bellezza di un milione 900 mila presenze all’anno. Chi ha la fortuna di camminare lungo gli 850 chilometri di sentieri o di affacciarsi in uno dei centri visitatori può scoprire da vicino la ricchezza dell’oasi, assieme all’incomparabile spettacolo degli animali che la abitano a iniziare dalle marmotte, presenze tanto facili da incontrare ovunque. Dopo aver percorso uno degli itinerari più classici che da Cogne conduce allo storico rifugio Sella a 2.588 metri si può stare a tu per tu con camosci e stambecchi. In alternativa all’escursione, pur senza salire in quota, si può fare un interessante viaggio tra i ghiacciai della zona, concentrato in una mostra allestita fino al 13 novembre al Forte di Bard.

Un camoscio nel parco del Gran Paradiso (foto G. O.)
Un camoscio nel parco del Gran Paradiso (foto G. O.)
Un camoscio nel parco del Gran Paradiso (foto G. O.)

Il massiccio del Gran Paradiso conta oltre 60 ghiacciai, estesi per circa 29 chilometri quadrati, che come dimostra una ricerca condotta dal metereologo Luca Mercalli e dal suo team risentono dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale. Qui le temperature sono aumentate di 1,5 gradi a partire dal 1994. I ghiacciai ne soffrono tanto al punto da perdere volume e arretrare in modo evidente. Il confronto tra le immagini di oggi e di ieri aiuta a cogliere meglio l’entità del fenomeno assieme ai rilievi e al monitoraggio costante. In effetti, fa sapere l’Ente Parco, «la serie storica quasi trentennale di osservazioni evidenzia l’inarrestabile processo di arretramento di tutte le fronti glaciali misurate con una media di -12,8 metri all’anno dal 1993. Nel 2021 la contrazione è stata di 13,1 metri».

Paesaggio del Gran Paradiso (foto G. O.)
Paesaggio del Gran Paradiso (foto G. O.)
Paesaggio del Gran Paradiso (foto G. O.)

Nel parco il punto più critico è rappresentato dal ghiacciaio del Grand Etret che non gode di buona salute. In vent’anni la superficie è dimezzata e ha perso uno spessore medio di 22 metri di ghiaccio. Gli esperti hanno sott’occhio anche il ghiacciaio Ciardoney, monitorato dal 1986 dalla Società meteorologica italiana. I numeri sono preoccupanti: le variazioni frontali registrano una contrazione di 350 metri dal 1986 e di 500 dal 1971. Con il Grand Etret non è l’unico sorvegliato speciale del Gran Paradiso. Sotto stretto controllo ci sono anche il Timorion e il Rutor: in entrambi la massa glaciale si riduce. Gli scienziati li osservano tutti con grande attenzione anche perché le aree lasciate libere dai ghiacciai cambiando volto diventano laboratori pieni di interesse per seguire l’evoluzione dei suoli e della vegetazione come pure la formazione di nuovi laghi, per esempio quello di Grand Croux.

Il Gran Paradiso, pur essendo il primo parco d’Italia, condivide la longevità con un’altra riserva importante come il parco nazionale d’Abruzzo, istituito in modo ufficiale poco dopo con un decreto legge dell’11 gennaio 1923. Ma già il 9 settembre 1922 diventa parco nazionale per iniziativa di un direttorio provvisorio dopo la cerimonia inaugurale del 25 novembre 1921 con la costituzione dell’Ente autonomo parco nazionale d’Abruzzo. Un altro centenario per un parco ribattezzato con legge del 2001 d’Abruzzo, Lazio e Molise dove festeggiare l’orso bruno marsicano, il camoscio e il lupo appenninico.

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