Gianni Melis, per noi ragazzi degli anni Ottanta: Gianni Galletta. Ma solo per noi, perché chi si azzardava a chiamarlo con su nomingiu di famiglia, e non era del cerchio ristretto, prendeva botte.
E botte furono la prima volta che ci incontrammo, credo quindicenne, quando dall'uscita del cinema osammo rispondere a Gianni e agli Allegroni della cricca dell'Asiletto. Altro che Warriors.
Ci domandarono «Com'è il film?».
Rispondemmo. «Bello».
Riposta sbagliata. "Toro scatenato" con Robert De Niro non poteva essere bello, doveva essere bellissimo. E giù botte da orbi. Uno di noi si nascose sotto un'auto. Gianni spostò l'auto con la forza delle sue braccia.
Ci pestarono a sangue e diventammo amici per la pelle. Era un rito d'iniziazione.
Gianni amava il punk, la new wave, andava a ballare inforcando un paio di occhialini da saldatore, come Rank Xerox di Frigidaire.
Pochi anni dopo partì per Parigi. Tornò più tardi dell'appuntamento che ci eravamo dati, forse a Londra, forse a Cagliari, forse a Brighton. Chissà. Erano tempi in cui eravamo nomadi. Sostenne di aver tardato complice una settimana di fuoco e d'amore (lui usò altri termini) con Grace Jones. Non era una cosa strana: io e Massimo Saba (più Massimo che io) uscivamo (tappa il mercoledì al Wag Club) con Sade e cricca, al Rose Bombon a Parigi passai una serata intera con Ian McCulloch. Quindi gli chiesi dove l'avesse incontrata. Mi disse: "In treno". Per tutta la vita un po' gli ho creduto, un po' no.
Gianni da giovane piaceva, un tipo latino da Bronx. Si è perso e si era ritrovato con forza e coraggio, come molti di noi.
Faceva ridere, molto. Fece ridere un gruppo di ambulanti indiani durante una delle ultime feste dei cucurus cotu a Stampace. Gianni era alla distribuzione (gratuita) delle fette d'anguria. «Una a testa!» urlava. Ma gli indiani si rimettevano in fila e se ne stavo approfittando, sinché Gianni non iniziò a cantare: «Ses benniu fin de s'india po ti pappai sa sindria!». Tensione. Ora finisce male, pensai. E invece... finirono tutti insieme abbracciati a urlare a squarciagola «Ses benniu fin de s'india po ti pappai sa sindria!!!»
Era un vero stampacino. La radice della cagliaritanità. Gianni era Sant'Efisio, perché Tore, suo padre fu pilastro dell'Arciconfraternita del Gonfalone. Nel 2018 è stato Terzo Guardiano, mi spillò sulla giacca la calla bianca, simbolo dei suoi compari. Ci siamo guardati, due ex nomadi sotto il segno della Croce.
Galletta è stato coprotagonista in due miei romanzi e protagonista di un racconto.
Moltissimi di voi, che qui mi seguite, non lo hanno mai conosciuto. Era un mio amico e abbiamo percorso molte strade insieme. Si è spento la scorsa sera.

© Riproduzione riservata