Duecentosessanta euro per battezzare un’ondata di afa, 390 euro per un fenomeno di maltempo. Nato nel 2002 per finanziare l’osservatorio meteorologico e le borse di studio, il progetto Weather Sponsorship della libera Università di Berlino associa ai nomi di persona gli eventi estremi, di alta (sole, bel tempo) e bassa (piogge, turbolenze) pressione, che si presentano durante l’anno.

L’Ateneo tedesco – che battezza gli eventi estremi fin dagli anni Cinquanta, sul modello degli Stati Uniti che iniziarono a nominare gli uragani durante la seconda guerra mondiale – da circa un decennio ha inaugurato una sorta di adozione del meteo, con la possibilità per chi lo desiderasse, di far inserire il proprio nome - o quello di un’altra persona - nella lista che verrà utilizzata dal prestigioso istituto l’anno successivo. Padrini e madrine del tempo a un prezzo fisso. Il giornalista tedesco Ioannis Skouras, per dire, aveva pensato di fare un regalo originale alla sorella, manager di un’importante azienda di materassi, e così fece iscrivere il nome nell’elenco stilato dall’Università di Berlino. Per sfortuna sua e della signora, il nome di lei, Vaia, finì associato a quella terribile tempesta mediterranea che a fine ottobre 2018 devastò il Nord Italia, con enormi danni soprattutto in Veneto e Trentino dove il vento ha distrutto ben 43mila ettari di bosco. I fratelli Skouras sono stati sfortunati, ma va detto che a oggi sono state accolte come sponsor meteorologici più di duemila persone provenienti da 15 Paesi europei, nonché da Brasile, Giappone, Stati Uniti e Sudafrica.

Ce lo siamo chiesti tutti: come nasce l’anagrafe di cicloni e anticicloni? Chi dà il nome agli eventi atmosferici di caldo torrido e ai nubifragi devastanti? Con gli effetti oramai evidenti del cambiamento climatico, l’anagrafe del meteo finisce per essere continuamente aggiornata. E se fino agli anni Settanta le perturbazione di particolare intensità erano meno frequenti, oggi la lista dei nomi a disposizione dell’Eumetnet (L’European Meteorological Network che raggruppa trentuno servizi meteo europei, compresa l’Italia) scorre molto velocemente.

Un’onomastica, che vale solo per le tempeste, istituita nel 2013 dentro il progetto di “Storm naming”, per denominare in maniera ufficiale e univoca – si è deciso di iniziare una nuova lista di nomi all’inizio dell’autunno meteorologico, appunto il 1° settembre di ogni anno – gli eventi più intensi, eliminando i rischi di confusione e garantendo così una migliore informazione ai cittadini.
L’Italia è entrata in questo gruppo nell’ottobre del 2021 quando il servizio meteorologico dell’Aeronautica militare battezzò con il nome di Apollo la tempesta simil-tropicale che si abbatté sulla Sicilia, e lo fa in coordinamento coi servizi meteorologici del ”Gruppo Mediterraneo centrale”: Slovenia, Croazia, Macedonia del Nord, Montenegro e Malta.

Il primo settembre di ogni anno (data di inizio dell’autunno meteorologico), l’Eumetnet stila una nuova lista di nomi, un registro da cui attingere quando si annuncia l’arrivo di un ciclone o comunque di un evento atmosferico intenso. A battezzare l’evento, e quindi a scegliere il nome, è il servizio meteorologico nazionale del Paese dove questo ha origine, un nome che viene adottato anche da tutti gli altri Paesi dove l’evento finisce per spostarsi (per questo si preannuncia anche la data di impatto). Per esempio, la tempesta Vaia del 2018, provenendo dalle Isole Baleari, prima di arrivare sull’Italia, colpì la Corsica e per questo motivo fu Météo-France a nominarla per prima con il nome Adrian, che tuttavia in Italia non è stato adottato, intanto perché il nostro Paese non faceva ancora parte del progetto europeo, e poi perché Vaia era il nome attribuito dall’Università di Berlino, quindi comunque un nome ufficiale.

Nonostante la regola condivisa della nomenclatura ufficiale degli eventi di alta e bassa pressione, i nomi dell’anticiclone - soprattutto quando questo porta caldo estremo - finiscono per essere scelti dai siti web del meteo e poi adottati dai media. Così il caldo viene annunciato sempre come un evento proveniente dall’inferno: nel 2012 abbiamo avuto Caronte, nel 2017 Lucifero (più volte riproposto) e adesso Pluto. A proposito di Pluto, va detto che nei giorni scorsi l’Istituto meteo dell’Università di Berlino ha avvisato che il gran caldo di questi giorni non è portato dall’anticiclone africano, bensì dall’anticiclone delle Azzorre. Arriva dunque dall’oceano atlantico e non dall’Africa. E giusto perché si sappia, non si chiama Pluto bensì Anita.

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