Erbe aromatiche e officinali, produttori sardi alla ricerca di un marchio
Cresce l’interesse dei consumatori ma nell’Isola le aree coltivate sono limitate e le aziende frammentatePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’interesse crescente per piante aromatiche e officinali fanno riscoprire tisane, marmellate, bevande, liquori e prodotti cosmetici di derivazione naturale. I consumatori li apprezzano sempre di più anche se in Sardegna le coltivazioni, almeno in questa fase, rappresentano ancora un mondo in miniatura. Le superfici sono limitate, le aziende frammentate, gli imprenditori troppo pochi per conquistare in maniera solida un mercato che appare comunque promettente.
Nell’Isola i numeri sono modesti soprattutto in rapporto a quelli nazionali. Primeggiano le colture di mirto ed elicriso. Tutto il resto è confinato in pochi ettari.
Secondo l’ultimo report elaborato dall’agenzia regionale Laore, legato alle sole produzioni biologiche, in Sardegna sono circa 75 gli ettari coltivati con piante aromatiche e officinali. Dato microscopico, circa lo 0,33 per cento delle colture biologiche dell’intera agricoltura isolana, che però potrebbe aumentare se si tiene conto della galassia produttiva in regime convenzionale.
I dati di Laore mostrano un settore ancora atomizzato e concentrato su due colture: il mirto, con circa 23 ettari, e l’elicriso con poco più di 20. A superare i due ettari di estensione aziendale sono solo la lavanda (6,4 ettari), lo zafferano (5,36), il peperoncino (2,93), il finocchietto (2,8) e il coriandolo (2,28 ettari). Territorio leader di queste produzioni è Turri con ben 24,37 ettari. Seguono Luogosanto con 8,24 ettari e Trinità d’Agultu e Vignola con 6,77 ettari. Primo comune del sud Sardegna è Teulada con 4,23 ettari. I piccoli numeri e la frammentazione produttiva sono i punti di debolezza di un comparto che stenta a costruire una filiera.
A livello europeo emerge un’altra immagine. Dai dati raccolti in alcuni tavoli di lavoro organizzati dalla Federazione italiana produttori piante officinali (Fippo) tenuti nell’ultima rassegna Macfrut nel maggio scorso a Rimini, viene fuori che si produce il 50 per cento delle erbe medicinali del pianeta ovvero circa 350 mila tonnellate di materiale secco. Il mercato globale registra una crescita annua intorno all’11 per cento. Secondo la Fippo, l’Italia si attesterebbe su una produzione di circa 4 mila tonnellate in 7300 ettari, che rappresenta appena il 20 per cento del fabbisogno interno lasciando perciò immaginare quanto siano ampi i potenziali margini di crescita per le imprese nazionali.
Sullo scenario europeo sono numerosi i modelli di sviluppo che con le aromatiche e officinali hanno creato la propria fortuna, conquistando non più gli scaffali delle storiche erboristerie ma anche quelli della grande distribuzione. In cima alla lista c’è la Francia che con le produzioni di lavanda nelle regioni della Savoia e della Provenza e di elicriso in Corsica è diventata un faro in termini di organizzazione di filiera. Si fanno strada anche nuove realtà molto dinamiche come Ungheria, Bulgaria, Bosnia e altri Paesi dell’Est.
Nei mesi scorsi Confagricoltura Sardegna, guidata da Paolo Mele, alla luce delle potenzialità inespresse, ha avviato un tour tra gli operatori per raccogliere consigli e testimonianze. Obiettivo mettere in piedi una filiera definendo «un quadro da cui ripartire con progetti e proposte tra operatori e istituzioni». Esigenza posta dagli imprenditori del settore che chiedono più attenzione per poter crescere e soprattutto un marchio.
«È necessario fare sistema tra le aziende, incontrarci per condividere esperienze e buone pratiche. Senza una filiera e quindi un marchio che identifichi le produzioni officinali e aromatiche della Sardegna non ci possiamo aspettare che si sviluppi un comparto. Senza una identificazione e quindi una rete che caratterizzi questo mondo non si può dar vita a una crescita che deve partire dal territorio e dalla valorizzazione dei luoghi da cui arrivano le produzioni», sottolinea Patrizia Daniele, lombarda d’origine, sarda d’adozione, pioniera del settore. Lei, che è rappresentante regionale della Fippo, dal 1987 a Luogosanto, in un’area di venti ettari, coltiva e valorizza l’elicriso. È erborista e imprenditrice agricola. Cita l’esempio della Corsica per la creazione dell’Igp dell’elicriso. Un modello a cui ispirarsi anche in Sardegna. Ma non solo. Dice: «Un esempio per tutti è quello che si è costruito in questi ultimi anni con la nascita del Consorzio di tutela del Vermentino di Gallura Docg: un passo avanti che ha dato a questo prodotto una sua dignità e un suo spazio, differenziandolo dagli altri vermentini. Lo stesso hanno fatto in Corsica con la creazione dell’Igp dell’elicriso, che lo ha identificato e brandizzato rispetto al ricco mercato internazionale. Dobbiamo caratterizzare le nostre produzioni, studiarle e definirne la tipologia, così da poterne valorizzare la tipicità e darci un’identità tutta nostra».