Quando gli intellettuali italiani snobbavanno i Beatles
I Fab Four a Milano, la Rai non mandò nessuno a seguire l’evento: «Durano poco», si dicevaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La Rai non mandò nessuno a seguire l’evento (“questi tra sei mesi sono finiti”, pensarono i dirigenti della tv di Stato). Gino Paoli, all’epoca una star, disse che erano solo un fenomeno pubblicitario, che erano stati lanciati come si fa con una saponetta” e Pier Paolo Pasolini sostenne di non sapersi spiegare il successo di quei quattro ragazzi completamente privi di fascino che suonano una musica bellina, ma niente di più”.
Benvenuti nella Milano, non ancora da bere, del 23 giugno del 1965, quando i Beatles nel pieno del loro successo – avevano già venduto 118 milioni di dischi e girato un film di successo, A hard days night” – approdano in Italia per il primo e unico tour. A organizzare i concerti è Leo Wachter, promoter e talent scout di numerose band negli anni '60, a cui si devono le tournée italiane di molti artisti, e successivamente, nel ’77, fondatore del teatro Ciak.
Nonostante nessun loro brano sia ancora in classifica (dominata, in quei giorni, da “Il silenzio” di Nini Rosso, “Il mondo” di Jimmy Fontana e “Un anno d’amore” di Mina) l’attesa dei giovanissimo è spasmodica.
John Lennon, Paul Mc Cartney, George Harrison e Ringo Starr sbarcano in treno, provenienti da Lione, dove hanno suonato la sera prima, accompagnati, tra gli altri, dal manager Brian Epstein e da Wendy Hanson, che ricopriva il doppio ruolo di segretaria e di interprete per il gruppo. Alla stazione centrale, poco prima di mezzanotte, li aspettano duemila persone, scatenate e urlanti. Salgono su un’Alfa Romeo Spider e si dirigono verso la zona del Duomo, dove hanno l’albergo.
Hanno poche ore per dormire perché la mattina dopo è prevista la conferenza stampa e uno shooting fotografico e la sera due concerti al velodromo Vigorelli, uno nel pomeriggio alle 16 e uno alle 21,15. Il prezzo del biglietto era di mille lire (lo stipendio medio di un operaio era di circa 85mila lire) e comprendeva anche gli spettacoli di Fausto Leali e i Novelty e Peppino di Capri e i Rockeri, incaricati di aprire l’esibizione dei Fab Four. Lo spettacolo pomeridiano non andò bene – solo 7mila i paganti a fronte di una disponibilità di 18mila posti - forse perché era un giovedì e a Milano la gente lavorava. Il fatto che nel set serale gli spalti fossero gremiti dimostra che la ragione era quella.
Chi c’è è entusiasta dell’esibizione, anche se a dire il vero la durata, 35 minuti, suscita aspre critiche da parte di molti. I neo baronetti aprono il set con Twist and Shout, poi suonano nell’ordine She's a Woman, I'm a Loser, Can't Buy Me Love, Baby's in Black, I Wanna Be Your Man, A Hard Day's Night, Everybody's Trying to Be My Baby (cover di Carl Perkins), Rock and Roll Music (brano di Chuck Berry), I Feel Fine, Ticket to Ride e la cover di Little Richard Long Tall Sally. Nove pezzi loro e tre cover, pochino.
La maggior parte dei media italiani, come la Rai, minimizza l’importanza di quei concerti (ce ne furono altri due a Genova e Roma). Sappiamo, poi, com’è andata la storia. Sessant’anni dopo quell’evento si celebra ancora con una mostra delle foto, scattate quel giorno da Sergio Cossu e Eugenio Pavone per Publifoto, allestita al Chiostro Ottagono delle Gallerie d’Italia di Milano inaugurata proprio il 24 giugno e visitabile sino al 7 settembre.