Con quel nome da romanzo di Garcia Marquez, Habakkuk Baldonado non poteva essere uno qualunque. E infatti è andato a un passo dalla storia (sportiva): stava per diventare il primo italiano a comparire tra i 260 giocatori scelti annualmente dalle squadre della Nfl, il ricchissimo campionato del football americano. Alla fine, nella notte del “draft” di Kansas City, il suo nome non è spuntato fuori: ma il sogno di una vita da campione va avanti, dato che subito dopo Baldonado ha firmato un contratto con i New York Giants.

Nelle cronache sportive nostrane questa vicenda ha avuto un risalto modesto, dovuto alla scarsa popolarità del football. Ma, fatte le debite proporzioni, per l’eccezionalità dell’impresa è qualcosa di paragonabile alla finale persa dal tennista Matteo Berrettini a Wimbledon nel 2021. Un orgoglio nazionale, perché – a dispetto del nome esotico – Habakkuk è italianissimo. È nato a Roma 23 anni fa da mamma Paola Franceschelli, funzionaria della Fao, e dal padre Edgar, che arrivava dai Caraibi ed è morto in un incidente stradale nel 2013. È cresciuto a Torrevecchia, periferia ovest della capitale, vicino alle colonne d’Ercole del raccordo anulare.

A 17 anni negli States

Oltre al cognome latinoamericano e a un nome di battesimo ispirato a un profeta biblico, il padre gli ha lasciato la pelle nera e un fisico esplosivo, quasi due metri per oltre 115 chili di peso. Tutto il resto gliel’ha dato Roma: l’accento, inconfondibile, il carattere gioviale, la cultura (è un appassionato di filosofia), l’apertura al mondo. Di suo lui ha aggiunto il coraggio di andare a vivere a 17 anni a più di settemila chilometri da casa, negli Stati Uniti, per coltivare il suo talento nel football emerso con prepotenza quando giocava all’Eur con i Lazio Marines.

Dall’altra parte dell’Atlantico non è stata sempre una passeggiata, anche perché in questi anni ha dovuto affrontare alcuni infortuni piuttosto seri. Ancora nel settembre del 2021 Baldonado confessava a Triblive.com, un sito di notizie sulla Pennsylvania, di provare un po’ di nostalgia di casa. Ma non si è mai abbattuto e ha continuato a impegnarsi a fondo.

La sua avventura negli Usa è partita dalla Florida, dov’è sbarcato per fare l’ultimo anno delle superiori alla Clearwater Academy International: una buona scuola privata che ha anche un’ottima tradizione nella palla ovale. Giocando nella squadra locale, Baldonado si è guadagnato l’attenzione e le offerte di vari college che partecipano ad alto livello al campionato universitario della Ncaa. Poteva scegliere tra le borse di studio dell’Università del Michigan e delle californiane Berkeley e Ucla, ma alla fine ha accettato la proposta dell’ateneo pubblico di Pittsburgh, città della Pennsylvania che ospita tra l’altro gli Steelers, la squadra più vincente della storia della Nfl insieme ai New England Patriots (sei Super Bowl per ciascuna). Anche il team universitario, i Panthers, è di alto livello, e con loro Habakkuk si è messo in evidenza come defensive end: in pratica fa parte della prima linea difensiva, formata da giocatori molto grossi ma anche scattanti perché devono tentare di “bucare” la linea d’attacco per scagliarsi sul quarterback. Nonostante le pause per i problemi fisici, il giovane romano ha avuto una crescita costante, tanto da essere preso appunto in considerazione per il “draft” Nfl, la giornata in cui le 32 società della League, a turno, scelgono i giovani migliori del campionato universitario.

Dalla delusione alla felicità

Nel prospetto che il sito ufficiale della National Football League dedica a ciascun giocatore disponibile per la chiamata, Baldonado occupava una discreta posizione tra i colleghi di ruolo. A ogni punteggio complessivo corrisponde una sorta di pronostico sulla collocazione che il singolo atleta potrà occupare nella Nfl: lui viene considerato potenzialmente come una buona riserva o un componente degli special team, quelli iper specializzati che entrano in campo in circostanze particolari (come i punt e i field goal).

La sua scheda dettagliata, formulata da alcuni esperti, elenca tra i punti di forza lo scatto esplosivo quando viene messa in gioco la palla, e la capacità di sfuggire agli avversari “con un gioco di piedi stile basket”. Come lati deboli, invece, una velocità di punta “leggermente al di sotto della media”, e una certa lentezza nella transizione tra i diversi tipi di difesa.

L'annuncio dell'accordo tra Baldonado e i Giants sul sito American Football International
L'annuncio dell'accordo tra Baldonado e i Giants sul sito American Football International
L'annuncio dell'accordo tra Baldonado e i Giants sul sito American Football International

Gli osservatori pronosticavano che Habakkuk sarebbe stato chiamato al sesto giro di scelte o al settimo (e ultimo), invece alla fine è rimasto fuori, penalizzato probabilmente dalla storia dei suoi infortuni. Ma la delusione è durata poco, perché subito dopo la fine del draft è arrivata la proposta dei New York Giants: sarà il primo gigante italiano tra i “Giganti” della Grande Mela, una franchigia storica, nobile decaduta che sta cercando di riportarsi ai livelli di un tempo. Il fatto di aver firmato con i Giants non vuol dire ancora che vedremo Baldonado in campo nel prossimo campionato, perché dovrà sudarsi il posto nella formazione vera e propria nel faticosissimo periodo di preparazione che precede l’inizio della stagione regolare. Ma anche solo entrare nella practice squad, cioè il gruppo che mette alla prova la prima squadra negli allenamenti, è un traguardo rilevante. Intanto garantisce un compenso annuo di almeno 165mila dollari; e poi si può sempre essere chiamati a prendere il posto di un collega del roster nei frequenti casi di infortunio.

Nessun italiano è mai stato scelto nel draft Nfl, e Habakkuk Baldonado ha quindi perso per sempre l’occasione di diventare il primo in assoluto. Entra però nel club molto ristretto dei connazionali che hanno avuto un contratto nell’olimpo del football americano. Prima di lui ce l’hanno fatta solo in dodici: ma a parte i nomi dell’età pionieristica, nell’era moderna (dal 1967, anno del primo Super Bowl) Baldonado è appena il quinto. Negli ultimi due anni, l’altoatesino Max Pircher ha fatto parte dei Los Angeles Rams, che tra l’altro nel 2021 hanno anche vinto il titolo: Pircher però faceva parte della practice squad, per cui non è mai sceso in campo nella Nfl. Ha invece vissuto qualche stagione da protagonista, nel decennio scorso, il milanese Giorgio Tavecchio, di professione kicker (quello che trasforma i calci piazzati, spesso decisivi per vincere una partita). Le sue annate migliori le ha trascorse con gli Oakland Raiders, ed è anche l’unico italiano ad aver segnato nella Nfl dopo il sassarese Massimo Manca, che nel 1987 – approfittando dello sciopero dei giocatori della League – giocò tre gare nei Cincinnati Bengals e mise a segno un field goal. Ora alla porta della Nfl bussa anche Habakkuk Baldonado: non sarà facile, ma col suo talento e la determinazione mostrata fin qui, l’approdo alla cerchia più esclusiva del football professionistico non è un’impresa impossibile.

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