A volte basta un teatro per cambiare la visibilità di una periferia. Fino ad alcuni anni fa Sant'Avendrace, a Cagliari, era una delle zone della periferia in cerca di identità. Oggi è anche “quella del teatro”: quella dove Saverio Raimondo è venuto, nel 2016, a presentare in anteprima il suo spettacolo di stand-up, quella dove la cultura è stata un fattore di crescita e inclusione che ha fatto la differenza. Da sette anni il teatro Gli Intrepidi Monelli, al civico 100 di viale Sant’Avendrace, nato da un’idea di quel visionario di Sergio Piano, è un laboratorio sociale ricco di opportunità grazie ad azioni e interventi di largo respiro che hanno coinvolto (e continuano a farlo), oltre agli abitanti del quartiere, realtà teatrali cittadine e attori e compagnie di fama internazionale.

Intrepidi Monelli: un nome che quasi evoca uno spazio fantastico, dove tutto è possibile. E in un certo senso è proprio così. Perché è un luogo dove tanti “sogni” si sono realizzati e si stanno realizzando a cominciare da quello di cambiare un po’ l'idea di teatro per trasformarlo con un intenso lavoro di relazione sociale, oltre che artistica, con il territorio. L'idea è nata da un sogno, “aprire un teatro nel quartiere in cui sono nato e cresciuto”, dice Sergio Piano, oggi 66 anni, fondatore con Massimo Micchittu dello storico Alkestis. Dal 2009, da quando cioè Piano ha fondato la compagnia Gli intrepidi Monelli, quel sogno si è trasformato in un progetto e nel 2015 è diventato straordinaria realtà. “Una realtà che ancora oggi sopravvive dopo due anni massacranti per colpa della pandemia”, dice Piano. “Con fatica, ma anche con tanto coraggio e moltissima speranza, resistiamo e andiamo avanti”. Il cuore pulsante è una sala da 99 posti che è stata ricavata all'interno di un grande spazio che ospitava una profumeria. “Siamo sempre un centro multidisciplinare”, precisa Sergio Piano. Non solo teatro, quindi, con rassegne e laboratori per adulti e bambini, ma anche musica, danza, cinema.

Se Cagliari oggi conosce e apprezza la “stand up” il merito è proprio degli Intrepidi Monelli. Oggi è un fenomeno culturale diffuso, ma sette anni fa quel corpo a corpo col pubblico, con il comico che da solo in scena si racconta, provoca, coinvolge gli spettatori bersagliandoli con battute a raffica, era quasi una scommessa. In America la stand-up comedy (letteralmente “cabaret in piedi”) è popolarissima da tantissimi anni, per gli aspiranti attori è la prova del fuoco. Adesso il fenomeno ha preso piede anche in Italia, si espande, con attori-autori mescolano ironia e nevrosi.

Teatro sociale, di periferia, di qualità. Questo è Gli Intrepidi Monelli. Una missione “ancora in atto”, dice ancora Piano. Quando parla, a volte, sembra quasi un rivoluzionario. “Abbiamo l’entusiasmo dei primi giorni”. Ha inventato Arennera, un format che in 53 edizioni e cinque anni (sarebbero stati sette senza il Covid) ha permesso a oltre settecento artisti di esibire la propria arte. Ha firmato produzioni teatrali (La Gabbianella e il gatto, per esempio): una bella soddisfazione per uno spazio strano, a volte quasi istituzionale nel linguaggio, ma sempre informale nell’atteggiamento. Intanto è sempre aperto tutti i giorni, tanto che c’è gente del quartiere che si dà appuntamento qui, entra per fare due chiacchiere. E poi, l’offerta, sta facendo crescere la domanda. “La pandemia ci ha tarpato le ali quando stavamo spiccando il volo, però ci siamo ancora”, dice Sergio Piano. “Il quartiere è contentissimo, all’inizio cerano molti negozi con le serrande abbassate, adeso circola la gente, e non solo quelle che abitano nel quartiere”.

Il problema del teatro è formare un pubblico ma a Sant’Avendrace, grazie agli Intrepidi Monelli, ci stanno riuscendo. Ha ragione Sergio Piano quando dice che le persone del quartiere (ma non solo) hanno apprezzato il progetto e dopo la pandemia stanno tornando in sala, che è di nuovo piena. Forse perché qui, nella periferia a est di Cagliari, il teatro è ancora opportunità ed entusiasmo.

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